La libertà personale
La libertà personale La libertà personale Hobeas corpus: era il termine che caratterizzava le leggi tutelanti, in Inghilterra, la libertà personale contro ogni arresto e detenzione arbitraria e che facevano capo all'atto del 1679 di Carlo II e all'atto del 1771 di Giorgio III. Tali atti, miranti a limitare gli arbitrii del potere esecutivo, attraverso il sindacato dell'autorità giudiziaria, davano diritto a ogni detenuto e ad ognuno che ad esso fosse per interessarsi, di rivolgersi all'Alta Corte di Giustizia per ottenerne l'ordine al detentore di presentare l'arrestato, al fine di statuire sulla legittimità della detenzione. Fu per l'influenza di coteSta vecchia, severa tradizione che si potè sviluppare e mantenere la nota particolarissima sensibilità inglese nei riguardi del rispetto della libertà individuale. Ben minori scrupoli vigevano negli Stati del continente, nei quali, spesso, lo scopo della difesa' preventiva, più politica che sociale, portava a superare i diritti dell'individuo, con gravissi mi attentati alla libertà per sonale. L'art. 235 del Codice di Procedura Penale italiano prevede l'arresto obbligatorio in flagranza per i reati puniti con sanzioni detentive particolarmente gravi, con riduzione di quest'ultimo requisito per i delinquenti abituali, professionali, o per tendenza, per i sottoposti a vigilanza, per gli oziosi e i vagabondi, o privi di residenza fissa, e per i pregiudicati. E l'art. 238 del C. P. P., modificato con R. D. L. 20 gennaio 1944, n. 45, prevede la possibilità di « fermo » anche fuori della flagranza, da parte della polizia o della forza pubblica, delle perso^ ne « gravemente indiziate di un reato per cui sia obbliga torio il mandato di cattura s « o la cui condotta appaia particolarmente pericolosa per l'ordine sociale o la si curezza pubblica ». E' però in detto articolo disposto che, in tali casi, gli ufficiali di polizia giudiziaria possa no trattenere i fermati in camera di sicurezza solo per Il tempo strettamente necessario per il loro interrogatorio e debba tosto essere fatta al Procuratore della Repubblica o al Pretore la comunicazione dell'avvenuto « fermo », spettando all'air torità giudiziaria, che ha ri cevuto la comunicazione, di convalidare per iscritto il fermo stesso che « non po tra mai protrarsi oltre il set timo giorno dalla sua esecu zione ». Quest'ultima norma sta a significare che in niun caso può perdurare lo stato di detenzione attuato per « fermo », se, nei sette giorni, esso non sia reso ortodosso attraverso un ordine di arresto o un mandato di cattura da parte del competente magistrato. Del gravissimo potere di screzionale nella valutazione della pericolosità degli individui era solita ad avvalersi la P. S. del terrmo fascista Era ben noto che, in occasione delle es'hizioni del due in una o nell'altra città d Italia, venivano tolte in anticipo dalla circolazione tutte le persone le cui idee fossero palesemente in con trasto con nuelle della appa rente maggioranza. Veniva in tal modo attua to normalmente ciò chp l'ar ticolo 214 e l'art. 215 de' Testo Unico delle Leggi di P. S. di creazione fascista prevedono per il caso d « stato di pericolo pubblico » d'ehiarato dal Ministero del l'Interno o, per delegazione dal prefetto, per il reale ca so si consente al prefetto la potestà di ordinale l'arresto o la detenzione di oua'sias' persona « qualora ciò riten ga necessario ner ristabilire o ner conservare l'ordine pubblico ». E' ora intervenuto l'arti colo 13 della Costituzione che, per quanto formulato con anparente portata teo rica, ha, per virtù di a'eune sue categoriche affermazio ni, l'effetto di abrogare le tronpo evasive disnosizioni rjelip leggi precedenti. Vi è proclamato il princi pio che la privazione della li berta non può essere attuata « se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria » « nei soli casi e modi previsti dalla legge ». Vi si soggiun ge, bensì, che, « in casi ec cezionali di necessità ed ur