Gli amanti di Torino

Gli amanti di Torino Gli amanti di Torino Ecco quanto rimane di tutta di,[l'insonne tua vita; «QQualche foglia appassita fra tem[gruppi di lettere vane. (a Amalia Guglielminetti era presaga che questi suoi versi, avrebbero un giorno riepilogato la propria sorte? Adesso che, scavalcando una ridicolissima e tronfia prefazione di Spartaco Asciamprencr, ci stanno dinanzi le Lettere d'amore (ediz. Garzanti) di Guido Gozzano e della poetessa, una duplice malinconia ci assale. Di veder, nei preamboli, frasi di questo genere: «la gonfia istanza della lussuria, divenuta difesa oratoria delle arti di Frine »; « limiti carnali mai esasperati » e persino, cosa strana giacché mi dicono cattolico il curatore: « le è caro attaccarsi con la carne a lui, come la Maddalena al suo Cristo»! Di notare la mancanza di una cornice in tarsiata (tipo, tanto per dar un esempio, The romantic exiles di E. H. Carr): dallo sproloquio introduttivo, si passa al copialettere. Con il pericolo che la mio va generazione, ignara dello stile e dei sentimenti degli epigoni dannunziani, si volga beffarda a queste pagine ingiallite e romantiche. « Voi non siete Alfred de Mus set ed io non sono George Sand» dichiarano entrambi i protagoni sti all'inizio della relazione: ep pure, l'ombra degli amanti di Venezia, incombe su quelli torinesi. Anche nella loro storia, la donna conduce la ronda amorosa. Giacché, chi esce meglio dal postumo epistolario, è Amalia: Guidp ha, fin dal principio, l'attenuante della malattia che lo costringe a cure prolungate, a una esistenza solitaria; nondimeno, senti in lui, quasi continuo, il rifiuto della vita, il chiuso e fantastico egoismo che si sfogherà nei Colloqui. Indubbiamente, la fisiologia e la patologia vogliono la loro parte, e riterrei di cattivo gusto insistere: qualche tentazione di sensualità ingenua (nell'ultima pagina delle Lettere, c'è la Kitty, piccola yankee, per cui egli crederà di scrivere dei versi « di una deliziosa impudicizia », che saranno ben povera cosa) e sporadica, non riesce a far dimenticare il suo trastullarsi nostalgico e sospiroso tra dei fantasmi di donne, salvo a evitare quelle in carne ed ossa. Fra queste scorribande poetiche, gli capitarono Le vergini folli, i sonetti in cui Amalia conduceva « il lettore attraverso i gironi di queir inferno luminoso che si chiama verginità », e gli piacquero: li collocò fra il pastonchiano Belfonte e Homo di Cena, due pietre miliari, allora, della nuova arte! Abilissima, la Guglielmi- Amla crSibracrprcudi nemliamno—ceLae e Coprtegicoreprti risniuodipodofin« tuLganetti colse l'invito a corrisponde re: Gaspara Stampa, Petrarca maestro, la Graziella delle Due strade, l'avvio era dato. La poetessa, nata nel 1885, appena ventiduenne, sotto « i grandi caschi piumati alla Rembrandt, bei denti, bella bocca, piuttosto grande e fresca e attirante come poche, due occhi d'una dolcezza servile, gli occhi di colei che s'inchina al despota Signore, e gli tende i polsi febbrili, e li vede cerchiare di catene, quasi godendone », era già celebre. Renato Serra parlerà per le Vergini folli e le Seduzioni di un « tintinnìo di rime, come campanelli di Titania », e oggi ancora il libro par degno d'una ristampa (perchè non si fa, delle poesie, una scelta quale i francesi hanno fatto per Madame de Noailles?). Gozzano, varata La via del rifugio, preparava / colloqui: l'incontro d'amore coincideva dunque con il periodo incantato di entrambi, la loro miglior vena. Ma l'amore, per le cause accennate, ebbe difficili inizi. Gozzano portava da mesi una maschera inalatrice; Amalia cominciava a lasciare i supertrentacinquenni per gli adolescenti (p. 50) e confessava schietta: «Mai sono stata amata nel senso un poco elevato di questa parola. Sono