Un poeta in uniforme

Un poeta in uniforme LA FRANCIA SOTTO L'OCCUPAZIONE TEDESCA Un poeta in uniforme Il diario di Junger - Parigi mondana e letteraria - Un inverno di festini - Le galanterie di Sacha Guitry e un dono di Cocteau - "Non sterminate abbastanza,, consigliava Celine - Il crollo di alibi illustri (Nostro servizio speciale) Parigi, 5 settembre. « Ti rendi conto, Bertrand, di come abbiamo reso semplice la geografia? » tramandano che dicesse Napoleone al più fido dei suoi marescialli. Bertrand e l'imperatore passavano a c'avallo sotto l'arco del Carrousel, eretto all'indomani di Austerlitz: l'iscrizione del frontone, superba come per un trionfo antico, parlava di « Alternar gne brisée », d'Austria sgominata, d'Italia redenta. La potenza francese aveva raggiunto il suo culmine: l'Europa era una. Si tratta forse di un aneddoto spurio (l'epopea del còrso ne è ricca non meno dei vangeli) ma senza dubbio illuminante: centocinquant'anni dopo — è incredibile come durino i miti — non si può non rievocare la orgogliosa « geografia » di Napoleone se ci si ferma presso il suo Arco, nel verde dei giardini reali, sul nero sfondo del Louvre. La sem¬ [IIII1IIIIIIIII1II1IIIIII1II1IMIII1 llllllllllllllllll plificazione dèi confini o dei « blocchi » è tornata di moda. C'è ancora la Gran Bretagna (che Napoleone preferiva ignorare, quando « posava » a eroe di Plutarco), c'è la Russia con i suoi satelliti, ci sono gli Stati Uniti con i loro alleati, c'è un Mediterraneo inquieto che s'incentra intorno all'Italia, ed un'Europa, ammesso che vogliano considerarla nella sua vecchia accezione continentale, una così piccola Europa. Francia e Germania, mezza Germania, formano questa Europa; Parigi, ahimè quanto meno pulsante ne resta il cuore. Abisso di rancore « ilfo l'Europa, ha notato sul suo giornale di Monaco un corrispondente tedesco, la si comprende qui a Parigi solo per assimilazione o intuizione. Colpisce che nessuno, in nessuno strato sociale, pronunci mai la parola Germania: i francesi parlano di pace, di guerra, di peccati, di lllllllllllllllllllllllllllMlllllllHllllIllllllMIIilllllI amore, di sport, di tutto meno che dei loro vicini d'oltre Reno ». E' difficile, per un tedesco, comprendere in quale modo la sua patria, che oggi è il complemento e il « rovescio » della Francia, possa essere anche, per i francesi, <the other side of the moon», l'altra faccia della luna. Col suo € Diario dell'occupazione », che l'editore Julliard annnuncia per i prossimi giorni, Ernst Junger tenta di risalire l'abisso di rancore, un rancore sfumato d'indifferenza, che divide' i francesi dal suo popolo. Junger, noto anche in Italia per € L'operaio », « Giardini e strade », « Le scogliere di marmo », è certamente uno dei più validi narratori tedeschi. La sua capacità di attingere la poesia, con un repentino colpo d'ala, mescolandosi d'una sconsolata visione della vita qual è, sorda e oscura, la sua levità d'arte, lo collocano tra i capi fila della generazione presente. E' un cultore del classicismo, della civiltà francese, del ri- illillllllllllllllII I I1IIIIIIIIIMIIII1I1IIIII nascimento italiano, dell'Europa immortale. Di lui si affermava che, pur senza spingersi ad una rottura completa col regime nazista, ne detestava gli eccessi disapprovandone le avventure sanguinose: nessuno si meravigliò quando lo si seppe implicato nella congiura contro Hitler, verso la fine della guerra. Lo si conosceva, lo si conosce soprattutto come amico della, Francia, e in ciò non è certamente unico nel quadro della « intellighenzia » germanica: proprio in questi giorni Jean Schlumberger, Friedrich Sieburg, e il grande pittore Baumeister hanno dichiarato, rispondendo al referendum di un settimanale parigino, che nulla sembra loro importante, oggi come oggi, quanto un riauuicinamento franco-tedesco. In modo più misurato e manifestandosi ligi alla proposizione conformista degli Stati Uniti d'Europa, Gabriel Marcel, Jules Romain, Robert D'Harcourt