Un protagonista racconta

Un protagonista racconta LA SCALATA »EL GRAXD CAPUCMK Un protagonista racconta Momenti drammatici di un'impresa che forse non sarà più ripetuta • I bivacchi nelle notti aggrappati alle corde - Tormenta sulla vetta - La discesa tra le slavine (Dal nostro inviato speciale) Courmayeur, 25 luglio Quando stamane abbiamo chiesto al capo delle guide di Courmayeur, Emilio Rey (uno degli uomini della montagna più noti in tutta Europa) il suo giudizio sul reale valore della scalata per la parete est dsl Grand Capucin, portata a termine per la prima volta in questi giorni da due giovani di ventiquattro anni, il vecchio alpinista ha pensato un attimo, poi ha lentamente scandito fissandoci con i suoi occhi chiari: « E' un'impresa che non verrà mai ripetuta». E a questo suo laconico significativo giudizio non ha voluto aggiungere altro sa non un esemplo Immediato: quello di due francesi che, udito del successo italiano, e delle condizioni nelle quali è iiiiiiitiiiiiiiiiuiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiifiii stato conseguito, han subito rinunciato a venire a saggiare il Grand Capucin. Solo al momento di lasciarci, sulla soglia del Museo dalla Montagna, Rey ci ha ripetuto le parole dette ieri dal grande scalatore francese Rebouffat: «Questa è la più grande impresa di roccia compiuta nsl mondo ». I giudizi di Rery e di Rebouffat sono condivisi unanimemente dalle guide e dagli alpinisti della Val d'Aosta. Inutilmente però cerchereste tracce esteriori d'entusiasmo per la realizzazione della eccezionale impresa: è gente di poche parole, che si limita a prender atto con soddisfazione della cosa e ad ascoltare con Ironia nient'affatto velata i commenti dei tecnici improvvisati. Tant'è vero che nessuno o quasi a Courmayeur sapeva dove fossero i due alpinisti vittoriosi: abbiam dovuto perdere un paio d'ore per accertare che uno, il Ghigo, se ne stava tranquillamente in un campo delrUgat a qualche chilometro di distanza, e che l'altro, il Bonatti, altrettanto silenziosamente si riposava in una villa di amici a Dolonne. Abbiamo cominciato a visitare il Bonatti. Non è cosa facile per gli intrusi violare l'affettuoso ma rigido blocco che la famiglia amica ha formato attorno a lui; non è stato facile soprattutto per noi giornalisti che ci slam sentiti chiedere come mai volessimo far tanto chiasso « attorno ad una scalata ». Finalmente siam riusciti a farci ricevere nella camera dove Walter Bonatti era ancora a letto. A poco a poco, siam riusciti a farci raccontare qualcosa della sua carriera alpinistica. Un racconto piuttosto semplicistico; membro di un gruppo sportivo di Monza — « Peli e oss » — ha cominciato ad arrampicarsi sulla Grignetta; ci ha preso gusto ed è passato prima sulle Dolomiti, poi sul Bianco, massi Simo banco di prova. Qui, un giorno dello scorso Ferragosto, ha conosciuto il Ghigo: il giorno dopo partivano per quel primo attacco al Grand Capucin, che, già quasi vittorioso, doveva fallire per il maltempo. Poche parole, al' lora; solo l'impegno a ritentare quest'anno e a vincere cosi come hanno fatto. II Bonatti, che ha venticin que anni, lavora come operaio ad un laminatoio della Falk; Luciano Ghigo è tracciatore alle Ferriere Fiat. Il torinese, (che è giunto poco dopo dall'amico e che ha dovuto anch'egli far fronte alle nostre doman de) — ha trovato 11 tempo ed il modo di superare gli esami di guida alpina. Tratta quindi gli aspetti tecnl iiiiiiiiiiiitiiiiiitiiiiiiniiiiitiiiiiiiiiifiiniiiiiiiiiif ci e formali dell'alpinismo con molta precisione e conoscenza teorica, tanto da mostrarsi più volte impaziente durante l'intervista per il nostro linguaggio e le nostre nozioni alquanto approssimate. Proprio per questo suo atteggiamento e venuto naturale di affidare a lui stesso, uno dei due protagonisti dell'eccezionale impresa, la stesura del resoconto che pubblichiamo e che nella sua sintetica laconicità è senz'altro più efficace di qualsiasi pindarico inno. Infine, qualche domanda sulla loro attività futura. Non hanno nessuna intenzione, come invece si era detto, di starsene immobili per una settimana: domani stesso il Ghigo, accompagnerà due turisti al quattromila metri del Tacul; il Bonatti, coll'amico Rossi che lo ospita, si sgranchirà le gambe verso il Dente del Gigante. Poi, purtroppo — e i due si annuvolano — bisognerà tornare in officina: « Noi amiamo — avvertono — il nostro lavoro: ma la montagna... ». E' triste per chi ha dato una cosi grande prova di capacità, dover dedicare all'al¬ pinismo solo i giorni di ferie e di permessi. Ma come fare? La montagna non dà da vivere ai suoi fedelissimi: anche il Ghigo, che è guida, se si dedicasse esclusivamente a quell'attività potrebbe si e no portare a casa tre o quattrocentomila lire all'anno: troppo poco per vivere. Bisognerebbe — commenta lui — che anche l'Italia facesse come la Francia, che i migliori elementi trattiene alla sua Scuola d'Alpinismo e paga come statali. Ed elementi migliori di questi due ragazzi, non è facile trovare. Dalla soluzione di questo problema dipende in gran parte la loro attività in un futuro più lontano. Ad una nostra precisa domanda non han voluto rispondere nè l'uno nè l'altro, ma i loro occhi si sono accesi per un attimo. Violata la parete est del Grand Capucin, resta unica invitta del gruppo del Bianco la parete ovest del Dru: non è destinata anch'essa a cedere davanti all'attacco combinato di due dei più giovani ma dei più abili rocciatori del mondo? G. Giovannini

Luoghi citati: Courmayeur, Europa, Francia, Italia, Monza, Val D'aosta