Leggendario moderno di Corrado Alvaro

Leggendario moderno Leggendario moderno Questo mi accadde qualche mese fa, in una grande città del Nord, di domandare dove si trovasse una certa strada, e di sentirmi dire: «Non ho il tempo per rispondere ». Dapprima non credetti alle mie orecchie, non capii e non avrei voluto capire. Rimasi un poco a contemplare quell'individuo che procedeva per la città mattutina, con l'atteggiamento di chi regge tutta la città, tutta l'Italia, tutta la civiltà. Non era certo un filosofo o un matematico che inseguisse nella sua mente un sistema; certo il suo pensiero doveva essere pieno di numeri ma non di calcolo infinitesimale, ed egli non voleva essere disturbato mentre pensava trentadue, settantaquattro, novantasei. Mi accorsi poco dopo, cercando la mia strada e senza avere il coraggio di chiederla ad altri, i quali tutti ave' vano l'aria di reggere la grande città industriosa sulle spalle, e l'Italia, e la civiltà, che col medesimo numero di parole, colui mi avrebbe cavato d'impaccio; bastava che dicesse: .c La terza a sinistra ». Ma verso sera ebbi bisogno di rivolgere una domanda simile a un altro passante che mi pareva meno preoccupato di pensare a trentadue e novantasei, e mi sentii rispondere: «Terrone, vattene al tuo paese ». Non me lo disse in italiano, ma nel suo dialetto che io avevo imparato per leggere un poeta della vecchia sua città, quando la sua città era affabile, e gli stranieri vi lasciavano il cuore, al punto da volersi chiamare cittadini suoi. Sparì tra la folla l'uomo di quel la risposta, e io lo cercai inutil mente per tentare un discorso con lui a proposito del terrone e dei suoi paesi. Avrei voluto dirgli che tutto sommato io e i miei paesi siamo clienti della città dai molti pensieri, che senza di noi che comperiamo i formaggi che paiono sapone, i saponi che fanno passare il gusto dei loro pasticcini, i liquori che destano una profonda pena per rutti gli ubbriachi, essi cittadini industriosi avrebbero mcn da fare e troverebbero il tempo di rispondere per la s ada a un forestiero. Per quanto ricordi, non avevo mai ottenuto rispo-'e simili nei paesi più in fama di sgarbati o rot.t. Anzi, siccome la memoria fa .rrani scherzi, posso dire di ricordarmi alcune di que": per sone incontrate un attimo e per quella domanda, nel gesto di indicarmi la strada. Di una donna, sotto cicli meno clementi e più affannosi, ricordo come stava freddolosa nella sua piccola edicola di giornali, ricordo il fazzo letto rosa con cui teneva la testa coperta, ricordo i suoi lineamenti, e il livido colore di freddo che la buona stagione non era riuscita a schiarire e già la cattiva incrudeliva. O di un berlinese, una mattina d'un giorno di lavoro, che non finiva mai di ripetere le sue spiegazioni ad alta voce come se fossi sordo o non capissi, aiutandosi coi gesti, e si fermò per vedere se imbroccavo la direzione giusta, e io mi voltai, e lo vidi, e gli feci un cenno di saluto. La città enorme era fragorosa e affannata, con quel tono alto di assalto alla vita e al cielo nubiloso. E lui me lo ricordo, potrei descriverlo ancora e sono passati molti anni; i tre minuti che mi dedicò mi sono rimasti impressi, credo ormai, per tutta la vita. Sono gli scherzi della memoria che rammenta l'incontro di un attimo ed è capace di stentare a comporre i lineamenti di un viso caro. Quest'uomo, quella donna, dove che siano, sono restati nel mio ricordo, vivono in me un poco più a lungo e più lontano, hanno la mia solidarietà, questa solidarietà anonima che diventa solidarietà con tutti gli uomini, gli sconn sciuti, i passanti che si sono sfiorati per la strada in ogni parte della terra. Ma il nostro tempo tira al brutale e al frettoloso. E naturalmente la provincia esagera facendo diventare moda quello che è uno sgradevole portato dei tempi e del costume, portato contro cui le grandi capitali della bruscheria cercano sempre di reagire, che correggono con una almeno apparente cortesia, perentoria e che non ammette una domanda di più. La provincia esa gera e crede sia quello il tono giusto. Ma il senso di tutto questo è uno solo: l'uomo oppresso opprime a sua volta gli altri, avendo perduto di valore attraverso tante circostanze umilianti della storia d'oggi, cerca di dar sene uno per lo meno apparente per lo meno con l'ignoto passante; indistinto nella molteplice collettività d'oggi, cerca di distinguersi. E quello che è più grave, non aspetta più nulla da tutto quanto è sconosciuto, non ha più curiosità dell'uomo come se lo avesse interamente esplorato. Non ha più neppure bisogno del sorriso di riconoscenza del l'ignoto passante., Diffida; tutta via non c'è inai stato un tempo in cui, come in questo, avventa rieri e truffatori hanno potuto con tanta facilità fare i loro colpi. Ne sono piene le cronache. Ma quella diffidenza generica dell'uomo, quella nessuna curiosità, per non dire quel disprezzo, portano come conseguenza una perdita di valore della società e dei concetti che la reggono. Un fenomeno tipico di questi tempi è l'improvvisa rivelazione di individui che dopo anni di lavoro, dopo una vita dedicata interamente a un impegno mantenuto fedelmente e onestamente, consi derati generalmente individui fi dati, di colpo sembrano aver mutato natura, pare non abbiano fatto altro che aspettare anni e anni di poter fuggire