Si lasciarono a Potsdam per non incontrarsi più,

Si lasciarono a Potsdam per non incontrarsi più, TRUMAN E STALIN SE I ANNI FA Si lasciarono a Potsdam per non incontrarsi più, Rigorose disposizioni della polizia russa - Non si mangiavano che cibi provenienti da Mosca - Una frase offensiva del generalissimo sovietico: Churchill arrossisce, e parla di "una siepe di ferro,, - L'orso mette fuori le unghie - La rottura del fronte politico Chi ricorda che un pò più di aei anni or sono, nel luglio del '45, Stalin, Truman e Churchill s'incontrarono a Potsdam ? Pochi lo ricordano, labile essendo la memoria degli uomini, e il loro spirito rivolto più al presente e all'avvenire che al passato. E in quel momento c'era in Europa un gran rimescolìo: tutti ricercavano parenti, amici, alloggi, viveri e generi di prima necessità — si suole dire — e i convegni politici passavano quasi inosservati. L'ultimo convegno dei Tre Grandi era stato preparato da HdilodutamtatenenevosuqubecivaveMIUM1MU11MMIMMIMM11111111E11111MIMM11MM1U111 n Hopkins, a Mosca, nel corso di sei colloqui con Stalin e Molotoff. Giunti a Potsdam con due giorni d'anticipo sulla data fissata, Churchill e Truman ne approfittarono per visitare le rovine dell'ex-capitale tedesca, includendo negli itinerari il rifugio sotterraneo nel quale Adolfo Hitler aveva voluto essere cremato dopo il suicidio, sprecando un discreto quantitativo delle riserve di benzina del Reich. Le riunioni si svolsero al Cecilienhof, antica residenza estiva del Kronprinz. Gli inglesi vennero alloggiati in una villa 1 n11111 11111111111111111111111M11111M111111M111b 1 <1111 à , a nella Ringstrasse, Truman con suoi nella Kaiserstrasse, va una villa che aveva appartenuto a un produttore cinematografico: anzi la moglie dell'antico proprietario ci stava ancora, essendo stata incaricata □ai russi di provvedere alle pu lizie. Stalin andò ad abitare Ji un'altra villa non rivelata ne nmeno dopo, circondandosi di polizia e di soldati. Quando 11 generalissimo (non più soltanto maresciallo) stava per arrivare al Cecilienhof, per dieci minuti era proibito accostarsi alle finestre e all'ordine dovevano attenersi gli stessi alleati britannici, le cui stanze, compresa quella del ministro degli Esteri, davano sull'ingresso. Ogni delegazione disponeva della propria polizia, ma responsabili della sicurezza collettiva erano i russi, nella loro qualità di ospiti. Non si mangiarono che cibi provenienti da Mosca, serviti nella splendida sala da pranzo dell'ex-Kronprinz da camerieri di fiducia tutti al di sopra — chissà perchè — dei cinquant'anni. La conferenza durò dal 17 luglio al 2 di agosto, con una breve interruzione dal 25 al 28, imposta dalla necessità per Churchill di andare in Inghilterra a prendere atto della sonora sconfitta elettorale ed a cedere il bastone del comando a Attlee. Le discussioni le diresse Truman che era, come fià Roosevelt, l'unico capo di tato presente: il vero capo della Russia agli occhi di ognuno era Stalin, ma c'era la finzione di un Kalinin, presidente dell'URSS sin dal 1923) 'un presidente della cui esistenza si parlò molto solo nel giugno del '46, quando mori, per fare posto a Scvernik), e alla finzione bisognava attenersi. Gli americani aprirono il fuoco con moderate cariche, rilevando che gli impegni per l'Europa liberata contenuti nella dichiarazione di Yalta non erano stati rispettati: Truman ed i suoi collaboratori con questo avevano inteso dire che in Bulgaria e in Romenia la riorganizzazione dei Governi in senso veramente democratico e la libertà delle elezioni apparivano compromesse, e Stalin fece rispondere da Molotoff con un violento attacco contro la Grecia, attacco da Eden definito una deformazione dei fatti. Gli anglosassoni avrebbero poi voluto aiutare l'Italia, Eer compensarla del contriuto dato alla guerra contro la Germania, modificando certe clausole dell'armistizio, e Stalin e Molotoff eccepirono che ogni concessione fatta all'Italia dovesse automaticamente essere estesa alla Bulgaria, alla Romania e all'Ungheria. Gli anglosassoni ribadirono che in Italia chiunque poteva girare liberamente, mentre a Bucarest — osservò Churchill — la stessa miasione