Piaceri proibiti

Piaceri proibiti ALLA RADIO Piaceri proibiti La radiò è dispensatrice di molti piaceri: ascoltando concerti si ha l'idea del paradiso senta muoversi dalla propria poltrona, udendo il resoconto d'una partita di calcio si ha una sensazione abbastanza approssimativa dello sgomento e della cacofonia del Pandemonio, sottomettendosi a « musiche richieste e comunicati commerciali » si può giungere a un'estasi d'idiozia assoluta; ma nessuno, al dire di un mio amico sui cui strani gusti avrò forse da ritornare qualche altra volta, nessuno dei piaceri della radio è così grande come quello che essa offre di soddisfare in un modo completo e istantaneo l'impulso omicida. Voi, per vostri peccati, vi sentite obbligati di recarvi a una conferenza: si tratta d'un conoscente e non potete lesinargli quest'attestazione di solidarietà, oppure siete attratti dall'illustre figura del conferenziere, o dall'argomento, e poi scoprite, .fin dalle prime parole, che vi sta dinanzi un'ora, per lo meno un'ora, di noia mortale. Potreste andar via, ma il pudore ve l'impedisce: chi si alza e fugge da una conferenza è seguito dagli ocelli — occhi invidiosi ma pieni di disapprovazione per le oltraggiate creanze — dagli occhi ancora rimasti aperti d'una parte del pubblica (la fila dei soliti vecchi mummificati, che è l'immancabile luogo comune di tutte le conferenze, è appisolata, beati loro! ). Il galateo v'inchioda al vostro posto, e la voce monotona del conferenziere vi assilla, vi penetra, vi fruga, finché le sue inflessioni, le sue detestabili pause, la sua deplorevole cadenza suscitano in voi un risentimento che può giungere fino allo spasimo, all'impulso omicida. Oh, come capisco e condivido ciò che scrisse non molto tempo fa un ero nista del Paese sera a proposito d'una mia conferenza! <t Ora due parole sul conferenziere: la simi litudine più benigna, senza ombra d'offesa, cui occorrerebbe arrivare per definire l'esposizione del Praz sarebbe quella del proverbiale calabrone ronzante (vero hurmning) per più- d'un'ora contro i vetri d'una finestra chiusa, nel tentativo di evadere ». Io stesso, se avessi potuto leggere la sua noia sul suo volto, povero signor « Effe », sarei rimasto fui minato come il basilisco a con templare la propria immagine nello specchio. Ma il signor «Effe », pei propri peccati, doveva restare fino in fondo: immagino, dietro le sedie, le sue mani con tratte da spasimi, da vani conati di strangolazione; ma restare do veva, per guadagnarsi il suo pane di cronista a tutto fare. Pove retto! Anch'io — ma non per guadagnare qualcosa, purtroppo! — son dovuto rimanere fino in fon do a tante odiose conferenze! Una particolarmente ricordo, di un poeta straniero, un nordico biondo, dal profilo d'uccello, dalle braccia che, nel camminare, egli teneva all'indietro come ali atrofizzate, con tutta l'immobilità d'un uccello polare. Parlò alla Sala Borromini sui poeti quali precursori dell'idea di fratellanza universale: un oceano di citazioni connesse da un tenue filo, un enorme pancotto in cui qual che parola dalla pronunzia storpiata metteva il raro piacere di una ghiotta prugna. Per tutto il tempo della conferenza errava sul suo volto un sorriso idiota, Andarmene non potevo, perchè purtroppo il conferenziere mi conosceva — dirò anzi che io stesso avevo dovuto presentarlo, io stesso avevo dovuto tesser l'elogio del mio avvelenatore 6Ìcchè, dopo aver cercato d sfuggire al sinistro sortilegio di quella voce tormentatrice col distrarmi guardando nell'uditorio qua la faccia d'un collega asso pito, macabra come una maschera funeraria azteca, là una figura di donna che pareva un fossile d'una signora di Boldini, tesa innanzi in un atteggiamento liberty e penduta, avresti detto, dalle labbra del conferenziere, rigida come una libellula infilata a uno spillo, folgorata forse in un atto intenso, come certi cadaveri ritrovati a Pompei fissi nell'atto della fuga; dopo