Leoni calunniati di Italo Zingarelli

Leoni calunniati CACC1A GROSSA E PICCOLA IN ET± PIA Leoni calunniati Si ammazza tanta selvaggina che per portarla via occorre un camion Buona bestia è anche l'ippopotamo, ma col rinoceronte è un altro affare ■ Il camioncino ridotto a "pizza,, - Confidenze col coccodrillo (Dal nostro inviato speciale) Harar, agosto. L' Etiopia è il paradiso dei cacciatori: fossi un seguace di Nembrod, metterei qui le mie tende. C'è caccia grossa, c'è caccia piccola, si può sparare al leone e all'ippopotamo, alla gazzella, al cinghiale, alle oche e alle anitre selvatiche, ai beccaccini e a robetta minore, e anche si possono catturare coccodrilli. Questione di gusto e| di scelta. Si ammazza tanta selvaggina, che per portarsela a casa occorre un camion. Al ristorante italiano di Dire Daua, Stefano mi ha cucinato delle pernici, avvertendomi che ce ne sono a non finire, ma che purtroppo gli etiopici non le mangiano. E Dire Daua è stata il teatro dell'ultima caccia da me affrontata da solo, nella stanza dell'albergo Invasa da una miriade di mosche (era di pomeriggio e soffocavo). Mentre le mosche ronzavano e cercavano comode posizioni sulle mie stanche membra, sotto la finestra a pianterreno un montone legato ad un albero belava ad intervalli regolari. Io volevo dormire. Brandito l'astuccio di cuoio delle pantofole da viaggio, ho sterminato le mosche, e la nuova generosa fatica si è rivelata Inutile, giacché il montone belava belava, e con un astuccio da pantofole un montone non si uccide. « Quanto chiasso per quattro mosche! » hanno esclamato ironici i connazionali di Dire Daua e Harar al racconto della mia avventura; e ho raccolto sorrisetti sulle facce e percepito colpettini di tosse. Loro avevano da raccontare còse molto più serie, da far ridere e piangere, e degli episodi più salienti figurava protagonista il dottor Raffaele Corvisiero, farmacista di Dire Daua e di Harar, oriundo di Mairzano di Nola e per nulla disposto ad apportare attenuanti e ritocchi al suo napoletano classico. I Corvisiero discendono forse da Courvoisier, ma don Raffaele di eventuali avi francesi non si preoccupa: parla in napoletano e basta. Per una ricetta sbagliata sbraita che sembra voglia divorare il somalo o l'etiopico che glie l'ha presentata, poi verifica, sbriga e congeda il cliente di sicura condizione disagiata, gridandogli: Che vuò pavàt Vattenne! Tu nun tiene na lira, vattenne, guagliò, vattenne!... Scambio pericoloso Raffaele Corvisiero di Marzano di Nola è cacciatore, e io intendo abbozzarne il ritratto. Ma prima di addentrarmi nell'illustrazione e nel commento delle sue qualità venatorie, completerò la descrizione della figura di nurbero benefico dicendo che da anni fa sorvegliare a proprie spese il reparto italiano del cimitero di Dire Daua, affinchè croci e tombe siano sempre a posto. Corvisiero va dunque a caccia piccola e a caccia grossa, però con l'inconveniente, tuttavia di una certa importanza, che se in farmacia debitamente distingue una ricetta sbagliata dalla giusta, nella boscaglia scambia i leoni per cinghiali, come dimostra l'avventura che passo a narrare. Fu nel dintorni di Harar che Corvisiero, penetrato nella boscaglia in automobile, s'accorse, fra lusco e brusco, che il sentiero era sbarrato da due piccoli leoni e gli prese vaghezza di cacneluttsd | catturarli vivi: scese a terra lasciando il fucile nella macchina e mentre s'accostava alle bestiole percepì il ruggito della leonessa madre, che sbuffando s'accinse ad impedire il rapimento della prole: Don Raffaele, che dalle sue farmacie non aveva prelevato nè acqua tiliacale, nè camomilla, diede prova nella detta circostanza di aver presenza di spirito e gambe tiuone e fece quello che ogni altro • al posto suo avrebbe fatto: fuggi, senza mèta e senza fiato. Senonchè l'uomo non vien reso esperto dalle avventure le più perigliose e Corvisiero di Marzano di Nola insistè nel frequentare contrade battute da belve ed in particolare dai leoni, i quali verso sera, alla stessa ora, vanno al fiume, allo stesso punto, a dissetarsi: di questa abitudine del re della foresta ho sentito parlare tanto, che ormai considero 11 fiume 11 bar dei leoni, i quali col crepuscolo vanno a bere così come in citta, su per giù alla stessa ora, la gente va a gustare l'aperitivo. Don Raffaele organizzò fra l'altro, in un posto nel quale la presenza dei leoni era sicura, una caccetta, avendo per compagno un colonnello etiopico e per tutto seguito un ragazzo. Nella macchia, Corvisiero propose che lui sarebbe andato da una parte, il colon nello dall'altra, ed il ragazzo sarebbe rimasto dov'era. Cosi avvenne, ed essendo trascorsi pochi minuti dal distacco, nella macchia echeggiarono gri da di terrore dell isolato pargolo, verso il quale ritornarono rapidi il colonnello e il