Sette lettori di Apollinaire

Sette lettori di Apollinaire Sette lettori di Apollinaire In piena guerra — aprile del *ij — una sconosciuta scrittrice di provincia indirizzava al poeta Guillaume Apollinare una garbata quartina augurale, firmandosi con uno pseudonimo maschile, Yves Blanc (era la figlia di un Pierre Brun, studioso di Cyrano). Apollinare rispondeva in versi, tre mesi dopo: Bien qu'il me vietine en aoAt votre quatrain d'avril..., e si riprometteva di ringraziare la donatrice appena vinto c le Boche l&che et vii ». Egli era allora cannoniere nella 701 batteria del 38° reggimento d'artiglieria da campagna (passerà poi in fanteria), avendo deliberato di combattere per la sua patria di adozione e così perdendo la cittadinanza italiana mantenuta fino al 1014 (ma non dimenticò la terra natale, dove anche aveva amici come Carrà Severini e De Chirico, Savinio e Prampolini, Papini, Soffici e Un garetti: anzi, esattamente due giorni dopo la risposta poetica a Yves Blanc, scriveva in trincea un'ode all'Italia, madre e figlia e f qualcosa come una sorella»). Yves Blanc era una donna gen tile, ma riservata, e sposata per di più; Apollinare uomo amoroso e sensuale, ma pativa ancora il bruciore della rottura con Lou, la più amata di tutte (e pur sem pre « un amour qui se meurt est plus doux que les autres») e sta va per fidanzarsi con Madeleine P.: i loro rapporti dunque furono cortesi, amichevoli, appena galanti da parte di lui. Yves Blanc non fu più che una madri ru di guerra, benché nulla apparisse mai dei ridicolo tenuto da entrambi. Apollinare ricordava con allegria il caso di un ufficiale ferito che aveva messo un'inserzione sulla «Vie Parisienne»: cercava una madrina e in tre giorni se ne offrirono 229, e che alta percentuale di bruttezze! Niente di questo genere dunque: ma una « correspondance agréable et désintéressée ». E' un pacchetto di trenta letteri: (Lettres à sa marraine, a cura di Marcel Adórna - N.R.F. 1951; in buona parte già pubblicate nelle «Nouvelles Littéraircs» del 1933): il solo motivo sentimentale che le lega tutte, vorrei dire, è quello del talismano in rime, quella primitiva quartina mandata « a sfida dei destini tenebrosi ». Soltanto una volta questa semplice amicizia par che si libri in un cielo più vago e più tenero. E' l'inverno, fa un freddo da lupi, il poeta è rintanato nella sua buca fangosa, e triste, ma tuttavia « felice di sapervi bella », manda alla madrina una delle sue patetiche ballatelle preziosamente evasive, di cui fu l'ultimo, in Francia, ad avere il segreto (ma è la malinconia del tempo che fugge — dirà in una lettera — la fonte stessa della sua poesia); due di quei versi suonano così: Je suis le bleu soldat d'un reve - pense à moi mais perds la raison... Ma è un niente, quanto a reale significato amoroso. Un'altra volta manderà una stessa poesia a Yves Blanc e a Madeleine, e così gli capiterà di fare altre volte ancora, con due o tre donne nel medesimo tempo; e non c'è bisogno per spiegare questa disinvoltura di filosofarci tanto sopra come il suo amico André Rouveyre (che, per altro, nel 1945, raccolse in un libro molti inediti di Apollinare e ci fece desiderare una edizione completa di quel poeta affascinante). Madrina e figlioccio di guerra non si videro che una volta, più tardi, nel '17, al giardino del Lussemburgo « ...e potei rendermi conto — ricorderà un giorno lontano la donna — dell'esattezza del ritratto che, nelle lettere, mi aveva tracciato di sé»: lei vestita a lutto, e lui nella sua uniforme decorata della croce di guerra, fiero, solido, il viso massiccio e, non so perchè, non riesco a immaginarlo se non come nella più nota fotografia, con quella specie di armatura che Serrava, pari a una corona di supplizio, il povero cranio già due volte trapanato. L'azzurro soldato d'un sogno era stato gravemente ferito alla testa, il 17 marzo del 1911S, per lo scoppio d'una granata, mentre leggeva in trincea il suo < Mercure de France ». « Si vede che non avete più pensato a me — scriverà allora alla madrina — e così il talismano non poteva più agire... Fate, se volete, un poemetto sul mio casco che si è lasciato trapassare per salvarmi la vita». (La poetessa obbedì). Ricoverato più co modamente all'Ospedale del Go> verno italiano, diretto dall'ambasciatrice Bice Tittoni, si ricorderà qualche volta della corrispon dente, lontana nel sole del suo paese, forse per un rimpianto delle belle donne che avevano desertato