Le vie dell' invasione

Le vie dell' invasioneLA PERSIA DA VANTI AL SIPARIO DI FERRO Le vie dell' invasione Valore strategico dell'Azerbaigian - Se i russi muovessero sarebbe difficile fermarli - Ma i deserti del Medio Oriente sono molto duri da mantenere - Utilità sovietica di uno spazio neutrale (Dal nostro inviato speciale) Tabriz, 2 maggio. Arrivammo a Tabriz di venerdì, che è il giorno di festa dei musulmani. Le strade formicolavano di gente a passeggio, in file lente e serrate, simili allo sciamare degli insetti. Il centro di Tabriz è un lungo viale alberato di tre chilometri che attraversa la città da un capo all'altro. In fondo al viale l'orizzonte è chiuso da una catena di montagne coperte di neve. Là dietro si nasconde la frontiera russa: a Tabriz si passeggia davanti al sipario di ferro. ' Tabriz è un grosso centro di duecentomila abitanti, capoluogo della provincia dell'Azerbaigian, alla estremità settentrionale della Persia. Qui il paese si addentra come una lingua tra Russia e Turchia, incastrato ai piedi del Caucaso sotto le bibliche pendici dell'Ararat, dove la leggenda vuole si salvasse Noè con la sua arca, al tempo del diltivio universale. La Russia si è affacciata sui monti di Tabriz poco più di un secolo fa, quando gli zar cominciarono la lotta di influenze con l'Inghilterra lungo i fronti del Medio Oriente, sulla strada delle Indie. Una guerra fortunata contro lo scià Feth Ali portò nel 1826 la frontiera russa fino al corso dell'Araxe. Da allora i russi hanno varcato due volte questo confine: nel 1915 per garantirsi da un aggiramento della Turchia nemica, e nel 1941 per tagliar corto alle manovre filonaziste di Riza Pahlevi. Riza Pahlevi volle resistere all'invasione sovietica. Le sue truppe tennero testa per tre giorni, poi cedettero di schianto. Il parallelo di Seul L'occupazione russa di Tabriz è durata fino all'estate del 1946. Andandosene, i sovietici lasciarono in eredità un governo dell'Azerbaigian indipendente, in mano ai comunisti e ribelle al governo centrale di Teheran. La mossa era evidente: Mosca voleva staccare l'Azerbaigian dalla Persia, farne uno stato cuscinetto che proteggesse la linea del petrolio di Baku, e a cominciare da Tabriz la catena dei suoi satelliti orientali. Il mondo corse il rischio, a quel momento, di anticipare di quattro anni gli avvenimenti di Corea. Ma la Russia del 1946 aveva disegni più limitati ed incerti della Russia del 1950. Tastava terreno in tutte le direzioni per giudicare fin dove poteva spingersi e dove conveniva arrestarsi. La mossa dell'Azerbaigian le parve a un certo punto troppo rischiosa, e il governo provvisorio di Tabriz si trovò all'improvviso senza il sostegno di Mosca. Poco prima del Natale del aiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii 1946 le truppe regolari persiane ristabilirono la situazione, e la frontiera ritornò alla vecchia linea dell'Araxe. Per una di quelle coincidenze di cui geografia e politica abbondano, il parallelo che attraversa Tabriz è lo stesso 38" parallelo di Seul. Due cose ho cercato di sapere a Tabriz. La prima: che cosa pensino gli abitanti dell'occupazione sovietica, quali reazioni abbia suscitato in essi, se temano il ritorno dei russi 0, al contrario, lo desiderino. La seconda: quale sia l'Ì7nportanza strategica di questa frontiera e quali previsioni si facciano qui sulle probabilità di un attacco russo. Confesso che non saprei quale risposta dare alla prima domanda. Il silenzio che mi colpì il giorno del mio arrivo a Tabriz mi ha perseguitato anche dopo. In quel silenzio c'è molto fatalismo, molta indifferenza, molta prudenza, e in qualche caso molta paura. Il generale Moghbeli C'è la questione dell'indipendenza, assaporata per qualche mese all'ombra delle baionette, che esercita un certo stimolo latente. Radio Baku per tutta la giornata rovescia su Tabriz una propaganda interamente calcata stil tema dell'Azerbaigian indipendente, illustrando la prosperità delle altre repubbliche autonome del Caucaso federate alla Russia, e la tolleranza sovietica verso i trenta milioni di musulmani che vivono entro le frontiere dell'U.R.S.S. In quanto alle democrazie occidentali esse non hanno, qui, nessuna base di propaganda. Non possono promettere nulla che offra una seria ragione di resistere alla Russia. L'Azerbaigian preferirebbe, certo, non avere che fare nè con gli uni nè con gli altri, nè con gli occidentali nè con i