farmacista. Inchiodato al suolo, faccia stravolta e mani in alto, il ragazzo gridava ad un leone che lo fissava Immobile, quasi infischiandosi della sua presenza: « Ba Hailè Sellassiè. io non cercare per te!.. », certo convinto che la belva conoscesse ugualmente l'italiano. Dalla belva il giovine etiopico si aspettava eziandio che conoscesse il significato delle parole « Ba Hailè Sellassiè! ». Vi fu un tempo in cui in Etiopia, pronunziando la frase che in sostanza vuol dire « In nome dell'Imperatore! », si obbligava un avversario manesco e magari un agente di polizia a non toccare chi l'avesse detta. Se ne abusava, e l'Imperatore fini con l'ordinare che nessuno se ne potesse più servire. Il grido del fanciullo nella foresta questa volta finì In una risata, perchè il leone — o ubbidiente all'Intimazione, o irritato dalla piagnucolosa voce del battitore — si riti rò in buon ordine. H leone è bestia calunniata e assai migliore della fama di cui gode; per informazioni rivolgersi ad un connazionale ora vivente a Milano, che, sempre nei dintorni ui Harar, siccom° gli amici da lontano gli chiedevano: (Ma che ti sei portato dietro il cane? » si voltò e s'accorse che un leone lo seguiva con l'aria di aspettare comandi. Brava e buona bestia è an che l'ippopotamo, del quale andarono a caccia in altra regione due distinti medici Italiani di Addis Abeba con un compagno: e pratici com'erano di imprese del genere ni erano muniti di una potente lampada elettrica legata da un lungo cordone ad una batteria portatile. C'era l'ippopotamo, c'era, e avvistatolo gli scaricarono addosso pallottole degne, però, di beccaccine. Di¬ sturbato dal fracasso, l'ippopotamo entrò trotterellando nel bosco e i cacciatori, sicuri di averlo ferito, lo seguii rono mettendo in funzione 'a prodigiosa lampada. Senonchè la puntavano verso il basso, e quando si decisero a puntarla verso l'alto illuminarono la parte posteriore dell'ippopotamo, che in un animale di venti quintali è notevole. La visione bastò: in certi casi il posteriore vale l'intero, e i cacciatori italici scapparono scapparono. Fuga superflua: l'ippopotamo non usa reagire. Reagisce invece il rinoceronte, che per il peso l'uguaglia, e uno costrinse altro gruppetto di cacciatori nostrani che gli avevano sparato con gingilli ad arrampicarsi sugli adiacenti alberi, abbandonando il camioncino dal quale era partita l'innocua salva: 11 rinoceronte per un po' stette a sbuffare sotto i rami, poi si scagliò contro il veicolo a cornate e spallate, ci montò sopra, lo pestò bene e lo ridusse a una « pizza ». La colpa è della gabbia Alla passione delle bestie selvatiche e delle piante in Etiopia si sottraggono pochi: l'ingegnere Federico Bazzi, di Brissago, detto dai ragazzi di Addis Abeba « barba Coniel » perchè portava la barba e dirige l'officina elettrica a suo tempo costruita dalla Coniel, la sfoga in maniera tutta sua, alternando la caccia agli allevamenti e alle colture. Ti sa dire come si catturano vipere e coccodrilli, sconsiglia di ritornare sul posto dove è stato ucciso un cobra ch'era accoppiato, e ha trasformato la sua casa di Addis Abeba In un acquario con annesso giardino zoologico (del resto è fornitore onorario di giardini zoologici europei). In questa casa, prima di mettermi a tavola per mangiare l'abescià uott con l'angera, piatto nazionale etiopico eccellente più piccante del gulasch ungherese, ho visitato l'acquario e intervistato un piccolo coccodrillo che «barba Coniel» di Brissago ha catturato senza eccessiva bravura, avendo il piccino commesso l'imprudenza di penetrare, in campagna, sulla riva del fiume, in un condotto d'acqua calda che sboccava in una piscina. « Coccodrillo, coccodrillo! » gli faceva il padrone; e il coccodrillo rispondeva con una voce da ranocchia. « Vedrete però che a quest'ora non mangia, perche è tardi » aggiungeva il padrone porgendo al tenero rettile un pezzetto di carne: e infatti il coccodrillo Io divorò. E dopo cena, prima del commiato, visita al leone nel giardino. « Leone, leone! » chiamava l'Ingegnere Bazzi, e quello non si moveva perchè dormiva. Dai e dai, finì con lo svegliarlo e il leone si diede da fare con la testa e con le zampe fra le sbarre della gabbia. « Vuoi vedere, mormoravo io, che proprio questo leoncino prigioniero ci darà dei fastidi ? ». « Beh, rispose barba Coniel di Brissago, quando dovetti tirare fuori da questa gabbia una leonessa per la quale ebbi in cambio dal giardino zoologico di Anversa quattro conigli portentosi, saltò sul tetto e fu un bell'affare... ». E' la gabbia, signori, che rende cattivi i leoni: Tartarico di Tarascona andò a caccia senza saperlo. Italo Zingarelli

Persone citate: Bazzi, Courvoisier, Federico Bazzi, Hailè, Immobile, Inutile, Leoni, Raffaele Corvisiero

Luoghi citati: Addis Abeba, Anversa, Etiopia, Marzano Di Nola, Milano