britannica era stata isolata in un modo che rassomigliava a un internamento. Il generalissimo lo guardò e gli diede, all'incirca, del bugiardo; Churchill arrossi e pronunziò una frase che in seguito ha subito una storica trasformazione: disse che i membri della missione inglese erano circondati da una siepe di ferro. Là siepe di ferro non fece poi che crescere in altezza e larghezza; superati i confini della Romania, si distese attraverso l'Europa e da siepe divenne sipario. Alla conferenza di Teheran. Churchill non era riuscito a zrdTtmsnMrdlnlcdblaptTltldccnccsmndgmasccLsdsapere da SUuS quali fcSs^ roPìe aspirazioniq territoriali russe: lo seppe a Potsdam, dove la Carta atlantica si eb¬ be i funerali. Il generalissi mo volle che si parlasse dei mandati, perchè l'Unione sovietica avrebbe gradito territori dei vinti: la sua delega- 1L111 li 14111M111111 ! ! 1111111M11 ! 11111111111111111111111 o , o e o e , l i a i a e , . . a zione aveva bell'e pronta una richiesta di mandato per una delle colonie italiane, e se Truman non avesse suggerito di deferire la questione al ministri degli Esteri, la tensione intorno al tavolo, già notevole, sarebbe cresciutaMa non fu che una pausa, un respiro: si passò a discutere dell'opportunità di rivedere la convenzione per i Dardanelli e Churchill disse essere la Turchia allarmata dalla richiesta russa delle province di Kars e Ardahan e di una base navale negli Stretti: Stalin e Molotoff risposero che, a parte il fatto che le due province avevano già appartenuto alla Russia zarista, la Turchia aveva proposto all'Unione sovietica un trattato d'alleanza e concludendolo l'Unione Sovietica aveva il diritto di fissare le frontiere che in seguito le sarebbe toccato difendere. Circa la base navale negli Stretti, Stalin dichiarò che essendo la Turchia troppo debole, era giustissimo che la Russia assumesse la difesa dei Dardanelli per garantire la libertà del transito. L'orso, messe fuori le unghie, tradiva un appetito formidabile. Naturalmente non avrebbe rinunziato alla Prussia orientale e intanto aveva ceduto alia Polonia, senza consultare nè Washington, nè Londra, il territorio tedesco sino alla linea Oder-Neisse: su questo punto a Yalta vi era stato un accordo, non c'è dubbio, ma le decisioni ultime spettavano alla conferenza per la pace. Senonchè Mosca intendeva ridurre la conferenza della pace a una formalità: intese di massima, principii generali, formule per l'impostazione di certi problemi assumevano sic et simpliciter carattere definitivo. Per le riparazioni tedesche si era detto che l'apposita commissione convocata a Mosca avrebbe preso come base la proposta russa di fissarne la cifra a 20 miliardi di dollari — una bazzècola —, del quali la Russia reclamava la metà; però Molotoff non vedeva la necessità di ritornare ancora sulla faccenda, essendo per lui una base di discussione un impegno in piena regola. E il 2 agosto si lasciarono, a Potsdam, per non incontrarsi mai più, dopo di essersi stretta la mano e aver firmato un protocollo che prevedeva la soluzione di quasi tutti i problemi; il che sulla carta è sempre facile. « Certo nessuno di noi sospettò — scrive Byrnes nel suo libro Speaking frankly — che i primi trattati di pace sarebbero stati conclusi solo dopo altri sedici mesi di negoziati quasi ininterrotti. Considerammo la conferenza un successo. Credemmo fermamente che gli accordi raggiunti avrebbero fornito una base per un sollecito ritorno della stabilità in Europa. Gli accordi fecero della conferenza un successo, ma la violazione degli accordi ha trasformato il successo in fallimento ». L'operazione era riuscita, l'ammalato era morto. A Truman che espresse la speranza di vedere la volta ventura i Tre Grandi riunirsi a Washington, l'ateo Stalin rispose: « Se piace a Dio». Cosi, alla congiunzione del fronte militare operata sull'Elba, a Torgau, poco più di tre mesi prima, a Potsdam ^ la ™"ura *?> f™te P°- i «sradort VErt nuova- , ISP^^L^0^!^*» ¬ i - Idi battezzare la conferenza « Terminal » non era stata felice: conclusiva, finale, lo fu, ma non nel senso sperato da Truman e creduto da Byrnes. 1. r. 1111111111L11:111 ì 1111111111111 ì 1M1 i 111M 11 11111M11111111 n