genza, indicati tassativa mente dalla le^^e, l'autorità di,P. S. può adottare provve dimenti provvisori », ma si prescrive pure che tali provvedimenti debbono essere comunicati entro 48 ore alla autorità giudiziaria, e che, se questa non li convalidi nelle successive 48 ore, si intendano revocati e restino privi di ogni effetto. Se, pertanto, pprmanp anche ora la possibilità di ar¬ rndtzcggtcdsdlud"qcccmpMtzcszdcdtbgclsglbas"lztntzgpgpfsmics i » a o ' e e o resto prescindente dall'ordine del magistrato, viene la durata della detenzione, tuttavia, rigorosamente condizionata all'adizione e alla decisione ben sollecite del magistrato stesso. E con ciò si è fatto un gran passo in avanti nella tutela della libertà personale che la stessa Costituzione ha dichiarato, con termine ben significativo, « inviolabile ». Resta un certo contenuto di discrezionalità nella valutazione della necessità e della urgenza giustificanti "'arresto. E ben sappiamo quanto pericolo si annidi in cotesta discrezionalità, che contiene un indefinito concetto di elasticità comodamente insinuantesi nelle ampie curve della contingenza. Ma è già molto che siasi introdotta una maggior garanzia giurisdizionale nel sindacato sulla giustificazione e sulla durata della deten zione. E molto c'è poi da atten dersi ulteriormente dall'echi cazione generale politica e dall'aumento della sensibili tà nel rispetto di quella libertà personale che è il miglior dono di cui si possa compiacere l'uomo civile che neli alla conservazione della sua dignità corporale e spirituale. Pure, il magistrato, dal'alto del suo terribile seggio, mentre deve curare che la legge protettiva delle libertà abbia la sua rigorosa attuazione, deve preoccuparsi, anche per quanto riflette " provvedimenti proprii, delle conseguenze della detenzione dei suoi simili e lottare meditatamente e continuamente contro l'incosciente invadenza della deformazione personale, che lo porta gradatamente a. ridurre la propria sensibilità nei riguardi degli imputati. Avendo personalmente provato, nel periodo nazifascista, che cosa s'a la clausura carceraria, ho avuto modo di trarne un salutare insegnamento a profitto dei giudicabili. Dopo più di quattro decenni di esercizio della giustizia, ancora non sono riuscito a liberarmi dal sentimento di umiliazione che mi dà la vista di un detenuto, peggio se vestito dell'abito da carcerato, conile mani legate da una catena che lo assimila a una bestia pericolosa immobilizzata dalla prudenza degli uomini. Il pubblico ufficiale che si dispone all'arresto e il magistrato che si accinge a valutarne la legittimità, considerino tutti gli elementi concludenti. Soprattutto, non si formalizzino soverchiamente sul titolo del reato, all'effetto di desumerne la legittimità, in ipotesi, del mandato di cat tura, per la quale legittimità occorrono, non solo la prospettabilità di quel determinato titolo, ma, altresì, sufficienti, concreti indizi di reità. Troppo spesso accade che, dopo un arresto preven tivo, vengano a mancare gli elementi comprovanti la col pevolezza, o il titolo viene ridotto, con conseguente automatica necessità della scarcerazione. E il povero inquisito si trova ad essere gravato di una sanzione preventiva che non meritava, senza alcuna possibilità di ripetere i danni da chicchessia. Non deve ritenersi lecito, nel semplice dubbio, far ricorso alla detenzione, con la corrfoda riserva soggettiva della scarcerazione ove se ne manifesti poi la giustificazione. Non si giocherella a questo modo, con le libertà individuali. Ognuno che abbia il diritto di impero quanto all'arresto, prima ci esercitarlo, procuri di immedesimarsi, per quanto è possibile, nella persona r^ll'innuisito: ne trarrà saggio incitamento alla prudenza, e potrà prevenire delle talora inenarrabili, ingiuste sofferenze a' prossimo. , DR. Peretti Grìva sspt
Persone citate: Giorgio Iii, P. P., Peretti Grìva, R. D.
Luoghi citati: Inghilterra, Italia
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