Conferenza delle delusioni di Ferdinando Di Fenizio

Conferenza delle delusioni Conferenza delle delusioni A partire da ieri 10 maggio, saranno dunque sollevati i fitti veli che hanno sinora ammantato i risultati della Conferenza di Torquay, la più lunga riunione tariffaria della storia recente, poiché durò dal settembre r50 all'aprile '51: sette lunghi mesi. In tal occasione ci siamo sorpresi a cercare un titolo per questo convegno ; e Ci parve appropriato: «la conferenza delle delusioni ». Delusi, infatti, sembrano oggi i principalissimi fra i trentotto Paesi partecipanti al raduno. Gli Stati Uniti, per non esser riusciti a concludere nuovi accordi commerciali con la Gran Bretagna e i Domini di Australia, Nuova Zelanda e SudAfrica. (L'America, dal canto suo, mostrò chiaramente di non voler mantenere le precedenti promesse di riduzioni energiche nella sua stessa tariffa doganale). La Gran Bretagna, per aver palesato al mondo intero come avesse assai più a cuore il mantenere dazi preferenziali, in favore dei membri del Commonwealth, piuttosto che favorire l'America. La Francia, ed in parte l'Italia, per essere state accusate di rigido protezionismo; od anche (come si è scritto) di antieuropeismo. Il Benelux e i Paesi scandinavi per l'opposto motivo: essendosi essi (che hanno tariffe doganali relativamente basse) trovati a corto di contropartite, nelle negoziazioni tariffarie ; constatando, d'altro lato, una volta di più che la diminuzione delle tariffe doganali europee procede a rilento. Persino la Repubblica federale tedesca sembra delusa, per il mancato accordo fra Gran Bretagna e Stati Uniti, dal quale, a norma del GATT, sperava di trarre profitto. (Le convenzioni stipulate fra due Paesi sono poi estese ipso facto a tutti i partecipanti all'Accordo generale per le tariffe e il commercio); nonostante che, ammessa all'Accordo proprio in occasione di Torquay, tragga beneficio immediato da migliaia di stipulazioni anteriori al settembre '50. Ma il destare rimpianti, l'offrire occasioni a critiche ed a recriminazioni, è forse conseguenza inevitabile di ogni riunione tariffaria. Figuriamoci poi per quella di Torquay, progettata sin dal '49, quindi in un clima economico sostanzialmente diverso a quello in cui si dovette svolgere; e preceduta dalle Conferenze di Ginevra (1947) e di Annecy (1949) dove i maggiori Paesi partecipanti avevano già « vuotato il sacco » delle loro concessioni! E in questi ultimi mesi del '50 erano piuttosto propensi a revocarle che ad estenderle. Considerando il tratto di tempo in cui esso si svolse, non si può dunque scrivere che il convegno di Torquay si sia chiuso con un insuccesso. Non si stipularono 400 e più accordi bilaterali, come i più ottimisti prevedevano; ma si è almeno giunti a sottoscriverne 147: che è pur sempre una bella cifra. Si sono poi rinnovate, sino al '54, le riduzioni già concordate nelle due precedenti conferenze tariffarie; e si sono ammessi al GATT — cioè al General Agreement of Tariffs and Trade — sette nuovi Paesi, fra cui la Germania occidentale. In più fu recentissimamente nominato un « gruppo di lavoro » per l'unificazione delle tariffe doganali europee, che (non ostante lo scetticismo generale) potrà concludere forse qualche buon studio preparatorio. E l'Italia? L'Italia, dal canto suo, ha negoziato con quattordici Paesi. Sette europei (Austria, Germania, Benelux, Danimarca, Norvegia, Svezia e Turchia) ; quattro Paesi appartenenti al continente americano. Infine con la Rhodesia del sud, il Pakistan e le Filippine. Ha iniziato anche trattative sia con la Francia che con la Gran Bretagna: ma qualche discussione preliminare mostrò subito la convenienza di sospendere le discussioni, non potendosi, da parte noBtra, concedere quanto era richiesto per ottenere le maggiori facilitazioni doganali da noi desiderate. Gli accordi commerciali stipulati sono dunque ancora quattordici, cifra — come si vede — non trascurabile. La loro importanza è det tata dall'essere — questi ac cordi — i primi fra quelli ne. foziati dopo l'introduzione ella nostra nuova tariffa do ganale, applicata a partire dallo scorso luglio. Ma la se rie è anche per un altro aspetto rilevante. Essa com prende infatti un nuovo no stro accordo tariffario con la Germania occidentale principalissimo nostro fornitore di prodotti industriali ed acquirente principe di nostri prodotti agricoli. lflcrrtczpdGgnrcztcfCiqprtTbtMcglclnvigedl«mvnamrlrngntqTrsidPer l'appunto con la Repubblica federale tedesca la nostra delegazione ha convenzionato circa settecento posizioni tariffarie (250 voci doganali), riguardanti prodotti della terra e chimici e metal-meccanici. La clausola della «nazione più favorita» provvede poi ad estendere i più bassi dazi agli altri Paesi del GATT. Poco meno ne ha negoziato con l'Austria, il Benelux, i Paesi del Sud-America. Dovremo dunque attenderci, a breve scadenza, riduzioni di dazi sul livello attuale; ed uno stimolo alla concorrenza estera, nei confronti di nostre produzioni? Con i venti che spirano può invero preoccupare parecchi, questa prospettiva. Ogni dubbio a questo proposito sarà completamente risolto soltanto dopo che tutti i risultati degli accordi di Torquay saranno stati pubblicati. Ciò che per l'appunto s'attende, come si è scrito, durante i prossimi giorni. Ma, a confortare chi produce e lavora (senza violar segreti) giova aggiungere che le nostre trattative furono condotte sui dazi accolti nella nostra nuova « Tariffa generale», relativamente elevata; e che la delegazione italiana si considerò impegnata a non scendere, se non eccezionalmente, al disotto dell'imposizione offerta dalla « tariffa transitoria » e « tariffa d'uso i> ; presentemente in vigore. Onci*., il li; vello medio d'incidenza dei nuovi dazi convenzionati è alquanto superiore al livello medio dei dazi accolti in « tariffa transitoria », secondo la formula Vanoni. I timori soverchi sarebbero pertanto ingiustificati : non sono da attendersi, in generale, forti scotimenti al nostro sistema dei prezzi interni, dopo il 15 di luglio, quando le convenzioni di Torquay entreranno in vigore. Anche perchè ;a relativa scarsezza di talu li prodotti (come quelli ottenuti dalla industria metalmeccanica o chimica) frena il desiderio d'incrementare prontamente le vendite nel nostro Paese, traendo vantaggio dalle nuove concessioni. Ferdinando di Fenizio

Persone citate: Vanoni