Un re che teneva alla Mita di Paolo Monelli

Un re che teneva alla Mita RICORDI DI UK INCONTRO Un re che teneva alla Mita Questa di morire assassinato era l'ultima delle previsioni di Abdallah - Sulla soglia dei settanta voleva ancora un figlio • Grandiosi progetti per l'avvenire - La pazzia del primogenito (Nostro servizio speciale) Roma, 21 luglio. Scrivevo tre anni fa da Amman, capitale della Transgiordania: « Re Abdallah di TranBgiordania è un uomo che arrivato al sessantasei anni può ancora sperare di riempire del suo nome la storia .del Medio Oriente, come a suo tempo suo padre e suo fratello; suo padre Husein Ibn Ali, dell'illustre famiglia degli Hascemiti, discendente direttamente da Maometto il profeta, il grande sceriffo della Mecca, che suscitò la rivolta degli arabi contro il Governo turco al tempo della prima guerra mondiale, si che ne ebbe II regno rosbcsgdualnmmlgczdt?hr. K^TS!MLCm vIbn Saud, emiro dello Sham- c2fWT-0 n da"a ?*eCCa 6 df ofP?i Òip a,11jegn,°): 6 SU0 gfratello Faisal, favoloso guer- eriero, che divenne poi re di Si- m11 11 II 111111MIM11111111111111111111111 : Ili II 11 I li ria e, dopo, re dell'Iraq (edlora sul trono dell'Iraq siede il'suo nipotino dodicenne) ». Ebbene, l'ha riempita davvero, continuando ad agitarsi in questi ultimi due anni, facendo la guerra in Palestina e subito dopo concludendo con Israele un patto d'amicizia e di non aggressione, cosa che suscitò l'indignazione del supernazionalisti arabi; e morendo ammazzato sull' ingresso della moschea di Omar a Gerusalemme dove si recava a pregare sull'urna che contiene le ceneri di suo padre. Questa di morire ammazzato era certamente l'ultima delle sue previsioni; perchè teneva molto alla vita, era viS°roso ^ attivo con'tutto che f t „ del «ettanfanni. riempiva^ di grandiosi progetti l'avvenire; e andava *J ^0 da] 8U(J medico di fiducia, il dottor liti III I Itll II MI! Illl I UH t II III III || |l|| || HI |||| |( HfH Tesio direttore dell'ospedale italiano di Amman, a chieder- gli qualcuna di quelle meravigliose iniezioni moderne perchè voleva far fare un figlio alla sua terza moglie, giovane, negra, di petto prepotente. Grandiosi progetti d'avvenire, 1 più ambiziosi del mondo, anche se sia vero che parte di essi glieli suggerissero gli inglesi che lo avevano fatto re e si servivano di lui per 1 loro disegni nel Medio Oriente. E cosi poteva corrispondere all'interesse britannico la aspirazione che egli aveva di diventare re della grande Sirla; e quel suo disegno di costituire un'unione dei Paesi arabi Insieme alla Palestina e alla Turchia, di cui era venuto recentemente a parlare ad Ankara. Ma non credo che c'entrassero gli inglesi in quel suo grande ultimo sogno che era quello di far la guerra all'usurpatore Ibn Saud, e batterlo con il suo esercito modernissimo ed agguerrito, la famosa legione araba di Transgiordania, agli ordini del leggendario inglese Glubb Pascià, un Lawrence più vero e maggiore, come dicono quelli che lo conoscono bene. Mi raccontavano ad Amman che cinque volte al giorno, genuflettendosi per le preghiere quotidiane comandate dal rito, Abdullah chiedeva ad Allah suo Padrone celeste (Abdallah significa letteralmente «servo di Allah») di rimettergli la spada invitta in pugno e scacciare dall'Hegiaz Ibn Saud e tornare vittorioso alla Mecca. La casa nel deserto Ricordo il giorno che lo andai a trovare. Avevo cercato di lui ad Amman e non c'era. Sta nel deserto, mi dissero; e mi fecero una patetica descrizione di questo re del deserto, beduino nell'anima, vero re di una nazione di cui non si conosce il numero degli abitanti, e per tre quarti sono nomadi; un uomo di semplice vita che ama 1 vasti orizzonti chiusi dagli ingannevoli miraggi, e la notte seduto sulla soglia della tenda improvvisa versi alla luna pendula sulla vuota immensità. Bella pittoresca descrizione, che sa tuttavia un po' di propaganda. Per sua educazione il re era un uomo raffinato, allevato e cresciuto nella città assai più europea che orientale di Istanbul; frequentava le biblioteche e 1 circoli dei dotti, fu deputato alla Camera turca, parlava benissimo il turco ed un arabo letterario, raffinatissimo, si che non bastavano i soliti interpreti per parlare con lui, ce ne voleva uno che sapesse di lettere; andò in visibilio una volta che capitò ad Amman il medico italiano Sarnelli, un arabista, e fece una conferenza nell'arabo del Corano; re Abdallah lo ascoltava con gli occhi lucidi, dopo la conferenza diceva: «Avete sentito come ha IEIllllllllIDMMIIlIlliMllllllllllllllllIllllllllllllIIIIL dtrsMlmnetnudppndtTisgctmusdplznsinnpL e , à e , o o ò e h a o el a uo oi, di ni di li ne he e eo o o rsi iinnonlo ro nlo niti. on iE o. on adi to in nrio nosona si rila nel la anco ea ? ari¬ detto quella frase, avete sentito che ha adoperato la tale rarissima parola? ». Nel fondo di quella depressione che circonda il Mar Morto, a poca distanza dal villaggio di Sciunit che è il primo paese che si incontra