Grida e passione di follia di Enrico Emanuelli

Grida e passione di follia PER CAPIRE CHE COSA E» CSA CORRIDA Grida e passione di follia Sapore di sangue, colore di morte, brividi - Dopo Io spettacolo ci si sente un po' stanchi, con un velo d'angoscia - Ma se i due protagonisti, l'uomo e il toro, nel giuocarsi la vita cercano di barare, allora il pubblico insorge, urla e fischia • La tragedia di Linares: come Manolete tu ucciso (Dal nostro inviato speciale) Siviglia, giugno. A Siviglia andammo a vedere un'altra corrida, che risultò appena passabile. Altrove avrebbe magari trovato qualche applauso, ma nella plaza sivigliana noti era possibile. Don José OHvcira, che mi accompagnava, mi disse: < Questo è il pubblico spagnuolo più difficile ed i matadores là sanno. Conta di più un mezzo trionfo a Siviglia che non un trionfo a Madrid ». Press'a poco mi avevano detto la stessa cosa, due settimane prima, a Madrid: < Un successo nella nostra plaza, nella catedral del toreo, vale per tutta la Spagna b per il Messico ». Ma ricordo che a Valencia un bagarino aveva sentenziato: « Lei non sciupa il suo danaro perchè soltanto la nostra plaza rende celebre un torero ». Pietà e ipocrisia Quel pomeriggio, a Siviglia, il quarto toro si fermò in mezzo all'arena e con le zampe cominciò a raspare sulla sabbia. Allora il ciclo si riempì di fischi, molti spettatori s'alzarono in -piedi e questi ultimi, in piedi, potevano essere cinquemila. Erano loro che alternavano i fischi agli urli. Noi stavamo ai posti in ombra e quella massa delirante ci era di fronte, nei posti meno costosi e là il sole, ancora caldo e forte, picchiava da un'ora. Mi chinai verso don José OHveira e gli dissi, leggermente impacciato, come succede quando si ha la sensazione di dire una sciocchezza eppure non IMIIIIItlllItllllllllllllItllllIMlllllllllIflHIIIMIII IIIIIIIIIIIIIItlItlllllllllllllllllllltinillllllllllllllllllllci si può frenare dal dirla: c Ma vale la pena di fischiare e di urlare tanto contro una bestia t ». Don José Oliveira rispose che anch'io ero come tutti gli stranieri e che probabilmente non capivo che cos'era una corrida, c Anche lei — aggiunse seccato — crede di mostrarsi sensibile parteggiando per il toro. Con ipocrisia si impietosisce per il toro, come se nel suo Paese non ci fossero cacciatori che ammazzano gli uccellini. Ci sono anche certuni che vanno a vedere come muoiono i piccioni, in quelle gare sportive che chiamate tiro al piccione. Che schifo ». Intanto era sonata la tromba per la terza fase del combattimento, ed il matador si era messo di fronte al toro restìo, cercando di smuoverlo con la muleta. Non c'era niente da fare; allora, per provocarlo, si buttò in ginocchio e rimase ad aspettare. C\ fu una nuova esplosione di fischi e don José, avendo capito che non capivo, mi disse: *Guardi che non fischiano più l'animale, ma il torero ». Domandai perchè. Mi rispose: <Met tersi in ginocchio con un toro come quello, può essere gesto stupidamente inutile o stupidamente pericoloso. Il pubblico fischia simile stupidaggine, che non dà emozione ». Non so se gli appassionati di Sii>iglia siano troppo esigenti oppure capaci di giudicare svelto e con acutezza quel che vedono nell'arena. Ad ogni modo un vero pubblico di competenti deve essere deciso a comportarsi co¬ lItlllllllllllllllllllllllIflIllllllllllllllllItlllllllIll me questi imparziali fischiatori sivigliani, oppure fare il contrario se ne ivale la pena. Molte volte ho visto applaudire il toro e rimanere calmi per il torero; altre volte ho visto applaudire il torero e brontolare sul toro, anche dopo che era morto, una carcassa nera che scivolava via sulla sabbia dell'arena; altre ancora ho visto applaudire entrambi. Non è crudeltà simile altalena di rapide simpatie ed antipatie dimostra