hanno finito per esprimere, dall'altra parte della barricata, lo stesso parere. Ma la posizione di Ernst Junger resta una posizione a sè, ben più calda, con una sua ventata messianica. Con la Legione straniera Junger quando non aveva che vent'anni versò il proprio sangue per la Francia battendosi con la Legione straniera, nel deserto del Riff: < Una grandezza leggendaria sovrastava le nostre miserie; il tricolore sul fortino era veramente il tricolore di Valmy», scrisse, a rievocazione di quell'esperienza. Molti anni più tardi, poiché la sorte ha capricci bizzarri^ vide Parigi, la Parigi dei suoi sogni, in veste di oppressore, come ufficiale della Wehrmacht. Era l'estate del '40; la potenza del Terzo Reich pareva senza declino. Riesca o non riesca Junger a conseguire il suo scopo di « fraternizzazione > (e i francesi saranno comunque lusingati dal fatto che l'edizione parigino del « Diario » preceda quella tedesca), il volume annunciato dal Julliard promette di fare epoca, non fosse che come avvenimento letterario, o anche < sociale ». Più di un alibi illustre (questo paese in cui coltaborazionismo e pétainismo suscitano ancora polemiche retrospettive) rischierà di crollare. Si pensi a Celine, riapparso in pubblico il mese scorso, sostenitore patetico della propria < innocenza >; si mediti su come lo delinea Junger: < Celine ha lo sguar- do di un maniaco, un bieco sguardo introverso. Dice di essere stupefatto, costernato perchè noi tedeschi non fuciliamo, non impicchiamo, non sterminiamo abbastanza. "Se al vostro posto ci fossero i bolscevichi vedreste come si fa l'epurazione, quartiere per quartiere, casa per casa. Ah* perchè non ho una baionettat " ». Come ano schiaffo Sacha Guitry, il brillantissimo Sacha, troneggiava nei ricevimenti di De Brinon, ambasciatore di Vichy presso il Reichsprotelctor di Parigi. Jean Cocteau fece dono a Junger di un autografo di Proust. La vita della Parigi letteraria e mondana, che era lecito immaginarsi disseccata, in quegli anni di ferro sbocciava con un vigore incontenibile, tra le preziose toilettes delle signore e le giubbe verdi degli occupanti. L'inverno del '41 passò con una ininterrotto serie di festini; l'oprile del '\i recò a Parigi, come un dono, la dolcezza di una primavera mediterranea. Drieu La Rochelle si estasiava dinanzi ai tenerissimi platani dei Campi Elisi, alle ragazze in bicicletta che pedalavano contro vento, < con le lunghe gambe ignude ». Nell'animo di Junger, ufficiale dell'esercito di occupazione, crescevano l'amarezza e l'angoscia: < Oggi, nota un giorno del '42, qualcosa mi ha colpito come uno schiaffo: tre giovinette a capo chino per la tue Royal, con sulla manica la stella gialla imposta dal nostro comando ». Venuto a Parigi da esteta, Junger vi trova il tormento, la lotta tra la coscienza e il dovere, l'avvìo d'un dramma che lo condurrà alla rivolta. < Una commessa di libreria, osserva sempre nel 'ìfi, mi ha guardato in un modo indimenticabile: era evidente che considerava me stesso e la mia uniforme con un odio prodigioso. I suoi occhi chiari, dalla pupilla contratta fino a sembrare un puntino, s'immergevano nei miei con una specie di voluttà, forse la voluttà che prova lo scorpione quando artiglia col suo dardo la preda. Ho avuto l'impressione che da lunghissimo tempo un miracolo simile non si verificasse sulla terra: e che deriverà da tali miracoli se non la dirstruzione e la morte t ». Non si può che dargli ragione, augurarsi che il successo del suo € Diario > vada oltre il plebiscito degli < hommes de lettres >, per ('.Europa. Carlo Laurenzi I [ ili IMM M i ri 111 Il 11 111 MI n II 111111 II l ri 11 1 It IM > L'Aga Khan, riconoscibile benché mascherato, al ricevimento di don Carlos de Bestenguy a Palazzo Labia sul Canal Grande. Il miliardario re del manzo in scatola ha convocato per una notte fiabesca I suoi seicento amici. Alle dnnze è seguito un banchetto servito in vasellame d'oro e d'argento nello sfolgorio di 7900 lampade