Attualità di Tocqueuille di Panfilo Gentile

Attualità di Tocqueuille Attualità di Tocqueuille Alessio di Tocqueville torna di moda. Qualche anno fa, a cura della « Nouvelle Revue Francese », venivano ristampati i « Souvenirs». Segue oggi la ristampa della « Démocratie en Amérique» (Editions M. Th. Génin). E Tocqueville ha ritrovato- un pubblico numeroso e attento, dopo un oblio quasi completo durato parecchi decenni. L'ultima edizione della « Démocratie » e del 1874. Ed i « Souvenirs » non avevano avuto ristampe dopo la prima pubblicazione postuma fattane dal nipote nel 1893. Questa rinnovata fortuna può essere spiegata variamente. Tocqueville e certamente un classico, la cui prosa grave e scarna, che sembra stillata sul modello stcndhaliano del « code civil », va incontro al gusto contemporaneo. La sua epoca è oggi oggetto di una ravvivata curiosità storica, si veda da noi il penetrante saggio di Omodeo sulla Restaurazione. I suoi scritti sono pieni di vedute profetiche, che ne prolungano fino ai nostri giorni l'interesse. E può valere per tutti quel giudizio, che, scritto nel 1835, sembra invece destinato proprio a noi sventurati viventi nel 1951 : «Vi sono oggi sulla terra due grandi popoli, che, partiti da punti diversi, sembrano avanzare verso uno stesso scopo: sono i Russi e gli Anglo-americani... Gli uni hanno per mezzo principale la servitù, gli altri la libertà. Il loro punto di partenza è diverso; tuttavia ognuno sembra chiamato da un disegno segreto della Provvidenza a tenere un giorno nelle mani il destino della metà del mondo ». E sono codeste altrettante ragioni di vitalità e di fortuna. Ma io credo che vi sia qualche cosa di più, credo che l'attualità di Tocqueville abbia una ragione più generale e più profonda, ed è che esiste un'identità fondamentale tra quella che fu la preoccupazione costante di Tocqueville, quella che dominò tutta la sua vita e stimolò tutte le sue opere, g le preoccupazioni e gli interessi contemporanei. Il problema, che egli individuò nella sua epoca è lo stesso della nostra epoca, con la sola aggravante che per la collaborazione di un secolo di stòria, quel problema sta dinanzi a noi con un carattere di .gravità e di urgenza, che non aveva a mezzo dell'Ottocento. Alessio di Tocqueville fu un democratico, per lo meno nel senso che egli fu fermamente convinto che la democrazia era uri dato storicamente irrevocabile. La Rivoluzione non era stata un incidente, un episodio effimero. La democrazia era fondata essenzialmente sul principio dell'eguaglianza, e questo principio non aveva mai cessato di svilupparsi gradualmente per lo meno dal secolo undecime Era un fatto provvidenziale, e ne aveva i principali caratteri: era universale, durevole, sfuggiva alla potenza umana, tutti gli avvenimenti da settecento anni in poi avevano congiurato a svilupparlo. Un movimento sociale venuto tanto da lontano non poteva essere arrestato. Rappresentante di una famiglia aristocratica, magistrato della Restaurazione, membro sotto la monarchia di Luglio di un'assemblea che propendeva verso la reazione, Tocqueville non si fece l'apologeta della Rivoluzione, ed in un certo senso, rimase in lui sempre qualche attaccamento all'Antico Regime, dal quale si era allontanato dopo una crisi dolorosa. La sostituzione del ramo cadetto dei Borboni al ramo primogenito, dopo le giornate di Luglio, già lo aveva scosso profondamente e la sua adesione alla monarchia di Luigi Filippo, gli aveva sollevato angosciosi dubbi di coscienza: gli era sembrato una specie di tradimento al regime che i suoi avi avevano servito e che egli stesso serviva al momento della caduta. E s'era domandato: «Ho io fatto tutto ciò che dovevo a me stesso, alla mia famiglia, a tutti coloro che sono morti per la causa che io cesso di servire nel momento in cui tutti la abbandonano? ». Ma se il sentimento d'onore dell'antico gentiluomo normanno e il desiderio di rendere giustizia al regime scomparso gli avevano impedito di pronunciarsi incondizionatamente sul principio, non ebbe esitazioni nel riconoscere l'irresistibilità del fatto. Il regime di eguaglianza, nato in Francia da un uragano e stabilito definitivamente in America, era venuto per « restare » e doveva rappresentare nell'Antico e Nuovo Mondo oramai cosa giudicata: « Se delle lunghe osservazioni e delle meditazioni sincere conducessero gli uomini nel nostro tempo a riconoscere che lo sviluppo graduale e progressivo dell'eguaglianza è ad un tempo il passato e l'avvenire della loro storia, questa sola scoperta basterebbe a dare a tale processo il carattere sacro di un padrone sovrano». «Voler fermare la democrazia sembrerebbe allora lottare contro Dio medesimo. Le nazioni debbono accomodarsi allo stato sociale che la Provvidenza impone ad esse ». Data l'indole di questa convinzione democratica, che proveniva non tanto da un esame di ragioni sulla bontà o meno dei principi, quanto da una coscienza storicistica di una vocazione insita nel corso dei secoli, Tocqueville ebbe la freddezza di gettare uno sguardo spregiudicato sull'avvenire e di cnlcolare con una preoccupazione che ebbe la forza di una divi¬ sc nazione, tutti i rischi promessi dall' ulteriore percorso delle democrazie. Il libro sulla « Democrazia in America » fu scritto, egli confessa, sotto l'impressione di una specie di terrore religioso prodotto nell'animo suo alla vista di quella rivoluzione inarrestabile che marciava da tanti secoli, attraverso tanti ostacoli, e che ancora avanzava in mezzo alle rovine che aveva fatto. Egli si chiese se la rivoluzione politica non avrebbe per avventura dovuto avere il seguito di una rivoluzione sociale: «Si può credere che, dopo aver distrutto la feudalità e vinto i re, la democrazia indietreggerà davanti alla borghesia e ai ricchi? ». E più tardi, testimone penetrante della rivoluzione nel '48, ebbe la sensazione precisa che questa seconda rivoluzione era in cammino, e non gli sfuggirono le premonizioni socialiste comparse nei primi mesi di vita della Seconda Repubblica. Ma più di tutto fu toccato dai pericoli che, nella democrazia, insidiavano la libertà. Su questo punto forse non esiste scrittore politico che ci sia così prossimo. Tocqueville prevedette il livellamento della società in basso, il fenomeno della sparizione progressiva delle « élites » dei notabili sotto l'azione della progressiva eguaglianza delle condizioni, l'isolamento e l'indebolimento dell'individuo davanti al potere sempre più forte e centralizzato, la tendenza a sacrificare i diritti della persona in favore di quelli dello Stato e l'inclinazione dello Stato a rendere sempre più vulnerabili e pusillanimi gli individui, il prevalere dell'ideale del benessere materia le su quelli della dignità e dell'indipendenza, l'idea di conferire allo Stato la facoltà di provvedere dall'alto a questo benessere. Ed in fondo a tutto questo l'inquietante, angoscioso interrogativo se una società, così avviata, avrebbe ancora avuto il gusto della libertà, se la democrazia dominata dall' eguaglianza non avrebbe avuto come sua ultima conclusione il despotismo. Nella « Democrazia in America », egli ancora credeva con ottimismo che fossero possibili i rimedi: « Io vedo che è possibile scongiurare dei grandi pericoli, che dei grandi mali possono essere sz111,1,1111111 ! 11 i 111111111 i 11111 ( 1111111M f 111M11 evitati o attenuati ». « Occorre una scienza politica nuova ad un mondo nuovo » « Bisogna istruire la democrazia, rianimare le sue credenze, migliorare i costumi, correggere la sua inesptrienza, abituandola alla trattazione degli affari, sottrarla ai suoi istinti cicchi e portarla alla conoscenza dei suoi veri interessi; adattare i governi ai tempi e ai luoghi ». Rimedi questi tutti che appartengono alla parenetica ingenua dei moralisti. Quindici o sedici anni dopo, nei « Souvenirs » predomina invece la nota amara e qualche volta disperata. I « Souvenirs » furono un mesto addio alla vita pubblica ed un epicedio alla democrazia, che egli aveva amato e temuto. E chi potrebbe oggi negare l'attualità di Tocqueville? Le nostre generazioni vivono ancora lo stesso dramma, ed in termini assai più cupi. Come Tocqueville, sentiamo che non si torna indietro, ma nel tempo stesso sentiamo pure che, andando avanti, ci attendono incognite paurose. Panfilo Gentile lllllllllItlillllllllllllllllllllllllllllllllItlllllllllllll

Luoghi citati: America, Francia