L'umanista scanzonato di Paolo Monelli

L'umanista scanzonato COSE DELLA VECCHIA TURCHIA L'umanista scanzonato (Dal nostro inviato speciale.' Ankara, luglio. II deputato S. ci aveva invitati a cena, B. e me, a casa sua. Ma quando seppe che prima B. voleva portarmi a vedere il tempi" di Augusto e le terme romane, volle venire anche lui. « B. è trop po romantico, mi disse, guai se Lei si contenta di vedere la Turchia traverso i suoi occhi». (In realtà B. e un levantino di Smirne, naturalizzato hritannico; min è romanticismo il suo, è nostalgia della cultura occidentale) Andammo a prendere S. con la macchina, ci aspettava sul terrazzino, al secondo piano d'una casa di appartamenti, pingue, scamiciato, grondante sudore. (Er* certo effetto del sudore la luce che s'irradiava dal suo faccione tremolante nell'aria come riflesso di miraggio). Ci sventolò un saluto con il ventaglio. Scese, rivestito di una giacchetta bianca, si issò a fatica nella vettura, disse: «Queste cose romane a me non interessano ». Tre ragazzini sulla soglia del la casa ci guardavano con tondi occhi chiari. « Ha notato, mi disse S., i capelli e gli occhi di quei ragazzini? Ankara non è mai stata una città romana. Era la capi tale dei gàlati, ossia dei galli tcttòsagi; quei celti venuti per lungo cammino qui in Asia Minore per regalarci questi rampolli dai capelli biondi e gli occhi azzurri ». Il deputato S. parla l'italiano, il tedesco, l'inglese; ma meglio di tutto il francese, un francese compiaciuto, accuratissimo, pignolissimo, alla Anatole France; come avrebbe detto Anatole France, di una colonna romana abbattuta disse che era consternée. Avendo io usato un aggettivo francese in senso improprio, mi corresse. Discusse con B. di minuzie filologiche in latino ed in greco. Sarebbe stato naturale che un tipo così portasse interesse alle cose antiche. Invece, non osando prendersela direttamente con me, canzonava l'entusiasmo di B. davanti al tempio di Augusto; e andando intorno fatica per quei sassi, così pingue sui piedi piccolissimi, continua va a dire che sarebbe stato molto meglio che Hagi Bayram, il san tone che tornato dalla Mecca il secolo XVII aveva costruito que sta moschea addossandola all'edificio romano, buttandone giù mezzo fianco per utilizzarne le pietre, sarebbe stato meglio che l'avesse demolita del rutto. < Que ste rovine non dicono niente al popolo, non dicono niente a noi ci sono estranee e incomprensi bili ». Sotto il suo sguardo scettico mi vergognavo della commozione che mi davano quei resti, cosi remoti, così spaesati, in un quartiere di casupole di legno colorato col piano di sopra sporto sui travicelli leggeri e grate fitte alle finestre; e un minareto addossato alla parete; e nel fondo alcune tombe musulmane. Sorgevano i due fianchi potenti (il muro sud sbocco..~?'iato dal guasto fatto dal santone) e la porta intatta, di perfette proporzioni, di un dolce colore di miele nel sole basso che colorava d'oro e d'ametista la landa intorno; una rovina, ma solidissima nelle parti rimaste, con pietre-ben connesse, sulle quali i caratteri che riproducono il testamento di Augusto, nel testo latino e greco, sono quasi tutti chiarissimamente leggibili. Che proprio qui, nel cuore dell'Asia Minore, fra gente di consuetudini così diverse, mi fosse dato di leggere quelle parole altere e solenni, quell'annuncio di pax romana, in questo tempo che la pace è più sogno che realtà, ed è piuttosto pretesto polemico e pericoloso motivo di contrasto fra Occidente ed Oriente, « vietar omnibus superstitibus civibus peperei, externas gentes quibus tuto ignosci potuit conservare qitam excidere maini..., vincitore risparmiai la vita a tutti i-cittadi ni superstiti, i popoli stranieri ai quali si potè senza pericolo perdonare preferii conservare che sterminare » — questo mi dava commozione, ma non volevo