Sul "terrazzo della pace perpetua,, riprese le trattative per la tregua

Sul "terrazzo della pace perpetua,, riprese le trattative per la tregua IL NOSTRO INVIATO SPECIALE A KAESONG Sul "terrazzo della pace perpetua,, riprese le trattative per la tregua La («sa delle geishe luogo dell'incontro - L'impeccabile divisa del generale comunista Nani II (Nostro servigio speciale) Kaesong, 16 luglio. Non c'è più sbarramento sulle strade di Kaesong, agli avamposti delle tre capanne; non ci sono più le guardie armate, non c'è più truppa; la strada si è aperta come per incanto dinanzi al nostro convoglio e al nostro camion di venti giornalisti. « Se volete far rinire la guerra, cominciate a farla finita con quei vostri sistemi », ha detto ieri l'altro Rideway. « Certo! », han risposto i comunisti, « noi non chiediamo di meglio che continuare la conferenza e creare una zona neutra». Si capisce! Ora hanno già segnato il primo punto al quale tenevano: poter dire a tutta la Cina, con tanto di fotografie come prova, che si sono visti gli uomini bianchi presentarsi a Kaesong sotto la protezione della bandiera bianca. La « Casa delle Nazioni Unite », riservata alla nostra de legazione è un ex-stabilimento di bagni che ha l'aspetto d'una villa di sobborgo. La casa della conferenza è un ex-ristorante di lusso. Si chiamava « La casa della fenice », ed i suoi giardinetti di salici e di acacie, che nascondono ai nostri occhi la città sottostante servivano ai festini dei coreani allietati dal riso delle « kisan », le geishe della Corea. « 396 Corea Street » era un indirizzo buono all'epoca della bella vita. Siamo arrivati qui molto discretamente, guidati da una jeep russa dopo aver percorso una strada remota attraverso sobborghi poveri, sporchi, non troppo distrutti, e siamo giunti dalla parte di dietro, dove i giardini delle feste di un tempo salgono a terrazze successive ancora seminate di fiori sotto le ombre di vecchi alberi, fino alla « Casa della fenice ». Ma gli occupanti sono meno simpatici del posto. Dinanzi alla casa della conferenza, dal tetto leggermente cornuto agli angoli, con una specie di pergola e alti portoni di legno, siamo mescolati a un gruppo composto in apparenza di nostri colleghi comunisti. In divisa e armati fino ai denti di macchine fotografiche. Il primo contatto è piuttosto ostile, freddo. Intorno alla casa dove la conferenza è ricominciata poco dopo le ore 14 non si ha nulla da fare e ci mitragliamo a vicenda con gli apparecchi. Anche i comunisti hanno le « Leica », le « Rolleifiex » e altre macchine di ogni marca comprese le russe. Qualche tentativo di fraternizzazione si urta contro un muro: « Non faccia domande » si sente rispondere in ingle se un giornalista americano. « Specie di giapponese! », si sente dire un interprete sud coreano. Il giornalista della Cina nazionalista che appartiene al nostro gruppo è preso di mira dai fotografi cinesi, ringhiosi, che tengono visibilmen- te a conservare il suo ritratto ad ogni buon fine. E l'interessato sembra piuttosto preoccupato. Alla fine si riesce tuttavia a scambiare qualche rara parola. E si apprende che nelle conversazioni gli americani vengono designati con una espressione che l'interprete imbarazzato dichiara intraducibile in inglese. Un sud coreano r.conosce una donna giornalista che un tempo lavorava per la Corea del sud e porta ora l'uniforme di quella del nord. Le chiede: ■•. Da che parte si sta meglio? » Ed essa risponde con disprezzo: « E non lo sai ancora ? ». Ma le domande che essa ci fa sono assai strane. Crede fermamente che l'aviazione cine-coreana sia padrona del cielo sopra la Corea del sud e sparga il terrore fra i partigiani di Sigman Ree. Di fronte all'ammiraglio Joy si trova il generale Nam-Il, uomo di una quarantina di anni, alto, robusto, vestito con una impeccabile uniforme grigio-verde da generale nordcoreano, spallina d'oro adorne di tre stelle bianche, cinturone e stivali neri. Molto russo di aspetto. Del resto ha combattuto nell'esercito rosso a Stalingrado come capitano, a quanto ci è stato detto. Alla sua destra stanno Hsieh e Tang, generali cinesi, colla testa rapata, la divisa stinta senza distintivi. Alla sua sinistra ha i generali nord-coreani Lee e Ciang le cui tenute, adorne come quella di Nam-Il, contrastano con quelle dei colleglli cinesi. La duplice traduzione in coreano e in cinese interrompe ogni frase dei delegati americani. Nam-Il colle labbra strette in un viso da luna piena ascolta, attento, picchia nervosamente sul tappeto col lapis, prende appunti. A ogni sospensione di seduta i comunisti si allontanano per andare a deliberare in un villino vicino dal tetto di pagoda sbrecciato da un obice. Un giornalista inglese che ha vissuto in Europa centrale osserva indicando i cinesi: «Sono i soli a non mostrare sulla uniforme la minima traccia di influenza russa. In tutti 1 paesi satelliti anche le uniformi sono russificate ». Uno dei nostri delegati ci ha detto, uscendo, che siamo ancora alla prefazione. Si discute sempre sull'ordine del giorno. La « Casa della fenice » ha l'aria di esse¬ re una lontana replica del palazzo rosa di Parigi. Fra poco i giornalisti, avviliti, lasceranno partire a vuoto il camion della stampa sulla strada di Kaesong senza rivedere il grazioso angolo dove nulla ricorda la guerra vicina. Hanno perfino appeso, sotto il tetto cornuto di un villino, all'esterno, rotoli dipinti che mostrano scene bucoliche oppure montagne popolate di savi eremiti. Un poema scritto con bella calligrafia e a caratteri svolazzanti canta il chiaro di luna dell'autunno che brilla sopra il tetto. Una vecchia stele guarda i giardini abbandonati che scendono fino allo stagno dal quale emergono fiori di loto, e il villino « da the » reca geroglifici incisi che dicono: « Questa è la terrazza della pace perpetua ». Potesse almeno diventare la terrazza della treguaRobert Guillain Copyright de « La Stampa ». La prima fotografia giunta In Europa del gen. Nam II, capo della delegazione cino-nordlsta a Kaesong (Telef.)

Persone citate: Ciang, Hsieh, Sigman

Luoghi citati: Cina, Corea Del Sud, Europa, Kaesong, Parigi, Stalingrado