Le compiesse origini dell' affare del petrolio di Gianni Granzotto

Le compiesse origini dell' affare del petrolio MAI NULLA DI BEN DEFINITO IN PERSIA Le compiesse origini dell' affare del petrolio Gli agitatori liberali ed anti-britannici ■ Un Gandhi dell'odio e della violenza • L'insperato motivo del risveglio religioso • Il Tudeh, partito comunista, è rimasto (come la Russia) nell'ombra - Un precursore: Roosevelt, che gettò l'Asia in braccio al nazionalismo (Dal nostro inviato speciale) Teheran, aprile. La Persia è uno dei più antichi paesi del mondo, sia fisicamente che moralmente, sia dal Dunto di vista della geologia "che da quello della civiltà. La cosa è nota. Tutti sanno che tremila anni or sono gli Ani migravano su queste montagne. Ma sono le cose note quelle che più" facilmente si dimenticano. Cosi accade quando si vogliono applicare i criteri, le regole di una normale indagine politica agli avvenimenti attuali della Persia. In quattro e quattr'otto tutti trovano il filo conduttore della situazione, e lo schema appare abbastanza semplice: togliere all'Inghilterra il privilegio immorale di godere a basso prezzo i frutti di un patrimonio altrui, le ricchezze del petrolio. Il moto del nazionalismo, unito a ragioni d'interesse e di prestigio, ha preso un vigore impetuoso, una intransigenza da crociata. Ohi si mette contro questa corrente è tolto di mezzo, e l'assassinio del Primo Ministro Razmara sembra darne esatta conferma. Questo sarebbe il profilo della situazione interna persiana, di una chiarezza elementare, se non si tenesse conto di quei tremila anni che stanno alle spalle della Persia di oggi e disi suo petrolio. Le cose semplici qui non esistono, nè esistono problemi con i contorni precisi. Come uno specchio de infiniti, ingannevoli riflessi E la logica, quest'arma fondamentale dell'Occidente, diventa inservibile non appena si varca il Canale di Suez. La frattura che ci divìde dal mondo orientale è esattamente questa. L'anima disseccata formante, la Persia aggiunge )ad ogni Immagine il raggio di I_ o l e e i a n n , i a e e - Prendiamo, ad esempio, l'affare della nazionalizzazione del petrolio. Il quesito iniziale che vien fatto di porsi è questo: come è nata l'idea della nazionalizzazione, e quando ? Vi viene subito all'occhio una cornice romantica, di cospiratori coraggiosi: e il quadro in apparenza molto semplice dei due movimenti che si son fat ti i promotori delle rivendicazioni attuali. Il primo è il cosiddetto Fronte Nazionale, formato — poco più di un anno fa — da un pugno di agitatori liberali, con a capo un avvocato di 65 anni di nome Mussadegh. Un direttore di giornale (Baghai, direttore del « Chadeh », che vuol dire « Il Testimonio»), alcuni deputati, qualche intellettuale, un giovane ingegnere conoscitore dei problemi tecnici del petrolio, completano il quadro; tutta gente che aveva studiato in Francia, che aveva respirato a Parigi l'aria dell'universalismo liberale e repubblicano, e quella certa fronda antlbritan nica che è diffusa in Europa sul continente. Trovarono che i due contratti di concessione dei petroli persiani all'Inghilterra — quello del 1901, sotto il regno corrotto di Mozaffer el Din, e quello del 1933, sotto la dittatura di Reza Shah — ecnmtrisitpestplclttuissndptdgId a n o e a e e o r o — erano stati firmati senza la consultazione del popolo iraniano, e quindi democraticamente illegali. E che nulla poteva impedire i sacrosanti diritti della Persia a rientrarein possesso dei suoi beni, se cosi il Parlamento avesse deciso. Il secondo movimento è di ispirazione religiosa, più fanatico del primo, e più oscuro, più inafferrabile. Il fulcro di esso è il « mollah » della moschea Khan di Teheran, Ayatollah Kashani. Lo hanno soprannominato «il Gandhi del-' la Persia ». Ma è un Gandhi che predica la violenza, l'odio, la morte. Nella lotta antibritannica Ayatollah Kashani ha trovato il motivo insperato di un risveglio della coscienza islamica, del fervore religioso sopito in Persia da un buon secolo, e paurosamente declinante dopo le avventure delle due guerre mondiali. Il « mollah » Kashani ha fatto, del petrolio, uno « slogan » di propaganda religiosa. « H petrolio ha disseccato V. anima della Persia », ripete nelle sue allocuzioni alla moschea. « E' la corruzione che- ha distolto gli uomini dalla fede: e la corruzione della Persia ha per causa maggiore il petrolio». Il « Fadayan Islam », la setta del fanatismo musulmano, seconda il « mollah » nella sua violenza. Ma il grado dell'importanza di questo movimento è dato dalla scarsa autorità che i capi religiosi hanno conservato nella Persia d'oggi, in gran parte inosservante dei precetti del Corano, se non addirittura laica nelle grandi città La