portandosi via il denaro e i segreti confidati alla loro provata onestà. Sono i segni d'una civiltà che si va trasformando, in cui l'uomo non è più uno scopo e un fine, coi suoi bisogni materiali e morali, ma uno strumento e un mezzo L'eredità dei regimi difoEanefflescvsoo astiqnptunatmavpncdpsepdmtilavleSa dlaepusaalisaacvfiinccqfpccscpvvnstuitdmstcdmpmlPllszicadtgiqteqtg orza non è affatto dispersa in Europa e nel mondo. Si può dire nzi che noi assistiamo ai suoi ffetti. Perchè, alla fine, quando eggiamo ' di tante improvvise comparse, come folgoranti conersioni, facciamo il conto delle omme che sono state trafugate dell'importanza dei documenti sportati, e l'ultimo, proprio l'ulmo pensiero è che si tratti di ualcosa che un tempo si defiiva truffa o tradimento. Ma il rimo pensiero sarà di altra naura, ci domanderemo quali siao state le ragioni di un simile tto, e cercheremo ragioni sentimentali o ideali che possono verlo determinato. Insomma, ci roporremo la figura d'un persoaggio, e d'una protesta a qualhe cosa che non riusciamo a efinire ma che coincide con una rotesta latente in noi stessi. Ci embrerà quasi un acquisto di ersonalità, una manifestazione i un individuo cui attribuiamo molte ragioni, e proprio per ulma quella che poteva venire ala mente in un altro modo di ita e in un altro costume sociae: che si tratti di un crimine. iamo insomma come a teatro o cinematografo, dove 1' eroismo 'oggi è l'eroismo degli irrego ari, di chi rompe con la società, il solo indovinello angoscioso per lo spettatore è se sarà punita na tale rottura. Naturalmente arà punita, perchè il cinema ha lcuni cànoni morali-commercia; ma non più che questo, e asai spesso l'irregolare è descritto ttraverso situazioni cosi sedu enti da far venire a mente che ai pure la pena di scontare alla fine una vita vissuta pienamente n qualsiasi modo. Le ciniche onfessioni rese assai spesso dai olpevoli, lo confermerebbero. E qui non si dicono queste cose per are dell'ozioso moralismo, ma per cercare di intravvedere qual cosa dei lineamenti d'una società che si va formando dietro a uno tato d'animo, a una condizione che investe il mondo in ogni sua parte e contro cui le vecchie civiltà che si reggono, o si reggevano fino a ieri, su altri valori non riescono più a offrire resitenza. Ha qualche cosa di comico utta questa storia di fughe da un campo all'altro in cui è diviso l mondo, da Oriente a Occidene, e viceversa. E tutti in cerca della verità, o in cerca di un mondo migliore. E le accuse che si scagliano da un campo all'ai tro sulla condizione dell'uomo; che dico? le stesse descrizioni della vita che si riportano da un mondo all'altro, da tutte e due le parti assai simili a quelle dei pri mi «navigatori che solcarono per a prima volta i mari ignoti, il Pacifico o l'Artico, con le strane eggende di mostri e di giganti le usanze inumane. Pare che lo stesso linguaggio di tali descrizioni si stacchi dal reale, che sia impastato di leggende come i ricordi di Pigafetta sulla Patagonia addirittura come quelli di Ere* doto oltre i confini di una civiltà comprensibile à una mente greca. Ma ancora più notevole è il modo con cui noi leggiamo queste cose, calcolando come ci troveremmo in simili circostanze, e trovando che, alla fine, tutte queste leggende non sono po tanto terrificanti. Un esempio tipico di descrizioni del genere l'ho trovato in una rivista soyic tica, una descrizione d'un viag gio.a Roma. L'autrice, poiché si tratta di una donna, descrive, tr; l'altro, il Corso, e nota che tutti gli edifici allineati di qua e di là sulla famosa strada sono una ban ca e una casa principesca, una banca e una casa principesca. Ciò che è in qualche modo vero, ma anche falso, perchè ignorando che negli scantinati di una casi principesca si trova un albergi diurno, e al primo piano un circolo, o che in un'altra si stampa un giornale, e un'altra è adibita museo, un'altra è un magazzini o un cinema, muta aspetto a" storia d'una società. Seguitando nella sua descrizione, la giornalista dice che gli acquedotti famosi della campagna romana sono la costruzione d'una società schiavistica; ciò che è vero, ma venti secoli fa, e molta acqua è passata. Ma in qualunque stampa del mondo troviamo simili errordsmIIIIIIHIHIIIIIHIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII di prospettiva, e il solo giudizio su queste cose è forse quello che mi disse una persona- vedendomi arrivare nel suo Paeseper un'inchiesta: « Leggerò i suoi articoli con molto intcrosse, e so che vi sarà qualcosa che mi farà sorridere per la sua ingenuità, e altro che invece mi colpirà come una scoperta, aspetti del mio Paese di cui non mi sono mai accorto e che soltanto occhi stranieri, a olte, rivelano a noi stessi ». E' di questo ordine la scoperta ingenua dell.» giornalista sovietica sul Corso a Roma, fatto di banche e di palazzi-, è l'annotazione mmediata d'un occhio nuovo sull'inserimento d'una civiltà in un'altra, di un'epoca su un'altra. Ma qui ragiono in termini di conoscenza, di pensieri che bastano a loro stessi e appagano, come è carattere della vecchia cultura Ma la nuova cultura è utilitaria E propone aspetti di civiltà dierse come prospetti di soggiorno in un viaggio di piacere o in villeggiatura. Corrado Alvaro

Persone citate: Pigafetta, Terrone

Luoghi citati: Artico, Europa, Italia, Roma