stata desiderata qualche volta, ho destato qualche ardore della più pura, o meglio della più impura sensualità. Forse — chi sa? — non merito altro. Voi rimpian gete ch'io non sia un uomo. E lo rimpiango anch'io intensamente Sono un essere ibrido male adatta a vivere fra gli schermi anche leggiadri della pura femminilità ». Guido la sfugge, tanto da farsi scrivere: «Non abbiate paura di me, io non voglio farvi del male ». Lenti preludi, fughe, alfine si lascia conquistare, e scappa di nuovo con un « addio! », preoccupato non solo di affrancarsi « da ogni schiavitù voluttuosa », ma altresì della perspicace intelligenza di questa donna che ha « un'aria fra ieratica e maestosa d'imperatrice bizantina». Viene tuttavia il giorno in cui « le mescolanze più acri della nostra carne troppo giovane » e c le aspirazioni più nobili del nostro cervello superiore », giungono a « formare un'armonia unica », co sicché « da un legame come il nostro deve balzare qualcosa di più degno che non la sentimentalità meschina dei piccoli amanti ». Conclusione imprevista « Per questo è necessario non vederci più ». Oltre il diverso temperamento, c'era un problema artistico. La Guglielminetti, componendo le Seduzioni non voleva « guidogozzaneggiare », e difatti ci riuscì (ma, singolarissima storia, L'insonne, che apparve quando Gozzano era finito, ne risentì l'impronta) a meraviglia. Il poeta si sentiva riprendere da « un'ambizione » che dominava ogni cosa avrebbe dato tutte le donne del mondo, per un verso. Amalia, per contrapposto, tutti i poemi per un grande amore: «Io non so come tu possa amare sognare darti a una sì vacua cosa. Io voglio più bene a te che alla gloria Pensami tanto tanto tanto e amami, se puoi, un poco ». La crisi fu acuta, e nell'estate del 1908, cioè un anno appena dagli esor-J papr«noPrsugllotacevpaffphseandfuvLqclil'zl'stdnsvrSvpnfdioczbtsvmSsteMfrcrldcq di, ci si avviava al congedo: «Quella che va sola, sdegna o temc p3itro viandante, o lo scru- (a UoppQ pef accettiU-la Addin i i o e a - Amico. Pregatemi pace non per la morte ma per la vita ». La vita è sempre più frivola e crudele. Pettegolezzi (Pastonchi, Sibilla, Cena) e manovre letterarie, mutuo appoggio presso critici e giornali, complimenti a proposito delle Vanesse, una cui varietà « è fatta di brace e di tenebre come certi vostri sonetti », affettuosità: «Siete il mio più caro Amico, cara Amalia: gli altri, chi più chi meno, mi hanno tutti deluso », e persino — episodio un po' stridente —, l'indicazione di un bel successore da parte di Gozzano... La fortuna dei due, giornalistica e poetica, era in ascesa, signore e ragazze cercano il poeta dei Colloqui, però le Seduzioni non procurano dongiovanni alla poetessa. Ad entrambi si aprono giornali, case editrici, fruttuose collaborazioni, sicché il mestiere, anche per loro, finirà per sopraffare l'arte; la Guglielminetti scriverà novelle, Gozzano corrispondenze di viaggio. E un cinismo orinai dichiarato: «gli uomini mi disgustano... da quindici giorni »; « divido il mio tempo fra le foreste vergini e le donne non più tali », sarà la nota finale, prima che Gozzano spiri « nel bacio del Signore ». Ci furono, a lunghi intervalli, tuttavia dei ritorni di fiamma? Lo accerta, col suo ineffabile garbo, tine ddnsizl'vetasclarcdmaidqs«a e i e , , a i e a à , e o , i e a ) o o o o ù a — o e te ». si di e di csi l'editore dell'epistolario, parlando di « risvegli caldi e improvvisi dell'antica passione », di «sensuali ricadute », di cui qui non v'ha traccia, o è supposta. Preferiamo soffermarci invece sull'intelligenza critica della Guglielminetti che, ricevendo Paolo e Virginia scriveva: «è fatta con un'arte finissima, che pia cera anche agli eruditi, ma è una virtuosità, ed ha la freddezza del puro