Comodità dell'aeroplano per viaggiare in Etiopia di Italo Zingarelli

Comodità dell'aeroplano per viaggiare in Etiopia Comodità dell'aeroplano per viaggiare in Etiopia A zonzo per l'Impero - Importanza dell'aviazione commerciale - Crusca avvelenata per le cavallette - Raccolta del coffe, astuzie di contadini - Linguaggio finanziario Il pittoresco mercato di Harar - Gli italiani insegnano agli etiopici tutti i mestieri (Dal nostro inviato speciale) Harar, 24 agosto. Trascorreranno lustri prima che l'Etiopia disponga di una rete ferroviaria così vasta da collegarne i centri principali, e nell'attesa la Addis Abeba-Dire Daua-Gibuti continuerà a costituire un vanto e un monopolio. Ma non ha diramazioni, perciò i traffici in crescente sviluppo ricadono sempre più sugli autotrasporti e te linee aeree. Oli autotrasporti sono costosi e lunghi a motivo dello stato delle strade e del. crollo d'innumerevoli ponti: il consumo delle gomme è enorme. Il mezzo più sicuro Il più sicuro mezzo di trasporto nell'interno dell'Etiopia oggi è l'aeroplano. Vi sono linee regolari, alcune giornaliere e alcune con due voli al giorno, fra Addis Abeba, Gimma, Gore e Derubi Dolio, Addis Abeba e Dire Daua (questa prosegue per Gibuti e Aden e permette di ritornare al punto di partenza il giorno stesso); Addis Abeba, Debra Markos, Gondar; Addis Abeba e Dilla. Per il tratto Addis AbebaDire Daua si paga quanto in ferrovia, ma si guadagnano nove ore: la ferrovia piace ai turisti, ai pigri ed ai paurosi, l'aereo a chi ragiona che montagne, deserti e grandi fiumi si vedono dall'alto altrettanto bene che attraverso i finestrini di un vagone che procede a una media di 40 chilometri all'ora. Se si viaggia in aerei per trasporto merci, nei quali si siede su panche laterali anziché su poltroncine, osservando casse, sacchi, mobili imballati, carrozzini ver bambini, legumi, ortaggi freschi e la molta roba che passa rapida da un capo all'altro del paese, si ha un'idea di ciò che l'aviazione commerciale ormai significa per l'Etiopia (il viaggio è meno lllll(tlIIIIIMIMti:ilt IMMIIt I IMIII gradevole se certe merci emanano odori acuti). Gli equipaggi, composti di piloti americani e ausiliari etiopici, danno pieno affidamento; parecchi aerodromi hanno però bisogno di radicali trasformazioni. A Dire Daua si atterra sopra un campo diviso dalla strada da un reticolato dietro il quale stanno amici dei viaggiatori e curiosi. La città, vicinissima (al Cairo l'aeroporto dista 14 km. dal centro e a Aden 25), è composta d'un quartiere europeo, che Incominciò a, sorgere, nel 1906, quando i francesi ottennero la concessione per la ferrovia di Gibuti, e di un quartiere detto Magalo che non si può definire etiopico, perchè vi abbondano indiani c arabi. Il ritmo della vita di Dire Daua è regolato dall'orario ferroviario e dai turni di lavoro dei ferrovieri: questi fanno colazione a oiezzogiorno in punto, e mezzogiorno è l'ora della colazione per l'intera città. Francesi in giro non se ne vedono: vivono per conto loro nelle case che la compagnia ferroviaria ha costruito nei pressi della stazione. Gl'italiani, un paio di centinaia, si vedono sia in giro che nei due ristoranti eserciti da connazionali, così i greci gli armeni. A differenza di Addis Abeba, a Dire Daua le insegne dei negozi sono in amarico ed in francese, anziché in inglese, e l'insegna più comune è: Alimentation generale; per contro, al Magalo, diviso dal quartiere europeo da un fiume che durante le piogge scorre impetuoso per due o tre ore e poi sparisce, gl'indiani sfoggiano insegne in inglese: molti di essi