L'UOMO SACCHI svelato dai suoi scritti di Francesco Argenta

L'UOMO SACCHI svelato dai suoi scritti LA TRAGEDIA BELLENTANI L'UOMO SACCHI svelato dai suoi scritti 1. Carlo Sacchi, la vittima della tragea.a di Villa d'Este, presagiva il pericolo che incombeva su di lui, la sorte crudele che gli sarebbe toccata? Alle due meno dieci... « Tira aria brutta, per me, questa sera », aveva detto invitando la signora Franca Tremolada Torricelli a ballare. E nel giro di dama, compiuto senza verve, quasi come un automa, alla signora che lo andava interrogando sulle ragioni della sua inquietudine, aveva spiegato: — JVfi hanno detto che alle due meno dieci avrò cessato di vivereIncredula e curiosa, allarmata e sgomenta, la signora aveva insistito: — Ma che dice? Chi èT... — Una che è qui, non posso farne il nome... — avevo soggiunto, evasivo, il Sacchi. E, compiuto il giro di danza, aveva riaccompagnato la dama al suo posto, senza aggiungere altro. Era la mezzanotte. Meno di due ore dopo Carlo Sacchi s'abbatteva al suolo, folgorato dalla rivoltellata esplosa da Pia Bellentani. Il proiettile — uno solo era partito dall'arma sotto la pressione convulsa della sparatrice — gli aveva perforato il cuore, si era annidato, dopo un brevissimo tramite, quasi fosse spoglio di forza viva, nonostante la brevissima distanza a cui era stato esploso, nel lobo anteriore del polmone destro. La morte era sopravvenuta immediata. Ora, delle parole dette dal Sacchi alla signora Tremolada — presagio o annuncio che fosse — non c'è altra eco in tutta la selva delle testimonianze emananti dalle persone che furono spettatrici del dramma. Il Sacchi era inquieto quella sera, assai meno scanzonato del solito: tutti concordano nell'attestarlo, ma con nessun'altra persona, fuori che colla Signora Tremolada, egli aveva accennato al pericolo che gli incombeva, alla sorte che doveva toccargli. Senonchè c'è un episodio, o, per meglio dire, una fra le disposizioni che rientrano fra le cosiddette « ultime volontà » del Sacchi, che sembra offrire la riprova del presagio che egli aveva manifestato circa la propria fine imminente. Tre buste gialle Allorché, svoltisi i funerali e sbrigate le pratiche più urgenti della successione, la famiglia incaricò un amico del de cujus, il signor Pier Augusto Faustinelli, di esaminare tutte le carte esistenti nello studio dello scomparso e di distruggere quelle che avevano un carattere « riservato e personale », vennero fuori dai cassetti due grandi buste gialle su cui era scritto, di pugno del Sacchi, in caratteri di estrema evidenza, bruciare in caso di morte. La volontà del Sacchi fu rispettata: le due buste, grandi e gonfie, furono incenerite alla presenza della sorella e del cognato del de cujus. Ma una terza busta, gialla grande e gonfia anche questa, sbucò dai cassetti. E la scrìtta apposta su di essa, ancora dalla mano del Sacchi, lasciava interdetti: privata, diceva. Fu aperta e si constatò che conteneva una miscellanea di lettere femminili: un groviglio epistolare, in cui le invocazioni si intrecciavano alle recriminaz oni, le dichiarazioni d'amore agli anatemi. V'erano fra esse — e molte recavano la stessa data, drammatica e postuma attestazione di un pasticcio amatorio che non conosceva confini nello spazio e nel tempo, ma neppure nell'ambito delle classi sociali! — anche talune delle lettere che Pia Bellentani aveva indirizzato negli ultimi tempi all'amante. Il signor Faustinelli, ligio al mandato, avrebbe voluto distruggerle, ma la vedova del Sacchi, la signora Liliana Wilinger, il cui doloroso calvario, in tutti i precedenti e nello scioglimento del dramma, non può non indurre ad un sentimento di infinita pietà, si oppose decisamente. Bruciate le altre, le lettere della Bellentani furono consegnate al patrono della famiglia, l'avv. Ostorero, officiato per la parte ciutie. Potevano essere un'arma per la difesa della memoria dello scomparso. Panloclaslia dell'amore Senonchè, nel frattempo, l'autorità giudiziaria aveva acquisito agli atti — insieme a cinque lettere indirizzate dal Sacchi alla signora Guidi, la bellissima, seppure matura, signora colla quale il Sacchi intratteneva rapporti sin dal '46 e che in un certo momento, ove fossero andate a buon fine le pratiche da lei vagheggiate per il conseguimento del divorzio, si sarebbe accinto a sposare, e colla quale, comunque, usava annualmente trascorrere in amabili soggiorni, larghe parentesi a Capri, Salsomaggiore, Sorrento, eccetera, come è stato dimostrato dalle schedine mandate dagli alberghi alla polizia e regolarmente reperiate dall'autorità giudiziaria — tutto un impensato ed abbondevole materiale che faceva, sinistramente, da pendant all'albo pornografico rinvenuto nella camera che il Sacchi aveva preso in affitto presso la signora Ines Ronchi, a