farglielo capire all'umanista scanzonato, preferivo fargli credere che mi davo maggior premura, affaccendandomi con la macchina fotografica, delle cicogne che hanno il nido sulla cornice dei muri — Non tema, — mi disse poi quando manifestai il sospetto che potesse venire un altro santone a buttar giù il resto dell'edifìcio — non tema; il tempio è ormai intangibile per quel cimitero musulmano che gli hanno messo addosso e per questi nidi di cicogne. Nessun turco oserebbe mai distruggere il nido di una cicogna. Sono uccelli sacri, e portano fortuna. — Poi è interesse dei vostri dotti che questi tari avanzi del tempo romano siano conservati. — Che dotti, che dotti. Non esistono i dotti come classe. C'è qualche raro dotto, e generalmente ci se ne accorge dopo che è morto. Quelli che chiamiamo professori e dotti sono persone • che declamano pappagallescamente da una cattedra certi precetti perchè gli studenti li imparino a pappagallo anche loro, fin che non abbiano preso la laurea e se li possano dimenticare, La sera si spegneva lentamente sulle colonne abbattute ed i fregi sparsi delle terme romane in un anfiteatro di remote ondulazioni nitide e nude, quando ci mettemmo per via per andare a casa di S. Un "appartamentino angusto, afoso, una stanza divisa da un arco in due parti in una delle quali contro il sofà era preparata una tavola rotonda, una cameretta da letto, un buchetto d'anticamera, una cucinetta; stanze gremite di mobili di seggiole di trechte grmacadipdisdrrasegniradivagimnatounprvipunedacicebimnopeimlastdeintariràauustlelolebubsicintae peilmtasrsaaadccrsmclAi(act2dmbudsgpInbrscpusvczdambccaeosobft ù e e l o i di poltrone di vasi di sgabelli di trespoli a cui erano appese giacchette e vesti da camera; ricoperte le pareti di stampe, di fotografie, di quadri, d'incisioni, dimaioliche incorniciate, di saggi calligrafici in caratteri arabi, di diplomi; attaccati con puntine da disegno ritagli di giornali, un quadro di un francese del Settecento rappresentante un sultano, un disegno di Paolo Caccia Dominioni; una quantità di fotografie di ragazze nude o vestite, in mutandine e reggipetto o senza, di giovanetti seminudi, alternate a pagine colorate di giornali galanti; molti nudi erano della stessa donna, una tardonciona popputa fotografata di fronte e di fianco, una francese, a giudicare dalle prolisse dediche. « Je suis un vieux cclibataire », ammicca il deputato S. come per darmi ragione di quella pinacoteca. Mi porta davanti ad una scritta in intrecciati caratteri arabi, me la traduce. Mi scappa detto che probabilmente per un turco che abbia meno di trent'anni quei segni sono tanto incomprensibili come per me. S. s'accende di sdegno improvviso, picchia il pugno sul la tavola, comincia ad urlare. — Tutto il nostro passato distrutto per un assurdo stupido decreto. E' furioso. B. mi fa cenno che insista, si diverte a quella sfuria ta. Domando: «E adesso con la riforma dell'ortografia chi leggerà più i vostri vecchi libri, gli autori del passato? ». La collera di S. si spegne 1: un'amara ironia. — Poco male. Verranno gli studenti di Oxford e di Lipsia a leggerli, ce li faremo tradurre da loro. Atatiirk doveva capire che le leggi non nascono nell'incu batrice di una biblioteca dagli umori di qualche erudito, ma deb bono uscire da una reale necessità. Un popolo come il turco che viveva in spensierata miseria, in serena povertà, al modo orien tale, confortato dalla più comoda e consolante delle religioni, non può adottare un sistema di vita europeo se non ha dentro di sè il desiderio, anzi il bisogno di mutare consuetudini. I nostri con tadini erano poveri, analfabeti, semplici, ma felici. 