regola islamica è ancora viva nei villaggi, nelle campagne, sui monti: ma la periferia della Persia non conta, non ha peso sulle sorti del Paese, Quando non ci si lasci soggiogare dagli aspetti suggestivi di questa rivolta ideale, ci si accorge che « il Gandhi della Persia » è un piccolo prete ambizioso e fanatico, forse più ambizioso che fanatico. E sor- monzddmsagzrgFge sempre il dubbio che quella violenza non sia, alla fin fine, che una merce in vetrina. E quanto all'odio antibri tannico del « mollah » Kashani, ho avuto la netta impressione che gli inglesi per primi non lo prendano molto sul serio. In sostanza, i due ceppi principali del movimento per la nazionalizzazione del petrolio restano confinati a una minoranza che manovra sul patriottismo o sulla xenofobia della popolazione, sentimenti che spesso vanno di pari passo. E' inutile andare a cercare fino a che punto possano entrare, in queste cose, il comunismo o la Russia. Il comunismo in Persia è anche esso un partito di minoranza, come tutti gli impulsi politici che qui si manifestano. Il partito comunista persiano si chiama Tudeh, che significa massa. Ma si riduce ad una organizzazione con i quadri dirigenti, e senza base. Nel 1949 il Tudeh. venne sciolto e dichiarato illegale. Il provvedimento non ne ha nè sminuito nè accresciuto le influenze. Di fronte alla faccenda del petrolio il Tudeh è rimasto nell'ombra con qualche tentativo di inserirsi nella corrente all'inizio del dPPfiigpp movimento. E' rimasto nella ombra, cosi come è rimasta nell' ombra la Russia. I nazionalisti liberali di Mussadegh e i fanatici musulmani di Kashani lavorano in questo momento per essa, anche se si dichiarano anticomunisti, anche se affermano che il raggiungimento delle rivendicazioni nazionali è la sola barriera che la Persia può erigere contro il comunismo. Fuoco sotto le ceneri e l n i l Ogni difficoltà che l'Occidente incontra in Asia è un punto a favore della Russia. Più la matassa s'imbroglia in Persia, e più la Russia ne profitta. Può persino permettersi il lusso di attaccare di tanto in tanto, nelle emissioni in lingua persiana di Radio Baku, Mussadegh e Baghai. La cosa non fa che rendere il giuoco più interessante, e l'illusione più reale. Alla Russia non interessano in particolare le sorti del Fronte Nazionale, nè quelle della Crociata islamica. Quello che le importa, è il propagarsi in tutto il paese del denominatore nazionalistico che si trovava alla base dei due movimenti. Senza che vi siano precise adesioni a Mussadegh o a Kashani, tutti in Persia ormai cominciano a sentire l'orgoglio della lotta contro gli inglesi, tutti guardano al petrolio di Abadan come ad una rivendicazione giusta e onorevole, tutti pensano ai profitti che potranno derivarne. La verità è che i leaders degli attuali movimenti non han fatto che soffiare su di un fuoco che covava sotto le ceneri, e che essi da soli non avrebbero mai acceso con questa ampiezza. Il primo personaggio degli avvenimenti persiani, di gran lunga più importante dei modesti agitatori locali, non è altri che Roosevelt. E' Roosevelt che ha gettato l'Asia in braccio al nazionalismo, è Roosevelt che ha aperto la strada a tutte le ribellioni e a tutti i separatismi, da quello di Nehru a quello di Soekarno, dall'Indocina alla Persia. Nel 1943, a Teheran, Roosevelt annunziò che dopo la guerra ogni Paese avrebbe dovuto disporre delle proprie risorse nazionali, e che il tempo della colonizzazione imperialistica era finito. Era il prologo essenziale di quello che oggi avviene in Persia. Dopo, gli errori dell'Inghilterra hanno aggravato la rottura. E l'indietreggiamento della potenza britannica sullo scacchiere asiatico ha completato l'opera. L'Iran non avrebbe avuto il coraggio di attaccare il leone se non si fosse accorto che il leone era debole e aveva il fiato grosso. Due anni fa i persiani si sarebbero accontentati, per il petrolio di Abadan, di fare a metà; il « cinquanta e cinquanta » dei contratti americani per il petrolio del Venezuela o dell'Arabia Saudita. In quel momento l'Anglo-Iranlan Oil Company poteva salvare il prestigio e l'avvenire dell'Inghilterra in Persia. Invece fece il viso duro, reagì come reagiscono gli inglesi quando si sentono toccati sul vivo: rispose di no. Oggi il « cinquanta e cinquanta » sarebbe un prezzo impncinodsmqrrldI insperato per uscire dal dilemma della nazionalizzazione, persiani dicono che preferiscono chiudere i pozzi piuttosto che continuare a tenersi gli inglesi in casa. La loro cifra non ha più percentuali: o tutto, o niente. Come finirà la vicenda? Quale è esattamente la sua Incidenza sulla strategia mondiale del petrolio? E' su questi argomenti che continueremo la nostra inchiesta. Gianni Granzotto