TRA LE QUINTE d'un matrimonio storico

TRA LE QUINTE d'un matrimonio storico Criiiseppina Raimondi e Criiiseppe Garibaldi TRA LE QUINTE d'un matrimonio storico Misteriosamente scomparso dalla parrocchia di Fino Mornasco il registro contenente Tatto nuziale - Il primo incontro della bella diciottenne con Caroli e col generale FINO MORNASCO, gennaio. Quando entriamo in argomento monsignor Caccia, parroco di Fino Mornasco, ci chiede con pronta cortesia: — Desidera vedere gli atti di matrimonio del 1860? —. Sì, monsignore. Al 24 gennaio del 1860. — Venga, venga. E monsignor Caccia si dirige come chi è sicuro del fatto suo e del perfetto ordine del proprio archivio parrocchiale a una cartelliera e ne apre un cassetto sul quale una targa indica: Registri degli atti di matrimonio dall'anno 1791 all'anno 1858 e dall'aiuto 1858 all'anno 1882. Nel cassetto c'è un solo registro, polveroso, sbiadito, quello che ai conchiude col 1858. TI secondo, del periodo successivo, non lo si trova. Monsignor Caccia sussulta, con un gesto di contrarietà, e dice: « impossibile ». Apre ad uno ad uno tutti gli altri cassetti, scruta, fruga, rovista, sempre mormorando quel ritornello: « impossibile, impossibile ». Fruga in altri cassetti, ispeziona la libreria, cerca ovunque perni lo si possa trovare. Il registro che raccoglie gli atti di matrimonio stesi nella parrocchia di Fino Mornasco dal 1858 al 1881 è scomparso. Monsignor Caccia, manifestamente turbato, ci assicura che tale registro non è mai uscito col suo consenso dalla casa parrocchiale, che egli stesso lo ha consultato pochi mesi or sono, e non sa rendersi ragione della scomparsa. Furto? «Impossibile », dice recisamente coll'ottimismo proprio del galantuomo. Non condividiamo il suo ottimismo. Quel registro contiene un documento di tale rarità da solleticare le cupidige dei collezionisti: l'atto del matrimonio celebrato in Fino Mornasco, il 2k gennaio dell'anno 1860, fra il Generale Giuseppe Garibaldi e la marchesina Giuseppina Raimondi. Di quel « pezzo storico » non rimangono ormai che fac-simili 0 copie. L'ori- ginale era qui, in questo cassetto della cartelliera d'archivio nella casa parrocchiale. Me lo saluta lei? Entriamo con appassionata crudeltà di ricerche nel vivo di una dolorosa e drammatica storia di famiglia attorno alla quale per decenni s'è tessuta la congiura del silenzio. Le fantasie han galoppato pei campi spaziosi delle induzioni deduzioni illazioni col ritmo del galoppo sfrenato dei cavalli inglesi del marchese Giorgio Raimondi ed hanno creato, fra fusione e confusione, un quadro pittoresco, convenzionale a volte, e tradizionale ormai, di questa vicenda i cui particolari si tramandano tuttora in questi luoghi a viva voce e han preso credito attraverso le molteplici e contrastanti versioni scritte. Il mattino del primo giugno del 1859 la divisione Urban occupa ancora le alture che da Giubiano dominano Varese. Il generale Garibaldi, dalle sorgenti dell'Olona fa marciare i suoi reggimenti primo e terzo fino a Sant'Ambrogio e si acquartiera col comando a Robarello. Nel tratto di strada che da Sant'Ambrogio Olona mena a Robarello non si vedono ormai più borghesi. I campi attorno sono deserti nel pieno sole di giugno, e chiuse sono le porte e le finestre delle poche case. E' su questo tratto di strada che passa a cavallo, a trotto allungato, il colonnello Bertrand, ufficiale osservatore dell'armata francese: Un volontario appiedato accanto ad un cavallo inglese superbo, è fermo sul ciglio della strada e saluta con stile il colonnello. Meravigliato dell'eleganza del saluto il colonnello chiede, guardando ti" cavallo, più che l'uomo: — Siete