Auriol incarica Pleven

Auriol incarica Pleven LA CRISI FRANCESE AL 25° GIORNO Auriol incarica Pleven Difficile superare lo scoglio dell'investitura - Viva impazienza nell'opinione pubblica • L'atteggiamento dei partiti (Dal nostro corrispondente) Parigi, 3 agosto. « La lunghezza e la gravità della ' crisi mi impongono di non ricusarmi al tentativo di risolverla ». Con queste parole Pleven, uscendo dall'Eliseo sul mezzogiorno, ha annunciato che accettava dì massima l'invito rivoltogli da Auriol, salvo a dargli una risposta decisiva al più presto possibile, dopo le necessarie consultazioni. Sebbene egli si proponga di stringere 1 tempi, tale risposta non potrà certo aversi prima di domani. Prima che a Pleven il precidente della Repubblica aveva fatto analoga offerta all'on. Mollet, segretario di quel partito socialista che ieri ha silurato con la propria astensione l'investitura di Petsche, ripetendo il gioco col quale i democristiani diedero lo sgambetto a Mayer. Ma Mollet ha dovuto confessare che il programma su cui si sono impegnati i socialisti non potrebbe raccogliere alcuna maggioranza, e perciò ha decurtato senz'altro l'incarico che, del resto, gli era stato proposto soltanto in omaggio alle regole del gioco parlamentare. Pleven è il capo di un gruppo politico affine ai radicali di destra, l'U.D.S.R. (con questa sigla si indica la « Unione democratica e socialista della Resistenza •»), che non è intervenuto nel dibattito di ieri a Palazzo Borbone. I radicali ed affini sono i più indicati, di fronte all'acerbo conflitto fra democristiani e socialisti, a svolgere una funzione di arbitri, e personalmente Pleven e Queuille sono i due uomini più ?<uotati per un compito siffat0. E' noto che se Queuille avesse voluto sarebbe stato fin da principio incaricato di ricostituire ti ministero dopo le elezioni; ancora oggi Auriol lo avrebbe chiamato se non fosse che egli mantiene finora incrollabile il suo proposito di non accettare. Forse è utile e saggio che un uomo della sua autorità personale, in una situazione come la presente, rimanga in riserva per ogni evenienza. La giornata parlamentare di ieri ha messo in evidenza un isolamento crescente dei socialisti. La più elementare saggezza politica consigliava di accantonare la questione della scuola, essendo questa la meglio atta a dividere per ragioni ideologiche i vari gruppi, che bisogna invece tenere uniti se si vuole formare una maggioranza repubblicana. Ora, per l'astensione sia dei democri stiani sia dei socialisti il prò blema scolastico ha fatto scintille e gli sforzi acrobatici di Petsche non sono valsi a trovare un sentiero die provvisoriamente permettesse di superare questo passo pericoloso. Niente cordata: gli alpinisti dònno strapponi a destra e a sinistra, hanno rotto la fune e fatta precipitare la loro volenterosa guida. Il compito di quella che deve ora prendere ìl posto di Petsche si trova quindi reso ancora più difficile mnvetclccSsaC1stpmnM«efisncszmoImamnqspgi—sOcvPzecpoungvtrpvrtntqdiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii Dopo venticinque giorni di manovre con » quadri svolte nei conciliaboli tra i successivi candidati alla presidenza ed i rappresentanti dei paratiti si avverte il bisogno di cambiare tattica. Quella dell'investitura appare oramai come una invenzione diabolica della vigente Costituzione. Si dice che Petsche uscendo stanotte da Palazzo Borbone abbia esclamato: « Singolare Costituzione la nostra! Io ho 180 voti di maggioranza e sono battuto ». Le impazienze verso l'atteggiamento dei partiti incapaci di concludere un compromesso ragionevole si fanno naturalmente più vive. Le Monde scrive in proposito che « l'investitura non può oramai essere altro che un gesto di fiducia verso un uomo il quale si rivolga ad altri uomini e non più a partiti sordi e ciechi, che dichiari essere la questione scolastica di competenza del Governo e che, per formare il suo ministero, sfidi gli ostracismi e le parole d'ordine. In questa Assemblea, come mostrano le votazioni in seno ai gruppi, esiste infatti una maggioranza di uomini di buona fe$e e di buona volontà, i quali antepongono gli interessi della. Francia a quelli del proprio partito e le cui divergenze politiche — come disse ieri un deputato all'Assemblea — non hanno nemmeno lo spessore di un petalo di rosa. Occorre che essi si trovino, si concertino, si uniscano: sarebbe questa la via della salvezza ». Quanto agli intendimenti di Pleven, lo spirito di conciliazione che lo anima, oltre ad essere già noto per le sue precedenti prove, ha trovato proprio ora espressione nel suo organo, il Petit Bleu dove in un articolo da lui ispirato, se non addirittura redatto, si legge: «Se si vuole uscire dal vicolo cieco in cui si è cacciata la politica, occorre prendere alcuni provvedimenti semplicissimi, cercare un «modus vivendi » provvisorio che garantisca ad esempio il mantenimento della situazione che esisteva il 1° gennaio 1951 ». Non mancano dunque propositi di saggezza a Pleven, ma in verità non ne mancarono nemmeno ai suoi sfortunati predecessori: dipende dunque soprattutto dal maturare dell'esperienza di coloro di cui egli chiederà la cooperazione ed il voto, se egli riuscirà o no là dove Mayer e Petsche hanno fatto naufragio. 1. e.

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