Como, e che egli aveva addobbata fastosamente per accogliervi le eroine delle sue avventure. Si tratta di novantadue fogli comprendenti duecento facciate di minuta e fitta scrittura, piena di mende e di pentimenti, in cui il Sacchi, in S9H9 versi, rimati con estrema libertà in vernacolo comasco, pretende di dar fondo a tutu i problemi dell'amore e di fornire una guida per i più complicati e tenebrosi svaghi amatori. Sono, da anni, in circolazione, da noi, guide sentimentali; Hans Barth, il poeta tedesco fervidamente innamorato del nostro paese, ci ha lasciato una guida delle osterie, ingenua suggestiva e romantica; Carlo Bacchi, ha inteso di offrire, colle sue esercitazioni poetiche, una guida per il libertino che non soggiaccia a scrupoli o a timori nelle sue avventure. E' necessario presentarne un saggio? Ma occorrerà fermarsi alle cose più banali, più' innocenti, tn tutta questa torbida costruzione, che, essendo stata unita agli atti, ha, legittimamente, dato modo ai periti incaricati di indagare sullo stato di mente della Bellentani e sulle condizioni ambientali che l'hanno condotta al delitto, di esprimere un giudizio, di tentare un'esegesi. E il giudiz o dei periti è nettamente esccrativo: si tratta, per parte del Sacchi, di un vero e concreto saggio di pantoclastia morale dell'amore, con propaggini — osservano i periti — lanciate qua. e là a profusione, anche contro analoghi valori della vita, consacrati tutti, singolarmente ed in blocco, al disprezzo. Un comune denominatore Le donne? nessuna stima per alcuna: tutte sono degradate dal Sacchi, attraverso un unico comune denominatore, a semplice e materiale strumento di piacere. Non v'hanno eccezioni e il prezzo che si ha da pagare per la loro conquista varia secondo la loro condizione intellettuale e sociale: « Tu paghi le donne belle come le brutte; - tu le paghi tutte con differente moneta; - quando hai davanti la donna onesta; - tu paghi questa adoperando la persuasione; - con il ragionamento tu compri la virtù; - l'intellettuale l'ottieni pigliandola sul serio... ». E nei S929 versi che compongono il singolare poema non c'è solo un prontuario per rendere conosciute ed agevoli le frodi all'amore, nonché gli artifici atti ad esaltare l'elemento piacere; non c'è solo un tariffario dei mezzi per la conquista di qualsiasi donna e per la determinazione del compenso in rapporto alla varietà delle prestazioni che le sono richieste; c'è, altresì, un quadro panoramico delle peculiarità amatorie di ogni regione, con accenni divagazióni ed apostrofi cariche di crudele ed ingiusto sarcasmo. I professori Saporito e Freda si sono domandati dopo l'esame del documento: « Ma come e dove quest'uomo di affari, i quali, per aver approdato a tanta fortuna, fanno supporre un largo impiego di tempo e di energie, può avere trovato ancora del tempo e delle energie per questo diabolico travaglio ? >. E' certo, per contro, dai saggi che se ne hanno, che il Sacchi non si arrovellava estremamente nella elaborazione delle sue manifestazioni epistolari. Quello che scriveva alla Guidi lo scrìveva anche alla Bellentani; quello che di delicato e squisito trovava nelle lettere indirizzategli dalla Bellentani lo ricopiava, quasi senza varianti, e lo inseriva nelle lettere indirizzate alla Guidi. Quando la Bellentani cercava di staccarsi da lui, egli le scriveva fra il patetico e lo straziato: « ...è come se tu volessi reimmergere nel buio il cieco al quale hai ridonata la vista »; quasi nello stesso torno di tempo, colla Guidi, che gli si rivolgeva più fervida ed affettuosa che mai, così si effondeva: « Dal fondo del pozzo sono risalito alla superficie... ». TI « tuo schiavo » si proclamava scrivendo alla Bellentani; « davanti a te — confessava scrivendo alla Guidi — sono anch'io un cretino, come sono cretini tutti gli uomini innamorati... ». Gli scritti lasciati dal Sacchi e caduti sotto l'esame dei periti, danno, secondo questi, il profilo dell'uomo, della sua figura. Carlo Sacchi andava perennemente in giro, di giorno e di sera, inforcando sul naso sottile delle lenti affumicate. Non si sa se egli dovesse proteggere una banale cronica congiuntivite oppure un'iridite luetica, ma si sa che per le donne che cadevano sul suo cammino, il suo sguardo, anche così schermato, aveva la potenza aggressiva di quello del falco. Egli era sicuramente — lo ammettono i periti — portatore di un pathos: un pathos sorprendente ed eccezionale che si i7npone all'attenzione dello studioso soprattutto da un punto di vista: quello del suo incontro con il pathos di una donna — .Pia Bellentani — particolarmente incline a soggiacervi, drammaticamente votata a subirne la magica e torbida influenza. Francesco Argenta Carlo Sacchi con la moglie Lllian Willinger.

Luoghi citati: Capri, Como, Este, Sorrento