Vivace preparazione alla prima domenica elettorale

Vivace preparazione alla prima domenica elettorale Vivace preparazione alla prima domenica elettorale Oggi le sinistre tenteranno al Senato di far discutere l'interpellanza sull'intervento del clero Una presa di posizione dell'organo repubblicano • Nuovo intervento dell'"Osservatore Romano,, Vera democrazia Via via che i giorni passano e ci si avvicina alle due domeniche fissate per il primo gruppo di elezioni comunali e provinciali, queste tendono ad assumere sempre più, — nel linguaggio dei protagonisti come nell'opinione comune —, un carattere quasi esclusivamente politico: e, propriamente, il significato di una grande prova d'appello delle elezioni dell'aprile 1948, destinata a consolidarne o a rimetterne in discussione i fondamentali risultati. Le questioni amministrative locali restano confinate in secondo piano; e l'interesse si accentra, ancora una volta, intorno ai grandi problemi che dominano oggi la politica mondiale: democrazia occidentale e comunismo, Patto atlantico e riarmo, e così via. Nè, nella .presente congiuntura, poteva essere altrimenti. Facciamo pure la debita tara delle inevitabili esagerazioni della propaganda elettorale. Resta, comunque, che il 27 maggio e il 10 giugno l'elettore dell'alta e media Italia non si limiterà a scegliere, con la propria scheda, il partito e gli uomini da lui ritenuti più idonei a reggere l'amministrazione della sua provincia e del suo comune. Esprimerà anche, se pure indirettamente, la propria scelta tra due opposti indirizzi generali della nostra politica interna ed estera. D'altro lato Venjeu politico della battaglia è impor tante. I socialcomunisti detengono attualmente, nella penisola, circa 2700 comuni su 7750 : tra cui quelli di intere regioni, come l'Emilia e la Toscana, e le amministrazioni municipali delle maggiori città dell'Italia settentrionale e centrale e di altri importanti capoluoghi. Perdere, anche solo in parte, tali posizioni significherebbe, per loro, vedere ribadita la sconfitta elettorale subita tre anni or sono; mentre un successo, anche parziale, permetterebbe loro di riprendere quota, di chiedere nuovi comizi politici a breve scadenza e di rimettere in discussione il presente indirizzo della politica italiana. E, a loro volta, i loro antagonisti — e specialmente i democristiani — mirano non solo a consolidare i risultati del 18 aprile, ma anche ad estendere alle amministrazioni locali la posizione di preminenza conquistata sul piano governativo e parlamentare e a ridurre così ancor più le possibilità di manovra e di ripresa degli avversari. Questa inevitabile politicizzazione delle prossime elezioni amministrative non deve, tuttavia, far dimenticare la loro funzione specifica, che è quella di fornire alle province e ai comuni buoni amministratori e di assidere così su salde basi le libertà locali. Nè, tanto meno, significa che la battaglia elettorale si ponga oggi, sotto ogni aspetto, negli stessi identici termini di quella del 18 aprile '48: senza presentare altri problemi e motivi di interesse politico e senza offrire agli elettori altre possibilità di scelta che quelle imposte, allora, dal dilemma che da qualche anno pesa sulla nostra vita pubblica, minacciando di toglierle elasticità e respiro : il dilemma « Democrazia cristiana o comunismo ». Che, se oggi, come tre anni fa, i partiti democratici di centro si presentano, nella maggior parte dei comuni più importanti, collegati insieme in un unico schieramento, non va dimenticato però che, all'interno di tale schieramento, la nuova leg ge elettorale permette e garantisce una possibilità di scelta tra alternative diverse ben superiore a quella in cui si trovò, di fatto, la gran massa degli elettori nella giornata del 18 aprile. Come è noto, l'elettore medio, l'elettore non iscritto a nessun partito, ha di mira, al momento del voto, due obiettivi: assicurare il sue cesso del partito più vicino alle sue convinzioni ed evi llscmqtpladtcdsppldcvdtadnplrsbzzsedpssdessdcnfsttstare Ta" vittoria del partito , , r m \ • avversario più forte e più in¬ viso. Di solito, ma specialmente nei periodi di maggiore tensione, la seconda preoccupazione prevale nettamente sulla prima : si vota non tanto per, quanto contro un dato partito, quello più temuto. E si bada soprattutto a non disperdere voti, dando il proprio suffragio a liste aventi minori possibilità di successo. Lo si è visto il 18 aprile: col risultato che, quel giorno, i partiti minori furono tutti, qual più qual meno sacrificati; e ottennero una rappresentanza parlamentare inferiore alla loro effettiva rispondenza alle reali correnti di opinione del Paese. Ora, il nuovo sistema elettorale adottato per i comuni con popolazione superiore ai diecimila abitanti (i quali sono soltanto 690, ma comprendono quasi la metà della popolazione complessiva della penisola) ha il vantaggio di rompere questo cerchio costrittivo. A differenza dei vecchi « blocchi » del periodo prefascista, esso permette ai partiti i quali abbiano accettato di « imparentarsi » di scendere in campo ciascuno con lista e contrassegno proprii: senza sacrificare all'esigenza dell'unione delle rispettive forze la propria fisonomia politica e la possibilità di ottenere un'affermazione specifica. E, a differenza della proporzionale o del sistema maggioritario puro, esso consente all'elettore di dare il proprio suffragio al partito più conforme alle sue personali predilezioni, senza l'ossessionante timore di disperdere il proprio voto e di fare così il gioco dello schieramento avverso. Non solo. Ma gli permette anche di contribuire efficacemente, con la sua scheda, a determi' nare la composizione della futura rappresentanza consiliare: e cioè, il peso quantitativo e qualitativo che potranno avere in essa gli esponenti dei vari partiti «collegati ». E' presumibile, perciò, che, scomparso lo spauracchio della dispersione dei suffragi, rassicurati gli elettori sull'efficacia positiva e la funzione selettrice del loro voto, le prossime elezioni amministrative, — anziché risolversi, ancora una volta, in un duello tra Democrazia cristiana e Partito comunista —, abbiano, invece, a registrare altre e più complesse alternative e a segnare una ripresa dei partiti minori; e specialmente del Partito liberale e di quello socialdemocratico. Il primo dovrebbe giovarsi, oltre che dell'atteggiamento di opposizione assunto sin dal gennaio del '50, dell'indubbio logorìo subito dai democristiani in parecchi anni di responsabilità governativa; ii secondo, delle migliori nrospettive sotto cui si presenta oggi, dopo l'accordo Saragat-Romita, la causa del socialismo democratico, nonché della crisi in atto anche nel campo delle forze di sinistra. Se tali previsioni si avverassero, e si creasse in molte amministrazioni locali una situazione fondata su rapporti di forza più equilibrati di quelli che si hanno nella rappresentanza parlamentare, e meglio rispondenti all'effettiva fisonomia politica del Paese, la nostra vita pubblica non potrebbe che avvantaggiarsene. Si compirebbe, infatti, un notevole passo avanti nella sua chiarificazione e nel suo sviluppo verso soluzioni e alternative meno rigide e più articolate. E si creerebbero sin d'ora le indispensabili premesse alla formazione di quella solida ed efficiente « riserva costituzionale », — capace di servire da freno e da contrappeso del partito prevalente e, eventualmente, di alternarsi con esso alla direzione governativa —, la cui assenza costituisce una delle maggiori debolezze della nostra democrazia. Paolo Senni

Persone citate: Paolo Senni, Saragat

Luoghi citati: Emilia, Italia, Toscana