che la recita non è fatta soltanto dal matador e per il matador o soltanto dal toro e per il loro, ma che i due protagonisti devono cooperare vicendevolmente, intendersi, legarsi ed infine l'uno soccombere e l'altr.q vincere rispettando tutte "te regole del giuoco. E si capisce come il pubblico faccia parte di tali regole. In queste recite all'aperto, coinè sono le corride, non c'è finzione: in una tragedia l'attore finge di morire, ma qui se un uomo muore, realmente muore; ed un animale ben vivo, che è l'immagine della forza, di certo muore. La morte è nell'aria e non permette che si partecipi allo spettacolo con indifferenza o con entusiasmo soltanto sportivo, come davanti ad una partita di calcio o di tennis. Lo straniero, che assiste una o due volte a simili recite, può anche sentenziare che il pubblico è crudele. Cosa non vera. Invece di pensare alla crudeltà, di cui non esiste nemmeno l'ombra, bisogna riflettere che la corrida è la trasposizione visiva d'un ffioFio astratto d'intendere drammaticamente, generosamente ed orgogliosamente la vita. Ad un vero appassionato non interessa la morte del toro o del torero, ma unicamente quel che essi rappresentano quando sono di fronte col piacere di giocarsi la vita. L emozione nasce da tale pensiero; e se uno dei due non mostra piacere nel giocarsi la vita e si sottrae, o cerca di barare, allora l'emozione manca e con ragione gli spettatori urlano ei fischiano. Andando a Cordova mi fermai a Linares per vedere l'arena dove un toro Miura di nome Islero uccise il famoso Manuel Rodriguez Sànchez, detto Manolete. I suoi ammiratori sostengono che si è fatto ammazzare esasperato dagli insulti del pubblico di Linares. Qualche mese prima di morire, Manolete era tornato dal Messico carico di danaro; poi si era fidanzato con un'attrice. tNon combatte più — diceva la gente — adesso vuole godersi la vita*. Si racconta che qualche cosa di simile gli fu gridato parecchie volte, mentre combatteva il quinto toro durante la corrida del s7 agosto Ì9.j7 cfì egli volle dimostrare con impazienza e con nervosismo che non si meritava quella malignità. A Linares tutti negano simile versione della sciagura ed a loro difesa mostrano una rara fotografia. In essa si vede Manolete spingere la spada lentamente tra le scapole del toro, e distacca poco il piede destro da terra ed insiste nel restare di fronte, senza abbandonare l'elsa: cosi il corno di Islero gli entrò nell'inguine, fece da perno ed egli cadde con la testa all'ingiù. La brutta e piccola arena di Linares è famosa tra gli appassionati. Sorge a ridosso d'un magro e disordinato giardino pubblico, di fronte ad una collina brulla ed all'esterno i muri sono così tetri che sembrano d'una prigione. Chi mi raccontò e mi fece vedere dov'era avvenuta la sciagura, ad un tratto disse: <Il pubblico di Linares non ha colpa; piuttosto, per essere sincero, le dirò che la colpa è di una donna, quell'attrice che doveva sposare ». E per farmi capire che vi era un rapporto fra quella donna ed i nervi di Manolete, aggiunse con un sospiro: < Entrò a matar con lentitud ». Probabilmente sono tutte storie, falsa l'una e falsa l'altra, Manolete torcala con coraggio e morì. Egli non era un camolo. come in gergo si chiama chi finge di combattere il toro molto da uicino. Un gusto plateale del camelo è di mettersi, appena muso e corna dell'animale sono passate, sulla punia ilei piedi, inarcare le reni, buttale acanti la pancia di modo che sfiori e quasi scivoli lungo il fianco del toro. Agli incompetenti può dare un brivido; agli intenditori strappa un fischio. A me spiace di non aver visto Martin Perez Vasquez, che il marchese di Villamarta ritiene oggi il migliare matador spagnuolo. < E' l'unico — mi diceva con entusiasmo. — che non adoperi mai un rugano, un