la fredda e pericolosa Parigi. Agli inizi del 1918 Apollinaire è di nuovo all'ospedale per una gravissima pleuropneumonia. Una lettera del 10 maggio dà notizia del suo passaggio agli uffici di censura del Ministero delle Colonie e del suo matrimonio. Ma la sposa non è Madeleine; è la graziosa Jacqueline, la signorina Kolb, che gl'ispirò il poemetto La jolie rousse, col quale si chiuse il piccolo libro di Calligrammes e terminò anche, a trentott'anni, la sua vita. La jolie rousse è un testamento letterario e sentimentale, ma, come in un testamento, la commozione trattenuta sgorga alla fine, appena il corno delle vecchie canzoni gli ha soffiato all'orecchio quel suo grido in sordina: Vaici que vient Vèti la saison violente - Et ma jeunesse est morte ainsi que le prin temps... « Ridete, ridete di me — dice il poeta — perchè vi so no tante cose che non oso dirvi, tante cose che non mi lascereste dire, abbiate pietà di me ». E' proprio un estremo congedo. C'è, due mesi dopo, un prò gYlgsqs9dndppiqttsg getto di nuovo incontro con Yves Blanc a Troyes, ma Guillaume vuol raggiungere la moglie in Bretagna. Un bigliettino senza data, ma dell'ottobre di quell'anno, manda semplicemente scuse e omaggi. E' l'ultimo: il 9 novembre Apollinaire è morto, di grippe. E non avrà scritto la prefazione promessa ai versi dell'amica, delle cui ansie artistiche si era preso tanta sollecitudine. Anzi, possiamo dire che la breve corrispondenza con Yves Blanc, se ha per noi un reale interesse, un interesse unico, è proprio per quello scambio di confidenze letterarie, che vi predominano e, fuori di sede critica, acquistano il valore^ di una schietta e libera testimonianza. Per quel che veniamo a sapere di Yves Blanc non ci cresce la curiosità. Le sue poesie, nonostante il « talento » riconosciutole, non sembrano sfuggire a una larvata taccia di convenzionalismo da parte dell'eccezionale giudice Apollinaire. Quanto al romanzo, Histoire de la Maison de VEspine, esso è squisito di gusto e di erudizione, dice ancora Apollinaire, ma . quanto amabile eccesso nelle sue lodi! (Il figlioccio di guerra è, in pratica, il vero padrino nella sola cosa che li tenga uniti: la letteratura.) Le lettere sono invece attraenti per certe rime inserite — e per uno di quegli «ideogrammi lirici », che solo più tardi verranno intitolati « calligram mi » — ma soprattutto per la difesa che Apollinare vi fa della sua « novità » di poeta, del suo equilibrio fra tradizione e invenzione, fra Ordine e Avventura (come dirà nella Jolie rousse) «Voglio essere un poeta nuovo, così nella forma come nella sostanza, ma al contrario di alcuni moderni di poco fondamento nell'arte loro io ho il gusto profondo delle grandi epoche»: cioè il Gran Secolo, i classici, e non solo Racine e La Fontaine, ma anche Malherbe e Maynard, « meravigliosi verseggiatori », ( Motin e Cyrano. « Il miglior modo d'essere classico e ponderato è quello d'essere del proprio tem po senza nulla sacrificare di quel che gli Antichi ci hanno potuto insegnare ». Anche l'invenzione e l'avventura avevano per lui una regola inflessibile, ma interna e non esterna, non scolastica e non meccanica: la libertà del poeta. E questa ispira non solo i versi liberi, ma anche i versi regolari, perchè sempre la libertà crea la necessità. Invece quella libertà di cui discorre a sua volta Yves Blanc sembra molto simile a un arbitrio erudito, a un gioco per pochi, troppo lontano dall'urna nità. « Io non spero più di sette amatori dell'opera mia — con elude Apollinaire — ma li desi dero di sesso, di condizione e di nazionalità differenti ». Sette ideali amatori, ma sparsi nel mondo, occhi e orecchi, anzi cuori del più vasto mondo: l'originalità del poeta doveva risuonare molteplice, attingendo una classicità nuova. Ecco, se vi piace, l'elenco dei sette prescelti: un boxeur negro e americano, un'imperatrice della Cina, un giornalista boche, un pittore spagnolo, una giovane di buona razza francese, una giovane contadina italiana e un ufficiale inglese delle Indie. Franco Antonicelli iiiiHiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitntiiniiiiiitiii La principessa Giuseppina Carlotta del Belgio sta scendendo in tei dalle pèndici del Matterhorn. Ella si trova in Svizzera con I fratelli principi Baldovino e Alberto. uiiiiiiiiiiimiiiimiiiiiUNiiiiiiiiniiMiiiimiiiMiiiMiiiiiiiiiiiiiiNuiimiiiiiimiim

Luoghi citati: Belgio, Cina, Francia, Indie, Italia, Lussemburgo, Parigi, Svizzera