Le vacanze a Rimini città chiara e amorosa

Le vacanze a Rimini città chiara e amorosa ROMAGNA GREMITA DI CICALE Le vacanze a Rimini città chiara e amorosa (Dal nostro inviato speciale) Rimini, agosto. Nella piazza grande di Rimini Giulio Cesare non c'è più. « E' stato messo in castigo », spiega con malizia la guardia municipale addetta al traffico. Forse perchè, primo d'una lunga serie di generali, portò insegne di guerra sui lido riminese, fatto per svaghi di vacanza. Forse perchè trasse dall'oscurità un fiumicello magro e pigro —il Rubicone — che presso la città s'affatica verso il mare entro due sponde calde e polverose. Sette anni fa, quando giunsero gli alleati, 11 per 11 passarono oltre, ma poi un contrordine raggiunse i carri armati di Alexander: tornarono indietro e s'attestarono sul Rubicone. Forse, nella mente d'uno stratega anglo-sassone, era balenato il ricordo della storica perplessità di Cesare. Fatto sfa che, in attesa che gli alleati gettassero il dado, la guerra si fermò per altri venticinque giorni nella pineta, sulle strade, nelle case dei romagnoli, nei villini delle chiare stagioni d'estate d'altri tempi. La Romagna era stanca di bombe e di soldati, Rimini aveva avuto duecentottantasei bombardamenti dall'alto, il litorale era stato spianato in gran parte — ville, alberghi, colonie, parchi — davanti alle bocche da fuoco della difesa costiera tedesca. Appena quella furia passò, prima che si potesse mettere pietra su pietra la spiaggia si popolò di tende ombrelloni e capanni, come per miracolo. Dopo tanti elmetti e speroni apparvero i « due pezzi »: rinacquero case e villini e luoghi di danza e poi, un po' alla volta, anche i monumenti, i ponti e le strade. Il Tempio Malatestiano era in rovina, ora anche il « più bel fiore del Rinascimento italiano » s'è rialzato sullo stelo. Una storia gentile è intrecciata alla sua tragedia. E' la storia d'un professore di Rimini ' — il direttore della biblioteca Gambalunga — che tra le rovine scorge il teschio di Sigismondo Malatesta, annaspa ancora e trova le altre ossa, se le porta a casa, ricomposte in una cassettina. Raccatta tra le macerie il grande Crocefisso di Giotto in frantumi, si carica Croce e Cristo sulle spalle e se lo porta in salvo, lontano dai frastuoni della guerra. Poi gli viene paura, non per sè, ma per quelle ossa e quel Crocefisso, che la sua città ne resti impoverita, imbarbarita per sempre come se mai tra le sue mura avessero sostato civiltà, pace, cristianesimo. Allora, per i posteri, scrisse in latino, quasi un testamento, l'itinerario dei nascondigli e lo distribuì, in molte copie, tra i vecchi libri della sua biblioteca, e ad amici di altre città. Quando i cavalli del soldati furono stanchi d'abbeverarsi al Rubicone e alla Marecchia poche case erano in piedi e, nel tempio, solo l'arca di Isotta era intatta. Il tempio pare ora impallidito dal paziente e minuto restau ro, come uscito da una lunga malattia. La linea è rispettata, l'armonia è ricomposta, tutto è come prima; ma la luce e il sentore degli anni solo il tempo potrà restituirli. Molte belle ragazze entrano ad ogni ora nel Malatestiano: vengono a visitare l'arca di Isotta e a sentir la storia del suo amore tempestoso per Sigismondo. Poi voglion sapere se mai sia vero che Paolo e Francesca sian sepolti 11 vicino, nel tempio. La leggenda vuole che mani pietose abbiano raccolto i corpi dei due sventurati amanti quando stavan già per essere buttati in mare, segretamente portati in questa chiesa e sepolti nell'arca degli antenati. Ma il custode non ne sa nulla. Non sa o non vuol dire, per non deludere le ragazze e per non dar dispiacere a Monsignor Garattoni. Monsignore, canonico del tempio, ha scritto un libro che con atti di notaio e documenti d'archivio fa argine al fluire delle leggende entrate nel Malatestiano in tanti secoli. Ma non è facile con rogiti e testimonianze di notaio allontanare vecchi fantasmi. La gente vede nella paffu¬ ta vaghezza degli angeli sembianze e rimpianto di deità pagane. Memorie d'amori Eroibiti si svegliano di soterra sotto gli zoccoletti delle bagnanti. La sigla trionfante di Sigismondo pare il sigillo alla sua passione per Isotta, e l'arcangelo della Giustizia ha il volto e le mani di lei. « Isotta ebbe viso fine e magro, naso lungo e sottile, fronte alta e scoperta, rasa; l'arcangelo ha faccia larga, naso corto ed arguto, mento rotondo e forte, fronte bassa ed invasa di capelli », avverte Monsignore nel suo libretto. Ma è inutile, nemmeno le bombe hanno cacciato da questa chiesa il nume profano che entrò con il Rinascimento. Rimini è città di amori, di feste e di soldati. Sul lido dove bivaccarono le legioni suona la samba, alla sera, e dove scese il giovinetto Goldoni con la sua barca di comici, fuggiasco dagli studi e dalla noia, si celebra una vacanza estenuante ed un po' retorica. Quanti sono i villeggianti? « Cinque minuti e vi do la statistica ». Dopo un quarto di ora il foglio era pieno di cifre. « Mancano i ragazzi delle colonie; perchè non torna domattina? ». L'indomani le cifre erano diventate più lunghe di molti zeri. «Manca ancora Miramare e Viserbella, provi a ripassare stasera ». Da Bellaria a Miramare son ventisei chilometri di litorale riminese, ai bordi della calda Romagna gremita di cicale e di trafelati gelatieri. In una villetta di Bellaria, alla Cagnona, abitava « il professore », Alfredo Panzini, che veniva a fare la spesa tra le bancherelle del mercato. A cinque chilometri, verso l'interno, la casa di Zvanl; Giovanni Pascoli vide qui passare la cavalla storna e tra questi pioppi contò le stelle cadenti nella notte di San Lorenzo. A San Mauro di Romagna la folla estiva non giunge; la casa rimane segreta schiva; attorno al « desco fiorito d'occhi di bambini » giungono talvolta le maestrine delle colonie spingendo avanti gruppetti in grembialino. g. gh.