volontario? — Volontario, signor colonnello. — Quanto vi danno? — Le armi e cinque soldi. — Mi sembrate più abituato ai salotti che alle caserme. — Ho cinque soldi dal governo più trecentotrentatre lire e trentatre centesimi al giorno da casa. Il colonnello dice bruscamente: « buon giorno » e dà di sprone. Il volontario lo guarda allontanarsi e scorge una «charrette» che, trainata da un puro sangue, viene a rotta di collo verso di lui, in un nugolo di polverone. Alla guida è una giovanissima figliola. Le siede accanto un sacerdote. La «charrette» si arresta di botto vicino al volontario. Il cavitilo attaccato scalpita con fremiti nervosi. La guidatrice chiede: — Il Generale Garibaldi, per favore ? E' cosa urgente. Il volontario si accosta al cavillo attaccato tenendo le briglie del proprio infilate nel braccio, saluta, aggiusta le redini sul collo al cavallo della « charrette » e risponde: — A Robarello. Scusate se mi occupo dei fatti vostri, ma il vostro cavallo ha bisogno di riposo, se non volete che vi combini un guaio. Permettete? Luigi Caroli, volontario in Piemonte Reale. — Grazie — risponde la bellissima figliola — Sono Giuseppina Raimondi e ho un messaggio urgente per il generale. — / due giovani si guardano negli occhi. Poi la bella figliola dà di frusta leggermente, allenta le redini. Caroli saluta, monta a cavallo d'un balzo, e parte di galoppo nella direzione opposta. Dopo un attimo si volge e risaluta. Giuseppina Raimondi a capo rovesciato verso di lui risponde con un gesto allegro, agitando la frusta, mentre la sua «charrette » scompare in un nebbione di polvere. , Dalla soglia della locanda Garibaldi vede accostarsi a corsa disperata quella charrette, nota chi lo guida e dice al maggiore Pietro Rovelli che gli è accanto: — Ecco un'ambasciatrice di primo ordine. — Il marchese Pietro Rovelli, comasco, amicissimo del marchese Giorgio Raitiiondi, padre di Giuseppina, fa le presentazioni. Per nulla impacciata, avvezza ai salotti, Giuseppina Raimondi a sua volta presenta il suo accompagnatore, don Luigi Giudici, curato a Socco. Poi, con foga giovanile e con voce commossa, espone concisamente la situazione di Como, e dice essere la città doppiamente insidiata, dagli austriacanti all'interno edagli austriaci all'esterno. Si invoca la presenza di Garibaldi, fi marchese Rovelli dice con un sorriso: « Verremo presto. Ho già disposto che mi riaprano casa per dare ospitalità al Generale ». Giuseppina ha un gesto di disappunto e non sa trattenersi. Dice: « Mio padre sperava di averlo suo ospite ». Garibaldi andava scrivendo rapidamente un mes- saggio. A quella frase alzò il capo e sorrise alla marchesina. Infine le consegnò la lettera che, trascriviamo dall'autografo: « Robarello, 1. giugno 1859. Signor Visconti, io sono a fronte del nemico a Varese; penso di attaccarlo questa sera. Mandate i paurosi e le famiglie che temono fuori dalla città: ma la popolazione civile sostenuta dal Camozzi nostro, le due compagnie, t volontari e le campane a stormo procurino di fare la possibile resistenza. Giuseppe Garibaldi ». Il generale consegna il messaggio alla marchesina Raimondi, la guarda a lungo, con indelicata insistenza. Sotto quello sguardo Giuseppina arrossisce. Il generale le tende la mano e dice: « Dunque, arrivederci presto ». Garibaldi aveva quasi cinquantatre anni. Giuseppina Raimondi aveva da poco compiuto i suoi diciotto. Rupignié (continua) La Villa Raimondi In Fino Mornasco. Sulla destra, la cappella in cui si celebrarono le nozze fra Giuseppe Garibaldi e la marcheslna Giuseppina Raimondi. Giuseppina Raimondi

Luoghi citati: Como, Fino Mornasco, Piemonte, Robarello, Varese