sono nati qui 0 di quello che è avvenuto a casa loro non si curano, nè parlano un qualsiasi idioma della terra degli avi. La sera a Dire Daua la temperatura si abbassa. Il IIIinilllllil CI IMMIIIIllllllllllMIII9tltl passaggio dal caldo al frescolino coincide con gli squilli di tromba che annunziano che sul tetto del Ghebbì viene calata la bandiera: si fermano i veicoli, si fermano le persone e si aspetta che >\ trombettiere abbia finito di sonare. Introdotta nell'intera Etiopia durante l'occupazione, questa usanza ricorda l'influenza britannica, che a Dire Daua tenta di affermarsi anche con un centro per la lotta contro le cavallette, composto di sei persone incaricate di tener pronta crusca avvelenata per il caso che le cavallette arrivino. Gli americani si occupano non di cavallette bensì di petrolio e nessuno riesce a sapere se nell'Ogadèn ne abbiano gtà scoperto: a Dire Daua c'è la, direzione dei lavori in corso a 800 km. di distanza ed i rifornimenti vengono effettuati da autocarri che fanno ia spola, mentre a più rapide comunicasioni provvede un piccolo aeroplano della Sinclair che decolla in pochi metri alzandosi proprio come una cavalletta. Valige di dollari Dire Daua vive della ferrovia, del cotonificio costruito dalle Cotonerie meHdionoli e adesso ingrandito, della cementeria ohe rimane fra le più moderne esistenti, pur avendola gli italiani impiantata circa tredici anni fa e — nella stagione — del mercato del caffè, che è anche una grande risorsa di Harar. E' un mercato stranissimo che ha luogo fra l'alba e le 10: i contadini, raccolto il caffè nei boschi, preferiscono, dato il caldo, trasportarlo durante la notte, così arrivano verso le 4J0, attesi alle porte dagl'incettatori greci e indiani provvisti di bilance ammaestrate a tener conto della terra e dei sassi confusi con i chicchi nei sacchi... Una specie di trattamento omeopatico. La singoiar tenzone I lllllIMflIllllllllilMIMIIIl 111IIIII1MIII fra uiHani e mercanti a contratto concluso è seguita dal tentativo dei secondi di riprendersi i quattrini rifilando ai primi cianfrusaglie e bottiglie di liquori, mentre il guadagno degl'incettatori, nel pomeriggio, dopo la siesta, viene giocato al tavolo del poker. Scarpa grossa e cervello fino al pari del suo simile nel mondo, il contadino etiopico — che se mai porta sandali e non scarpe — negozia con cocciutaggine ed accetta la valuta in cui ha fiducia. Il linguaggio finanziario dei mercati giornalieri riesce già per se stesso incomprensibile a chi non sia iniziato, in quanto per li lire s'intendono 5 centesimi di dollaro etiopico, per 4 lire 10 centesimi e per 8 — naturalmente — 20; 25 centesimi vengono però detti mezzo scellino (sebbene la moneta inglese non circoli più a simiglianza dell'italiana) e 50 uno scellino; 75 centesimi sono viceversa equiparati alla rupia indiana, e così chiamati, e coi 100 centesimi abbiamo infine il dollaro etiopico, o Bir. Al mercato del caffè e dei cereali i contadini prima vendevano soltanto contro talleri d'argento, i famosi talleri di Maria Teresa, che si prestavano ad essere nascosti sotto terra, e scomparsi letteralmente i talleri si sono rassegnati ad accettare il dollaro etiopico carta, però nel solo taglio da un dollaro: ne deriva che i compratori debbono essere provvisti di grossi mucchi di banconote e durante la stagione le valige con le quali partono da Addis Abeba certi passeggeri sono piene zeppe di biglietti da un dollaro. Per quanto meno esteso, il mercato di Harar è infinitamente più pittoresco e lindo di quello di Addis Abeba, dove il colore bianco dei