virtuosismo », e sulla sua affermazione : « Ti giuro che parlo di te con un'amicizia che ha quasi della religiosità, e che sento davvero in questa poca anima che mi rimane ». Le rimaneva, ahimè, « in fondo al suo arido scetticismo, un fuoco ignorato di passionalità veemente », di cui furono prova L'insonne e L'amante ignoto. In quest'ultimo, la leggenda della contessa di Castiglione, la « bel lissima di cui si favoleggia » nell'epilogo dei Colloqui è dannunzianamente ripresa (é si capisce l'attrattiva del tema della donna sfiorente) in un poema drammatico dove compare tutto il guardaroba teatrale di Gabriele, ma non la melodia e la potenza del suo verso. E ne L'insonne, ritro vammo quasi in una caricatura Iella metrica gozzaniana, con la rima a metà, colei che Renato Serra, insolitamente acerbo, do veva battezzare: «una brutta Dprovinciale in tunica egizia.». L'immagine della Guglielminetti che abbiamo conosciuto frequentato « con grandi ombre di bistro incavate » sulla faccia idolatricamente atteggiata : Porto in capo un elmetto con [due ali e una lorica d'oro, di foggia antica, sul [mio corpo di giovinetto oppure: M'avvolgeva un mantello di Iraso color d'oro vecchio ti sfiorava all'orecchio la più [ma del mio gran cappello con la vettura per le confiden ze, il convegno nel bosco, le am biglie e irose risposte degli amati ti nemici, lo sfoggio di perversità che a pensare a quel ch'è venuto dopo, ci par zucchero e miele, aveva le sue origini nelle Seduzioni, ma quanto più fre sche e spontanee de L'insonne: Poiché se alcun le sue treccie [ha' disfatte Od impresse di un morso la [sua gola, O lasciò le sue labbra più [scarlatte Ella è pur sempre quella che [va sol Negli ultimi libri, il decaden tismo fiacco e manierato trionfa e insiste: la ragazza che leggeva Madame Bovary e Bel Ami e ne faceva rimare i titoli, la creatu ra aspra qual vento di marzo, che « ride con la sua anima varia, - Mentre le spume in favolosi aprili - Fioriscon gigli fatti d'acqua e d'aria », la passeggera che « sparendo ebbe nell'anca qualche grazia perversa di pantera », con l'andar degli anni dileguando, cedettero il posto a una novellatrice monotona, a una donna fatale di professione, l'ombra di sé stessa, sul-cui volto cereo ciascuno di noi cercava, al di là della sordida avventura pi- tigrillesca, il ricordo di Gozzano, il riflesso della vita artistica e galante della Torino di prima del '14, la «Saffo dalla chioma di viola » del famoso e pacchiano articolo di Borgcse, giacché sia nei Colloqui che nelle Seduzioni e fors'anche ncW'liìsonne, l'idilio non c'era. Adesso, nelle Lettere, ne ritroviamo gli echi, e le note crude e prosaiche: «Io non ti ho amata mai » ( « Non son colui, non son colui che credi»); - « Ti bacio sugli occhi lungamente e sulla bocca in fretta, per non morire ». («O mestizia senza confine, corona irta di spine del perenne desiderare! ») e tutte le miserie mondane. Meglio racchiudere gli amanti di Torino in una tomba ideale, e scrivere sul sarcofago questa quartina dannunziana, simbolo e sigillo: Tutta la vita è senza [mutamento. Ha un solo volto la (malinconia Il pensiero ha per cima la [follia E l'amore è legato al [tradimento. Arrigo Cajumi «triiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiifiiiiiiiiiiiiiiiiiii iiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiitiiiiiitiiiiiiiiiiif iiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiitiiif itiiiiiiiatiiiitifiiiiKitiiniiiiitiiiiiiiiB iiiiiiiit iiiiiiiiitiiiiiiiiiitfitiiiitiiiiiiiiiiiiiiiTiiiiiiitRodeo a Las Vegas. Il cavaliere è saldo fn arcione malgrado le sgropponate del puledro non ancora abituato alla sella. M pubblico segue entusiasta la pittoresca lotta

Luoghi citati: Gozzano, La Maddalena, Las Vegas, Torino, Venezia