sovietici. Ma, se questi ritornassero, credo che chiuderebbe gli occhi senza troppa pena. Al secondo quesito trovai una risposta più diretta andando a far visita al comandante delle forze stanziate in Azerbaigian, il generale Moghbeli. Sulla carta della Persia stesa duvanti ai nostri occhi il generale mi segnò con il dito le strade di accesso a Tabriz, le strade dell'invasione. Le montagne non sono una barriera sufficiente per frenare un attacco. Vi sono vallate parallele che le risalgono, e dal confine del Caspio fino a Tabriz esiste una strada carrozzabile che in settanta chilometri arriva al bordo dell'altopiano. Di là la via è aperta su tre grandi direttrici strategiche. La prima è quella che si spinge fino al Golfo Persico. iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii La distanza da Tabriz al mare è di circa 800 chilometri. Questa direttrice comporterebbe l'occupazione di tutti i principali bacini petroliferi della Persia, da Kermanshah ad Abadan. La seconda linea di sviluppo di una eventuale invasione è la strada che da Tabriz va a Mossul e, attraverso le piane desertiche dell'Irak e della Giordania, può portare all'investimento della zona del canale di Suez. Questa direttrice, che è la più importante dal punto di vista militare, ha come sviluppo sussidiario l'aggiramento della Turchia e potrebbe provocare d'un sol colpo la caduta di tutto il vicino Oriente sotto l'influenza sovietica. La terza direttrice è quella che da Tabriz va verso Teheran e continua ad oriente fino all'Afganistan ed al Pakistan. Questo sviluppo delle operazioni avrebbe un valore soprattutto politico, per esercitare una pressione decisiva sulle regioni dell'Asia situate tra la Persia e la Cina 'e, in primo luogo, sui paesi indiani. La frontiera di Tabriz, oggi come oggi, non è affatto in grado di essere difesa; così come non esiste alcuna linea di resistenza sulle tre direttrici di sviluppo dell'invasione. L'eventualità di un insuccesso dell'azione sovietica sul fronte di Tabriz non si pone neppure. Se in questo momento i russi decidessero di attaccare, è probabile che arriverebbero al Golfo Persico ed alla zona di Suez senza serie difficoltà. Perchè non l'hanno fatto fino ad ora? E' possibile che abbiano in animo di farlo in un immediato avvenire t II generale Moghbeli mi disse di non credere che la .Russia si prepari seriameìite a mettere in moto questo fronte. Gli spazi desertici del Medio Oriente sono difficili da difendere: ma se ciò rende agevole una invasione., gli stessi problemi si ripresen- tano quando si tratti di lltltlllllilllllllillllll llMIItllTlllIfMtlMtllllJlir mantenere la propria conquista. Se il Medio Oriente divenisse un terreno di battaglia, la Russia avrebbe il grave svantaggio di trovarsi con le proprie frontiere in prossimità del teatro di operazioni, eventualità che fino ad oggi ha sempre cercato accuratamente di scartare. Una Persia neutrale, quale in sostanza è oggi, lascia un vuoto tra la Russia e i suoi avversari, un vuoto che la .Russia pare abbia tutto l'interesse a mantenere. «Sia fatta la sua volontà» Qui non ha la corona di protezione dei satelliti, e non può compiere atti militari per interposta persona, come in Corea 0 in Indocina. La politica sovietica verso la Persia si limita a conservare una atmosfera di costante minaccia sulle linee di confine per impedire al governo di Teheran ogni mossa troppo aperta in favore dell'Occidente. Questo è il si¬ llIfMMMIEMIlMtllIllllMITIIMieillllllilllllllilllItllllllllltl lil1ltllltII!Iltll[IIMIIIlllCIILI]llllllll gnificato, secondo il generale Moghbeli, dell'invio di Timoscenko nel settore del Caucaso. Il generale mi parlava con voce calma e pacata, come se esponesse una teoria algebrica, senza alcun riferimento alla nostra sorte, alla nostra vita, al nostro avvenire. Il colloquio si svolgeva in una villa dalle pareti bianche, con grandi e bellissimi tappeti che adornavano i muri e il pavimento. Dai vetri della veranda giungeva fino a noi il profumo degli alberi in fiore e lo spettacolo dei giardini sotto le montagne. Nel cielo chiarissimo, celeste come il colore delle miniature, 'oteava un volo di corvi neri. Il generale mi mostrò sorridendo le cime della frontiera con il loro cappuccio di neve e, con il dito puntato verso la Russia, ripetè la frase tradizionale dell'Oriente: <lnshallah>, sia fatta la volontà di Dio. Gianni Granzctto

Persone citate: Noè, Riza Pahlevi