E' morto a Los Angeles il "re,, della stampa americana

E' morto a Los Angeles il "re,, della stampa americana E' morto a Los Angeles il "re,, della stampa americana Una catena di giornali e'riviste con 27 mila dipendenti - Le modeste origini di tina colossale fortuna - Magnate del cinema e uomo politico - Attacchi e polemiche Beverly Hills, 14 agosto. William Bandolph Hearst, fondatore e capo del vasto « impero giornalistico » che reca il suo nome, è deceduto oggi, all'età dì 84 anni, nella sua abitazione di Beverly Bills verso le 17,30 italiane. Gli amici dello scomparso hanno dichiarato che da tempo era infermo e che la sua morte non è giunta inattesa. Egli ha tuttavia diretto i giornali del « gruppo Hearst » fino all'ultimo. Il grande industriale lascia la moglie Millicent Willson Hearst, che abita a New York, e cinque figli: George, William Randolph « junior », John Wil liam, Elbert e Bandolph. Era considerato uno degli uomini più ricchi del mondo. ■ Pochi giorni or sono, il suo medico personale, dott. Myron Pringruetal, vedendolo agitarsi sulla poltrona a rotelle per una notizia «storta» su uno dei suoi giornali, gli raccomandava la calma anzi decisamente gli ordinava di lasciare ad altri la direzione della sua «catena di carta stampata »; il vecchio lo fissò coi suoi occhi d'acciaio. « Un ordine simile può venirmi solo da Dio » disse^'Ièritaménte e con un colpo deciso avvicinò la carrozzella al microfono; « The Chief says... il capo dice... » e le tre parole sacramentali, lanciate nell'etere preludevano come sempre, agli ordini secchi, imperiosi perentori che il Cliief impartiva al suo esercito di 27 mila dipendenti. Perchè tanti ne aveva William Randolph Hearst, distribuiti in 23 giornali, il settimanale «The American» e nove riviste, che vedono la luce negli Stati Uniti, nonché tre quotidiani inglesi e numerose agenzie di informazione. La sua vita è una lunga fiaba moderna in cui il protagonista appare ora nei panni dell'orco ora in quelli del principe benefico. I suoi inizi furono lenti e fa- ticosi come quelli di Ford. Pi- 11111111111111111111 ![11<11111111111111 ! 11 ! 1111111111111( 111 ù à a i i o i a n e a a e e o o a glio di un senatore americano, fu espulso dalla Università di Harvard per uno scherzo piuttosto audace fatto ai professori. Il padre, che non doveva, essere troppo severo, gli lasciò la scelta sulla via da seguire: assumere la direzione delle miniere d'oro di Homesctake o della grossa fattoria patriarcale? Il giovane William non voleva nè l'una nè l'altra cosa; forse avrebbe- fatto volentieri il giornalista. 11 senatore aveva a S. Francisco un fogliuzzo, l'« Escaminer », di poche migliaia di copie; William entrò in quella piccola redazione polverosa come un uragano. Cominciò a dare addosso ai pezzi più grossi della città, suscitò scandali, interessò il pubblico e ben presto fece di quel giornaletto anemico, il quotidiano più diffuso della Costa. La formula era trovata. « Acchiappate le notizie, acchiappatele per primi e non badate a spese. Fate più fracasso che potete per attirare i lettori » ripeteva ancora ultimamente ai suoi redattori, e su questi princìpi dal 1890 al 1940 Hearst è stato una fbrza mondiale. Durante la fuerra ispano-americana prouse somme enormi per fornire ai suoi lettori i servizi più completi e più rapidi sulle battaglie che portavano alla vittoria la giovane America contro le forze spr.gnole. Sette veloci imbarcazioni incrociavano in permanenza tra Cuba e San Francisco per trasmettere i servizi degli inviati speciali Gli Stati Uniti si dominavano aRdsgcdp6dimMtacaCpperò soltanto da New York e Hearst decide di muovere all'attacco della sorgente metropoli. Vi fonda il « The New York Morning Journal » e schiaccia il concorrente « The World » di Pullitzer. Dapprima vendendo il giornale sottoco sto, poi pagando a peso d'oro i redattori dell'avversario. La rete che doveva più tardi costituire la potenza del « re » dei giornali era avv'ata. Hearst era ormai tanto forte da lottare contro le camarille politiche dei potenti gruppi che non disdegnavano il ricatto e l'impostura. Nel 1902 fu eletto deputato; nel 1906 si portò candidato dei democratici a governatore di New York e puntò anche alla presidenza presentandosi agli elettori come « il grande avvocato del benessere del popolo ». Otto stati, più le Hawaji votarono per lui alla Convenzione, ma la nomina andò ad Alton Parker, che fu poi battuto alle elezioni da Theodor Roosevelt. Aveva sposato, nel 1903, Millicent Willson, dalla quale ebbe poi i 5 figli che gli sopravvivono, ma la sua vita sentimentale non doveva esaurirsi tra le pareti domestiche. Natura esuberante, subiva il fascino di tutte le novità, dell'av-v| venturoso. Capì l'avvenire del cinema e investì parte della sua colossale fortuna in quel mondo nascente della celluloide che doveva accenderlo di una fiamma vorace: l'amore per la bella attrice Marion Da vies con la quale fu più volte in Italia. Per la sua amante fece costruire la principesca villa di Santa Monica, enorme, in stile neoclassico che ancora oggi è il termine di paragone della fortuna delle maggiori dive. Per sè ideò la reggia di San Simeone, una piccola città incantata, in un parco enor me, cintato, in cui sorgono ldlBrgccrclcCcBsllldcVrp odisèquattro castelli, tre dei quali costruiti con autentiche pietre di antichi manieri trasportate dall'Europa, come nel noto film «B fantasma galante». Dovette lasciare, ormai ultraottuagenario, questo suo mondo fiabesco perchè i medici gli avevano ordinato di trasferirsi in un altro ambiente. Il vecchio boss aveva scelto la villa di Beverly Hills, alla periferia di Los Angeles, ina non aveva abdicato alla direzione dei suoi giornali. Dalle colonne dei più diffusi quotidiani aveva continuato come nel lontano passato le sue polemiche ed i suoi intrighi. Gli attacchi contro gli stessi presidenti del suo paese erano stati così violenti che al tempo dell'assassinio di William Me Kinley non era mancato chi aveva voluto incolparlo di istigazione al delitto. Nel 1938 si battè contro l'elezione di F. D. Roosevelt e dopo il convegno di Monaco accusò in un radiomessaggio l'Inghilterra di beffarsi della America. Nemmeno Churchill risparmiò e non ebbe tenerezze per Stalin che lo ha ricam biato facendolo chiamare gangster del giornalismo. Temuto, odiato, da pochi amato tenacemente, William Randolph Hearst ha ora ubbidito all'ordine divino. Egli lascia un'impronta profonda nel giornalismo ed una fortuna calcolata intorno ai 300 milioni di dollari. Oltre alla catena delle pubblicazioni egli possedeva 65 mila acri di terreno al nord della California, un numero imprecisato di « ranchos » nel Messico, stazioni radio, grattacieli ed una pregevolissima collezione artistica. IaiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii William Randolph Hearst glio di un senatore americano, ià di