aver tentato invano di trovar sollievo così, dovetti sentire un sordo desiderio di annientare il conferenziere, che lo vidi, materialmente lo vidi, steso morto sull'altare della Sala Borromini, tra i ceri. Oh, come comprendo il povero signor « Effe »! Ala la radio — la radio risolve questa penosissima situazione. « Tante volte. — mi diceva l'amico di cui parlavo dapprincipio — io ascolto apposta la rubrica di X (e qui nominava uno scrittore a cui l'epiteto d'illustre si conviene con un po' più di diritto di quanto non appaia dalla frase convenzionale « illustre scrittore » ), e la sua voce di zanzara mi esaspera a un tale parossismo d'odio, che quando d'un colpo secco chiudo la radio, ho la sensazione netta, inebriante di strozzarlo ». L'amico non doveva esagerare; i suoi occhi aveva no un lampo sulfureo mentre co sì mi parlava. Quel desiderio omicida, che tutti, credo, sentiamo a certe conferenze, quel de siderio che una volta in Inghil terra — che passa per un Paese di gente flemmatica — vidi esternato da uno del pubblico con un cenno violento della mano a una vogdratiso0fatafitoCogalddecetrtolasonggrefacobvteasl'gzimnnqmrerefrLGsuptacstarepccccmnrmccvntFs1 rCczvitspDscdLcsCc0sptefctifidpsaecrcipzmdv..persona che sedeva accanto al conferenziere, un gesto inequi- vocabile che voleva dire «Pugnalatelo! » (Stab htm!), quel desiderio omicida trova con la radio piena e deliziosa fruizione. E' un desiderio puramente fittizio, e ci troveremmo forse desolati se proprio avesse effetto? 0 è un desiderio colpevole, che fa la spia d'un'anormalità segreta, come quello di decapitare i fiori, e poi di massacrare le lucertole, che invasa Marcello nel Conformista di Moravia? In ogni modo andrebbe equiparato al primo stadio della deviazione di Marcello, alla decapitazione dei papaveri, che più papaveri di certi conferenzieri non si potrebbe essere: papaveri per l'altolocata posizione, papaveri per la balordaggine, papaveri pel sonno che impartiscono. « La radiocuzione, o esecuzione capitale per radio, — mi spiegava l'amico — sazia e placa l'orgasmo omicida; il tipo di piacere negativo che procura è ineffabile. La mia camera, invasa poco fa dal suono dell'insopportabile organo vocale del radioconversatore, torna serena, riposante, d'un tratto: quanto più ne assaporo la calma appena che l'odioso personaggio giace strangolato nel -ofano della radio, anzi dissipato ai venti, perduto come la cenere d'un traditore! ». Il piacere provato dal mio strano amico suscita in me una risonanza di simpatia. Lo capisco. In quanti siamo a capirlo? Moltissi mi, direi. La noia genera insoffe renza, l'insofferenza può spinge re al delitto. Quella tale attrice francese di cui s'era innamorato Lydgate in Middlemarch di George Eliot uccise il marito, il suo blando e premuroso marito, perchè era un noioso. « Era brutale con voi, lo odiavate? », le chiede l'innamorato. « No! mi stancava ». Se per la noia si può arrivare a questo con un familia re, come non arrivarci con un estraneo, la cui esistenza ci tocca poco più di quella del mandarino cinese dell'aneddoto? E allora come mai si seguitano a dare conferenze, e ci sono persone che ci si recano? Come mai il mio tavolo è pieno ogni settimana di biglietti d'invito a conferenze? Quale forza d'inerzia mantiene in piedi un costume che ebbe grande fortuna nel secolo scorso, quando le aule universitarie di lettere rigurgitavano non solo di studenti, ma di uditori delle più alte classi sociali? Forse siamo diventati più nervosi, meno pazienti, che ciò in cui 1 nostri padri vedevano un paradiso ci sembra un inferno? Certo, senza arrivare alle incruenti carneficine di conferenzieri che formano, il forse colpevole passatempo del mio amico, io, se posso esimermi dall'ascoltare una conferenza, sento come se avessi guadagnato un'ora di più di vita. Mario Praz

Persone citate: Boldini, Borromini, George Eliot, Mario Praz, Moravia, Praz

Luoghi citati: Pompei