Le reginette di Virgilio Lilli

Le reginette Le reginette Vorrei, nel giro di questo articoletto, manifestare la mia profonda antipatia per le così chiamate reginette di bellezza, non senza prima dichiarare, beninteso, che tale antipatia non si rivolge direttamente alle loro persone sostanzialmente innocenti ed innocue, bensì al genere di gusto deteriore ch'esse incarnano, a chi coltiva un simile gusto deteriore, a chi ne trae partito e, finalmente, a eh- gli concede credito. Avanti tutti, nel costume così mai oggi in voga delle competizioni di prestanza fisica tra fanciulle, la società attuale rivela uno dei suqì più ossessivi «complessi». La divizzazione del corpo femminile al vero, cioè così come la natura ce lo ha offerto palpitante di carne ossa e sangue, al di fuori delle rielaborazioni purificatrici della fantasia o meglio dcledssbfccztsgeccstdhfmdell'arte, è un fenomeno più atti-jUnente ai sensi che allo spirito, all'erotismo, per parlar chiaro, più che alla estetica. La palma alla più bella è indubbiamente una storia vecchia quanto è vecchio l'uomo, ma di ben altra misura di quella che oggi ci regala a ogni pie sospinto le Miss America, le Miss Italia, le Miss Norvegia e insomma quella infinita serie di Miss cui si attribuiscono rmMqspngvttutti i possibili nomi elencati dal'ddizionario: Miss Automobile, Miss Cimitero, Miss Sapone e via di seguito. E' evidente che il primo premio, per così dire, ad Elena è un fatto mitico o, diciamo, fiabesco nel quale giocano più fattori di castità che fattori sensuali; ed è altrettanto chiaro che il suo significato simbolico interessa non tanto la bellezza di Elena in sè, quanto il motivo originario di quella tale fiaba e di quel tale mito per i quali la donna è, per certi versi, alla sorgente dei guai dell'uomo. In altre parole « la palma alla più bella » ha una sua ragione e una sua finalità che trascendono la stessa bellezza muliebre, laddove l'elezione della « reginetta » non va oltre il suo naso, oltre la sua bocca, oltre il suo seno, i suoi fianchi eccetera eccetera. Si ferma vale a dire alla materia, e in questo particolare caso a una. materia attiva a suo modo, che è il modo dei sensi. Le care « reginette », dunque, che con monotono compiacimento vediamo fotografate in mutandine succinte e in tacchi alti, spirando dagli occhi sorrisi più o meno melensi, costituiscono per la verità altrettante esteriorizzazioni tangibili di uno squilibrio, diciamo così, del sistema nervoso della società dei nostri giorni; ed è la prima ragione della viva antipatia che esse-mi ispirano. In secondo luogo esse impersonano in forma esemplare quella certa irritante malattia del secolo che consiste nella enorme sproporzione fra la virtù e il successo o, se vogliamo dirlo in termini ancor più chiari, fra il merito e la celebrità. E' abbastanza ovvio; credo, che ai dì nostri sia assai più facile esser celebri che illustri; e che, anzi, nella maggior parte dei casi l'essere illustri sia un titolo per aspirare alla oscurità piuttosto che alla popolarità: un illustre scienziato, un illustre poeta', un illustre filosofo sono senza dubbio assai meno celebri d'un pugilatore, d'un ciclista, di una diva del cinematografo, o addirittura d'un bandito. Ebbene, la « reginetta », questa benedetta figliola, quali meriti operanti, quali attive virtù può allineare come contropartita della sua celebrità? Per tenerci nei limiti della nostra civiltà cosiddetta — forse, a torto — meccanica, ha ella scisso l'atomo? Ha trovato un ennesimo antibiotico? Ha costruito un aeroplano interplanetare? Ha condotto di un passo avanti le ricerche per la terapia del cancro? E per non tenerci nei limiti della nostra civiltà (o forse per starci più addentro), ha ella regalato al mondo un nuovo sistema morale, un nuovo messaggio poetico, un nuovo modulo di santità? Nulla di tutto ciò. La poverina è la irresponsabilità fatta persona. Quelle stesse caviglie e ginocchia, quegli stessi petto e collo, quegli stessi occhi, quegli stessi capelli eccetera eccetera per i quali si sono adunate « commissioni di giudici », per i quali i fotografi hanno consumato decine di metri di pellicola, per i quali i