costumi e l'uniforme tinta dei magazzini rendono il quadro piuttosto monotono. Il mercato di Harar si svolge sul fianco d'una collina, fra alberi, ed è un pullulare di razze dell'impero: vi riconosci le donne maritate dal costume azzurro con la punta rossa sul petto e dai capelli raccolti in due matasse tonde dietro le orecchie e le ragazze dal costume rosso con la punta azzurra e dai capelli lisci e corti. La cittadina, che fiorirebbe se al turismo venissero dedicate cure, ha una vivacità tutta sua, forse dovuta al mescolarsi delle razze e al sovrapporsi o all'esistenza di varie religioni, tra le quali prevalente è la mussulmana. Ma il turismo, per ideale che sia un clima, esige strade, alberghi, comodità e risorse e Harar, fra l'altro, continua a ricevere la luce da un'officina elettrica diventata definitiva senza perdere un jota del suo carat¬ IIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIMIIIIIllllllItlllllllllllllll tere ultra-provvisorio. Nuovi impianti sono in costruzione adesso. Nell'officina ho incontrato un bolognese e un palermitano, Giacomino, che parla la lingua del posto e non dimentica l'italiano perchè abbonato a dei periodici, ma rimpiango di non aver incontrato un siciliano il quale aveva costretto ad imparare il suo dialetto ai giovani apprendisti etiopici. Bellissima flora Questi operai (oltre a riparare automobili con pezzi presi, dà macchine .guaste d'ogni marca, tanto che sollevare un cofano equivale ad aprire un campionario e smontare un motore costringe ad ammirare la collaborazione armoniosa di parti oriunde di di-uersi paesi e continenti) ricavano pali per i fili della corrente da binari di ferrovie Decauville e longheroni di telai di automobili. E non rammento bene se l'operaio siciliano, al quale alludo, un giorno si trovò in pericolo proprio sulla cima d'un palo del genere, cqn grande terrore del ragazzo etiopico che se ne stava in basso intento a seguire il lavoro e pronto a mandargli su i ferri; disceso incolume sulla superficie della terra, il siciliano spiegò al ragazzo mezzo morto dalla paura: « Comu acchianavl supra, u palu si misi a fissiare... » intendendo che il palo, oscillando, si era messo a far lo scemo. Come l'Imperatore m'aveva detto, gli italiani hanno insegnato e insegnano agli etiopici a fare i meccanici, gli elettricisti, i muratori, gli autisti e i carpentieri. Già ve ne sono che lavorano al tornio e ho visto farmacisti formatisi unicamente con la pratica. Gli italiani per contro hanno imparato a coltivare alberi e frutti indigeni e nel giardino della piccola centrale elettrica di Harar prosperano caffè, banane e mango. Se capitate da queste parti, fate la gita da Dire Daua a Harar: lungo cinquanta chilometri di strada vedrete di quali bellezze e prodigi sia capace la flora del paese. Pochi alberi piantati a suo tempo dai nostri forestali sono diventati 'un bosco. Verso Harar la strada è fiancheggiata da eucalipti, splendide euforie, cespugli di caffè e di fichi d'India, acacie ombrellifere; in altri tratti crescono rigogliosi il granturco e la dura. Vi imbatterete in cammelli, autocarri, corriere di terza classe e di prima, e nel greto di un fiume asciutto scorgerete una mandria di buoi e poi jene che al calar delle tenebre si danno alla ricerca di carogne e rifiuti. Bestia che fa ribrezzo, di notte la Jena lancia un grido irritante. Italo Zingarelli llMllMIIIIIIIIIIIIIIIIIIHIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII Il curioso volto di Margaret O'Brien, l'ex-bimba prodigio

Persone citate: Addis, Debra Markos, Margaret O'brien, Maria Teresa