0 almeno se reni. Adesso ne facciamo dei mi serabili, quando vengono sotto le armi li obblighiamo a imparare a leggere e scrivere, li mandiamo a fare la guerra in Corea, quan do torneranno al loro paese da congedati saranno dei malinconici spostati. L'altro.giorno ho visto passa re per il Corso della Repubblica i soldati che vanno in Corea a colmare i vuoti del contingente turco (5000 uomini che si sono bat fdtcl•tacptavittluiiimmiiiiiiiMMiiiiiiMiiiiiiiimiiiiMiit im è , e e o a i futi benissimo, ed hanno avuto il dicembre scorso piò di un quinto fra morti e feriti). Dico a S. che mi ha colpito l'aria ciondolo!'» dei partenti; e le facce tristi •:he avevano. — Questo non vuol dir iiiente. Il turco ha sempre la faccia accigliata, per sua natura. La faccia severa del conquistatore e del padrone. Non partivano con entusiasmo; ma non sono nemmeno avviliti per questo. Lei avrà riso vedendo che i giornali chiamano i nostri soldati eroi prima ancora che siano arrivati al fronte. La partenza dei nostri eroi per la Corea. Ebbene, Lei ha torto, il soldato turco è coraggioso per sua natura, è già eroe in potenza il primo giorno che gli mettono l'uniforme. Il deputato S. è definito dai suoi colleghi con un'espressione che corrisponde al nostro « ha stian contrario ». E così ha più sosftgmtlaaiacSltlqftbrmtknemici che ammiratori; ed è un speccato, lo avrebbero già fatti ministro con un altro carattere. Beviamo rakì con un'insalata di uova e maionese; poi viene in tavola una tacchina arrosto succulentissima, servita da un giovinetto col petto nudo e gli occhi bistrati che è il cuoco, il cameriere, il factotum, ed al quale S. largisce in pari misura complimenti e scappellotti. Per mezz'ora S. non parla più, intento a spolpare la tacchina, attento che le facciamo onore anche noi. Poi s'abbandona sulla spalliera del sofà e riprende il discorso al punto preciso a cui l'aveva interrotto. Le cose bisogna lasciarle stare come sono sempre state, poiché avevano una loro ragione di essere così. Il progresso è una cosa ragionevole perchè non facit saltus. Ma questa capricciosa modernizzazione, altro che salti che ha fatto. Atatùrk non era un turco d'Asia; aveva già addosso il mal d'Europa, nato a Salonic co di famiglia albanese E cosi nacque da genitori albanesi a Ca vaia in Macedonia Mohàmmed AH, quello sconsigliato che predicò l'occidentalismo agli egiziani e di felici che erano ne ha fatto dei nevrastenici. Nessun turco vero aspirerebbe a europeizzare il paese. Guardi me, sono stato a Berlino e a Parigi, parlo le vostre lingue, conosco la vostra cultura, vado sempre volentieri a Parigi a Londra e Roma appunto perchè sono europee e diverse; ma quando torno a casa voglio ritrovare la mia gente, con il suo modo di vivere, i suoi gusti, la sua lingua. E' vero che adesso gli stanno guastando anche questa, con il purismo e i neologismi, merde*. S., aizzato da un buon vino ros- pgdimimmiimiiiiitiMiimiimiiiiiimiimiimiiii so che si fa su queste colline e si chiama kavaklidere esce in una filippica contro le riforme di Atatiirk, contro la politica estera del governo, contro tutto e tutti. E dopo avere mendicato sei mesi l'ammissione al Patto Atlantico gli potrebbe anche capitare la iattura che la domanda fosse accolta. Fortuna che ci sono gli islandesi. Lei sa che per essere ammessi alla comunità atlantica ci vuole l'unanimità di tutti gli Stati che già ne fanno parte. Ora l'anno 1534 una fusta di pirati turchi arrivò fin sulle coste dell'Islanda e rapì una trentina di quelle donzelle. Gli islandesi sof frono ancora dell'oltraggio, quattrocento anni dopo, e hanno stabilito che la Turchia non entrerà nel Patto Atlantico. Beva con me a quei bravi pirati e a quelle trenta ragazze di pura razza vi kinga. Forse quei bambini che stavano sulla soglia di casa questo pomeriggio non discendono dai galli tettòsagi, ma da quelle islandesone bionde. Paolo Monelli 'imMimiininmiimmiinniiiiimiiiiiiiiimiii

Persone citate: Anatole France, Della Vecchia, Hagi Bayram, Paolo Caccia Dominioni