f/ffidiu; mai un adorno, un trucco. E' l'unico che ci manda a casa senza fiato e stanchi ». Bottiglie di cognac In realtà un'ottima corrida lascia leggermente stanchi. A Madrid, durante la feria d' San Isidro del mese scorso, ho assistito ad una corrida eccezionale. Ce ne furono sei in sei giorni e la quinta fu la migliore. C'erano ventimila spettatori, un buon posto di barrerà si pagava duemila lire. I tori erano combattivi ed i tre matadores, senza ricorrere 1 trucchi, diedero molte emo¬ zioni. Tutto sembrava svolgersi in uno stato di grazia ed ogni toro fu prima levantado, poi parado, quindi aplomado — cioè giostrato liberamente, poi stancato con te cappe, in^ne intorpidito con la muleta — senza incertezze, cori un ritmo veramente emozionante. Queste emozioni, ripetute molte volte durante due ore, lasciano poi leggermente stanchi e con uno strano sapore nella bocca. Molti spettatori erano venuti con bottiglie di cognac e, passandosi la bottiglia tra di loro, bevevano a canna. Facevano così per rinfrancarsi e per vincere la stanchezza. Non è stanchezza fisica e nemmeno depressione morale, ma l'una e l'altra insieme. Noi non vediamo mai — o raramente — la morte, qualche cosa che muore, il pericolo della morte. Invece lo spagnuolo vede, ogni set-' Umana, tutto ciò assistendo ad una lotta che ha il sapore del sangue, il colore della morte, il brivido del pericolo. Bisogna avere molto equilibrio per resistere a tali emozioni ed ai pensieri che esse suscitano, che sono di morte e che alla fine lasciano un velo d'angoscia. Dilettanti temerari Durante una corrida spesso accade che uno spettatore salti la barrerà, arraffi una cappa e si metta davanti al toro. Chi fa così, e si butta nell'arena come si butterebbe in un fiume, è chiamato un espontaneo ed uno lo vidi a Granada, all'ultimo spettacolo della flesta di questo mese. Era un giovanotto magro e riuscì a sfogarsi per cinque minuti, prima che gli «omini di servizio lo immobtlizzassero consegnandolo alla policia armada. Allora il pubblico gridò che non dovevano portarlo in prigione; ed anche Paco Ortiz, il matador che in quel momento era nell'arena, si unì alle proteste (il giorno dopo t'Ideai, »n quotidiano di Granada, ne parlò a lungo). Assistere ad una corrida non è come vedere una partita di calcio od una corsa ciclistica, dove una squadra vince ed uno arriva primo senza possibilità di discutere l'aritmetica od il cronometro. Assistere ad una corrida vuol dire rimettere sempre in discussione molte cose e deciderle lì per lì, attraverso la voce del pubblico. ' Ci sono molti modi per onorare un matador. Dopo il combattimento gli si può concedere un orecchio del toro ucciso, oppure tutti e due, oppure aggiungervi la coda ed anche una zampa. Per regola è il presidente della corrida che decide; ma egli segue le indicazioni del pubblico. E l'entusiasmo lo si manifesta con precise sfumature. Si battono le mani, si agitano i fazzoletti, si butta nell'arena il cappello, la giacca, la bota che è una fiasca di pelle piena di vino, si richiedono un giro, o due, o tre; ed infine, se ci sono gli scalmanati, il torero viene preso sulle spalle e ricondotto cosi all'albergo. Sono tutte cose che avvengono nell'eccitazione. Ma dopo la corrida, quando il pubblico se ne torna via, ho sempre visto gente silenziosa, frettolosa, come fedeli di un rito intruppatati nei pensieri che quel rito aveva suscitato. I miei amici spaglinoli mi deridevano quando dicevo loro che io vedevo a questo modo il pubblico delle corride; ed un giorno a Villamarta dissi che negli occhi di tutti gli spettatori mi pareva di leggere una frase che avevo visto sull'ingresso d'un cimfterino di campagna, oltre Jerez de la Frontera, verso Puerto Santa Maria. C'era scritto: < Oggi a me, domani a te ». Enrico Emanuelli