Un ritratto di Mirabeau di Panfilo Gentile

Un ritratto di Mirabeau Un ritratto di Mirabeau Nell'autunno del 1789 nel cenacolo di iMirabeau erano assidui quattro stranieri di origine ginevrina, che Mirabeau stesso qualificava come il suo «atelier», perchè a vario titolo lo aiutavano a preparare i discorsi all'Assemblea, a redigere i proclami ed a scrivere articoli pel suo organo personale: il «Courrier de Provence». Uno dei quattro, Etienne Dumont, ebbe la buona idea per noi posteri di lasciarci dei « Souvenirs ». Essi furono pubblicati per la prima volta nel 1832, ma in un'edizione approssimativa. E solo oggi, grazie alle pazienti ricerche compiute specialmente a Ginevra e in Inghilterra, J. Bénctruy ce ne ha dato il testo, ristabilito nella sua piena autenticità e accompagnato da note critiche, destinate principalmente a controllare l'esattezza storica delle notizie forniteci da Dumont. Già Mathicz, che aveva avuto per le mani la prima edizione, non aveva esitato a classificare questi « Souvenirs » tra i classici della Rivoluzione. L'edizione e le note di Bcnétruy ci consentono oggi di considerarli con maggiore fiducia come una delle testimonianze più attendibili e più ricche sul grande tribuno. Se si eccettua una certa tendenza ad esagerare un po' la parte avuta come consigliere politico di Mirabeau, e se si indulge ad una certa affettazione di superiorità che Dumont non esita qualche volta a prendere, perchè egli si stima' va profondo intenditore delle istituzioni inglesi e in questo argomento più colto di Mirabeau e perchè di temperamento più flemmatico e riflessivo si ritcne va più saggio del focoso proven zale, per il resto Dumont sembra, a parte ogni conferma esterna, meritevole di fede. Ammiratore del suo personaggio: «un homme extraordinaire », lo chiama in qualche luogo, ne ebbe la comprensione che è data dalla disposizione benevola. Nel tempo stesso, giudice circospetto e con un tanto di puritanismo calvinista, evitò ogni parzialità suggerita dall'amicizia e dall'affetto. Tutta la Rivoluzione del resto, tutti gli avvenimenti di cui fu spettatore e tutti i protagonisti che avvici' nò, furono da lui osservati con notevole distacco. E le-sue predilezioni per un liberalismo moderato di tipo inglese non gli impedirono di essere giusto verso tutti. Messa fuori causa perciò la veridicità e l'autorità di questi « Souvenirs », vediamo quale profitto possiamo trarne. Il ritratto dell'uomo è perfetto, e corrisponde esattamente al Mirabeau consacrato nella storiografia tradizionale: anima impetuosa e forte, che, anche nei suoi disordini, nei suoi eccessi, nei suoi vizii orgoglio, ambizione, gelosia, sensualità sfrenata, venalità, seppe opporre alle passioni degradanti altrettante, passioni generose < nobili. Egli dava la strana impressione, dice Dumont, che solo le virtù fossero sue e che i vizi fossero di un altro. Circa quella che fu la pagina più sospetta del la sua vita, e cioè l'essersi messo agli stipendi della Corte, pagina che Dumont conferma con informazioni sicure, può valere la formula sottile di Sainte-Beuve: « Non, iMirabeau ne s'est pus vendu, mais il s'est laissé payer là c'est la nuance ». Ed effettivamente, se è vero che Mirabeau attinse largamente alla lista civile per pagarsi quell'esistenza fasto sa e imprudente, che faceva esclamare a Dumont: «Si direbbe che egli abbia paura di passare per un uomo onesto »; è altrettanto vero che non per questo tradì' le sue convinzioni, le quali coincidevano, se non con le intenzioni segrete, con gli interessi evidenti della monarchia. Dumont mette anche in piena luce la parte di primo piano avuta da Mirabeau nell'Assemblea Legislativa. Egli condivise con Sieyes l'onore e la responsabilità di dominare quella più che famosa assemblea. Se Sieyes vi figurò come il dottrinario, il costituzionalista riverito, Mirabeau vi si impose come l'oratore