venendo dal Giordano, il re si era fatto costruire una casetta di campagna a un solo piano terreno, due ali riunite da una veranda, in un anfiteatro di marne screpolate, in una pianura lucida di sale con poca erba che beccano capre nere, accanto ad una macchia di nere tende beduine. Ci ricevette (ero con un altro giornalista e con il dottor Tesiò che faceva da interprete) in un salottino messo all'inglese che aveva l'aria di un alberghetto da veek-end nel Sussex, con certi mobiletti leggeri, tanto leggeri che a un certo momento ruppi il bracciolo di un divanetto e mi sentii addosso i suoi occhi vivissimi carichi di rimprovero, per la prima e per l'ultima volta vidi alterarsi la placida immobile compostezza del suo volto. Era un uomo nè alto nè basso, con una discreta pinguedine accentuata iaXVabaye, un lungo manto fino ai piedi di tenero color cannella; una foggia religiosa propria dei santoni della Mecca. La barba che negli anni della maturità portava nerissima e lunga, era ora un pizzetto grigio, da professore o da diplomatico. Non ricordo più le cose che mi disse, e del resto le domande erano legate a fatti contingenti, si era ancora alla vigilia della guerra con la Palestina, rispondeva con molta reticenza alle nostre domande su quella faccenda: « Perchè, — ci domandava — avete di queste curiosità? E' un problema cosi da poco, che risolveremo da noi, alla buona, se ci lascerete fare ». Ma ricordo benissimo l'attenzione con cui ascoltava le nostre domande, tenendo fissi gli occhi addosso a noi o all'interprete, come per scoprire il nostro vero pensiero dietro 11 suono delle parole, e risento ancora quel suo linguaggio sonoro e ben modulato, nel quale l'interprete ritrovava con delizia (ma non sapeva poi come fare a renderle nel nostro linguaggio di tutti 1 giorni) preziose espressioni del Corano. Mal un atteggiamento di tedio, o quell'aria che troppo spesso prendono i personaggi ufficiali intervistati, di sottoporsi a malavoglia ad uno sgradito dovere. Notò a un certo momento che il mio collega, fumando una sigaretta, teneva in mano il portacenere; e allora si alzò a mezzo per avvicinargli un tavolinetto su cui potepse deporre il portacenere. E un'altra cosa rammento. La soddisfazione con cui si vantava d'aver fatto della Transgiordania uno Stato solido e stabile, e il senso di regalità che aveva, questo re che era tale solo per grazia degli inglesi e soltanto da poco più di due anni. (Un giorno uno di quegli inglesi dell'/nteHijrence Service che parlan l'arabo come gli arabi, gli ripetè una barzelletta che era venuta di moda in quegli anni: « Fra i re di fiori, di picche, di quadri e di cuori». Ma Abdallah, come la regina Vittoria, teas not amused. Se gli inglesi lo avevano fatto re, non dovevano andargli a dire che il suo regno era caduco). CI disse dunque congedandoci: « I re sono necessari ad un Paese che voglia ordine e tranquillità. E questo io voglio, nel mio regno, e credo di averlo ottenuto, ordine e tranquillità». el Viaggio mancato Arrivato ad Ankara alla fine di maggio di quest'anno, trovai che re Abdallah ne era appena ripartito, e tutti ne parlavano. L'avevano trovato più ambizioso che mai, intrigante, ciarliero, sempre ans'oso di provare sulla gente il suo fascino che era grande, sempre attento a dir Te cose che più potevano piacere agli interlocutori. Erano i giorni che i turchi aspettavano ancora una risposta alla loro domanda di essere ammessi al Patto Atlantico e la risposta non veniva; c'era in giro un'aria di depressione, di amarezza, di risentimento verso le Potenze occidentali. Qualche uomo politico diceva addirittura che se le Potenze occidentali avessero continuato a trascurar la Turchia, la Turchia avrebbe rafforzato i suoi contatti con i Paesi arabi fino al Pakistan per una politica di neutralità. E Abdallah lusingava quei progetti, e chiedeva in cambio aiuto, o almeno comprensione per i suoi disegni sulla Siria, « dove la situazione è delicata — diceva ammiccando — e bisogna mettervi ordine ». Bisogna dire che i turchi, accorti quanto lui, lasciavano cadere tutte le allusioni. Era sua intenzione, lasciando la Turchia, di venire a passare qualche giorno in Italia. Ma gli giunse improvvisa la notizia che il suo figlio maggiore, l'emiro Talal, aveva tentato di uccidere la moglie era uscito in escandescenze, in frasi ingiuriose verso l'Inghilterra dopo di che i medici lo avevano spedito in una casa di cura. Allora il re, che secondo la stampa turca aveva accolto questa notizia « con vera indifferenza senile », decise di rinunciare u.1 viaggio in Italia e tornò ad Amman. Questa faccenda dell'emiro Talal spiega perchè la reggenza dello Stato è stato affidata al figlio secondogenito del re, l'emiro Naif. Vedete come vanno le cose nella vita. Se l'emiro Talal non gli dava volta il cervello re Abdallah se la pigliava comoda, sarebbe venuto in Italia, e oggi sarebbe forse a Capri o a Taormina più vivo e vegeto e traffichino che mai. Paolo Monelli