giornali e le riviste di tutto un Paese, se non di tutto il mondo, si sono adornati del suo nome, quella sua stessa Dellezza insomma non è affar suo, non è frutto di una sua particolare autonoma e operante vocazione; essa ne è la gerente senza esserne la responsabile. Queste brave reginette, in terzo luogo, costituiscono un segno chiaro del provincialismo di una intera società, vale a dire di un modo di vita trito, incapace di eleganti invenzioni, ancorato a manifestazioni di piatta convenzionalità; un modo di vita, dico, ridotto al ritmo fatuo ed esteriore del gioco di spiaggia, con tutti i suoi luoghi comuni, con tutte le sue magre lusinghe, con tutte le sue spiritosaggini di facile acquisto; un modo di vita che oscilla gratuitamente tra la parata dei modelli di sartoria e il cosiddetto spettacolo di varietà. Per cui non è a caso che, con la patente di reginette in tasca, queste ignare ragazze finiscano sempre col divenire delle avvenenti marionette nelle mani di quegli esperti burattinai di cinematografo che si chiamano registi; o, nel migliore dei casi, delle chorusgirls, vale a dire pezzi automatici — nonostante la loro costituzione umana — della anonima macchina « balletto »; o delle modelle per copertine di rivista, o più semplicemente dei mannequin!. In quarto luogo le nostre « miss qualchecosa » hanno il demerito di avere largamente viziato il gusto del pubblico; e di avergli imposto, per esempio, un certo tipo di bellezza femminile fatto più di convenzione che di sostanza, legato più alla moda, è ovvio dirlo, che ai canoni della estetica, una bellezza la quale ha una sua i« ( destinazione nei limiti di esigenze contingenti quali, appunto, quelle del cinematografo, del teatro di varietà, della sala delle indossatrici, della copertina della rivista amena o dei cartelloni pubblicitari. Tipo di bellezza che forse, sfrondato delle apparecchiature di prammatica (sopracciglia trattate al rasoio o alle pinzette, unghie laccate, bocche atteggiate a sorrisi stereotipi, muscolature ridotte con massaggi e ginnastiche da institut de bedttté e così via), potrebbe coincidere con la bellezza in se e per sè, ma che, cosi come si presenta nella sua caratteristica atmosfera d'artificio, sfiora sempre i confini della deformazione. Per finire,-tutto sommato, esse hanno abbassato il tono della femminilità, pubblicizzandola, se mi è lecita la brutta parola, come Un prodotto commerciale, conferendole una sua coloritura di merce, d'oggetto di: industria, di Materia prima. Per cui, dico, per qualche padre l'avere una bellissima figliola può costituire il principio di una autentica fortuna, il punto di partenza per un grosso affare, o addirittura la vincita al lotto. Non affermo con questo che tutti i padri del mondo sarebbero disposti a mettere le loro figliole in mostra sul palcoscenico d'un « 11111 ii 11111 ti ii 11111111 m 11111 i 111111 m 111 ■ 11 f i li 11111111 teatrino di stazione climatica o sulle tavole della rotonda d'uno stabilimento balneare, coperte di un esiguo costumino « a due pezzi » e adorne di uh nastro di seta a tracolla. Sono anzi pronto a scommettere che addirittura su cento belle ragazze d'ogni paese difficilmente se ne troverebbero due le quali aspirerebbero al titolo di Miss Capoluogo, Regione, Nazione o altro. Ma ciò non toglie che la moda « reginetta » abbia tolto alla femminilità una luce del suo castigato splendore. Del resto, in tutta questa faccenda, non vorrei apparire malato d'un gratuito puritanesimo. Dico solo che a me, personalmente, — e forse a una buona parte di certa società dei nostri giorni — piacciono più le Regine che le « reginette »; sia pure le Regine del c'era una volta, quelle delle fiabe, per intenderci; sedute sul trono, il corpo ravvolto in cento gonne, a filare la rocca. Regine di regni immateriali le cui province oltre che Bellezza, si chiamavano Discrezione, Castità e addirittura Pudore. Che il mondo di simili Regine sia tramontato per cedere il posto a quello delle « reginette » mi sembra non solo triste, ma noioso; e perfino un poco stupido. Virgilio Lilli

Persone citate: Bellezza, Materia, Miss Automobile, Miss Sapone

Luoghi citati: Italia, Norvegia