irresistibile. Le riserve di Dumont in proposito, non gli impediscono, di riconoscere che Mirabeau fu il personaggio tagliato su misura per governare un'assemblea politica in un'epoca tempestosa, in cui si aveva bisogno soprattutto di audacia e di forza. Mirabeau pronunciava spesso discorsi che gli venivano preparati dagli altri e dallo stesso Dumont; era incapace di approfondire un argomento e di difenderlo con tenacia; gli mancava la forza dialettica delle confutazioni esaurienti e precise; cambiava spesso di opinione, tanto da sollevare il malu more dell'assemblea, che avverti va le contraddizioni; se improv visava, tradiva l'impreparazione e l'incompetenza, tanto che Panchard dirà di lui: «Mirabeau è il primo uomo del mondo per parlare di ciò che non sa ». Ma con tutti questi difetti, un colpo d'occhio pronto, un tatto infallibile, un'arte di avvertire immediatamente il vero spirito dell'assemblea, una ricchezza di risorse estemporanee: un motto sarcastico, un' insinuazione felice, una perorazione travolgente, una fredda impassibilità nel resistere alle invettive, alle ingiurie e ai tumulti, salvo a riprendere subito dopo i vantaggi con una riscossa inattesa, lo rendevano padrone dell'assemblea. Con che la potenza intellettuale di Mirabeau non va, beninteso, ridotta all'eloquenza, nel senso teatrale della parola, perchè un tribuno non è mai soltanto un attore; resta sempre un uomo politico, che si serve dell'eloquenza per il particolare terreno sul quale lotta, ma al quale l'eloquenza soltanto, non basterebbe, senza ingegno politico. Piuttosto resta incerto, anche lMstsvapvtnCgsqEfsdbppifislccpclcnlsLQeRuptmcsntccSqngBqg leggendo questi « Souvenirs », se Mirabeau, uomo politico d'assemblea, sia stato poi uomo politico anche in un senso meno spettacolare e più maturo. Non vi è dubbio che Mirabeau mirò a sollevarsi al di sopra di quella politica parlamentare che svolgeva all'assemblea e che ambi a trasformarsi in uomo di governo, investito della fiducia della Corte, e a dirigere da quel posto gli avvenimenti con poteri diversi e più ampi, che non fossero quelli accordatigli dalla tribuna. E come è noto tale progetto naufragò di fronte al voto dell'Assemblea, che ricusò il concetto del gabinetto responsabile e proibì ai propri membri di partecipare all'esecutivo. Ma. il piano politico di Mirabeau di arginare il torrente rivoluzionario, di unificare gli elementi moderati, di sciogliere l'assemblea, di annullarne le deliberazioni, di riconvocare un'altra assemblea, di schiacciare i giacobini, di frenare la piazza e fondare una democrazia costituzionale, che non fosse ne la controrivoluzione nò la democrazia repubblicana, era un piano che aveva una duplice debolezza: di arrivare in ritardo e di supporre l'adesione sincera di Luigi XVI e dei circoli di Corte. Quando questo piano venne esposto a Dumont, l'autorità del Re era stata già pericolosamente umiliata e scossa; Luigi XVI era prigioniero del popolo parigino, tanto che Mirabeau pensava come prima misura di farlo fuggire clandestinamente a Metz. L'Assemblea aveva già acquistato piena coscienza della sua onnipotenza nei confronti della Monarchia. D'altra parte era temerario contare sulla lealtà della Corte Sieyes era più chiaroveggente, quando diceva a Mirabeau: «Voi non potrete avere mai sulla regina l'influenza del barone de Breteuil ». Dumont stesso trovò questo piano fantastico e sconsigliato. Il che prova che in Mirabeau il politico non era all'altezza del tribuno. Quando Mirabeau scomparve improvvisamente e immaturamente, molti pensarono che se non fosse morto, avrebbe saputo cambiare il corso degli avvenimenti. Forse più giudiziosamente Talleyrand, che era un politico autentico, disse che era morto in tempo. Panfilo Gentile nfiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiDiiiiiiiiiiiiii tiiiiiiiriiitiiii

Luoghi citati: Ginevra, Inghilterra