I tempi sono molto difficili per la frutticoltura torinese

I tempi sono molto difficili per la frutticoltura torinese Ferma l'esportazione, scarso il consumo interno I tempi sono molto difficili per la frutticoltura torinese I tempi sono difficili per la frutticoltura. Anche Torino, e le zone viciniori ne portano le conseguenze. Forse potrà stupire che si parli di frutticoltura per Torino e la sua provincia. £1, infatti, questo. territorio non può competere con quelli di Cuneo, Bolzano, Trento, Verona, Ferrara, Fori), Ravenna, Napoli, e delle province siciliane, nel campionato della produzione. Sulle colline preappenniniche prossime alla città, su quelle moreniche e prealpine che si distendono ad arco tra Rivoli e Pinerolo, nelle valli della Dora e della Stura, del Pellice e del Chisone, dell'Orco e del Malone, non tutte le specie frutticole della flora mediterranea siano presenti e non rispondano ogni anno all'appello dell'agricoltore e alle sollecitazioni della natura. La situazione e, dunque, già difficile a causa del clima. Prevale il melo, specie che richiede normalmente poco alle risorse del suolo e sopporta le intemperanze. La sua produzione di 110.000 q.Ii annui colloca la provincia all'ottavo posto nella scala, della gerarchia produttiva nazionale ed al secondo di quella piemontese. Purtroppo, parte di questa cospicua massa è rappresentata dalla volgare varietà < Firminello> le cui mele servono alla elaborazione del sidro. Le altre piante sono il pero e il pesco. Il primo partecipa all'economia provinciale con un tributo annuo di 50.000 q.li; il secondo con uno di 30.000. Scarsa importanza, la loro, in confronto alla finitima provincia di Cuneo ed alle frutticole province altoatesine e campane (per il pero); di Savona, Verona, Ravenna, Napoli, ecc. (per il pesco). Notevole importanza ha peraltro il ciliegio che si trova nel versante a mezzogiorno della collina torinese. La sua produzione è consolidata sul 25 mila quintali. Sui 12 mila invece la produzione del susino, pianta onnipresente da iiiimiiiiiHimiiiiiniH farla ritenere la specie apolide della frutticoltura. Questa è la situazione resa encor più difficile da una crisi di consumo, che grava su tutta la frutticoltura nazionale, per via degli ostacoli che intralciano, e minacciano addirittura di arrestare il commerciò di esportazione. Recente mente è stato concesso alla Germania — la più grande consumatrice del nostri prodotti orto-frutticoli — di destinare il fondo monetarlo O.K.CE. agli acquisti di generi di prima necessità, quali sono la lana e il cotone, a danno evidentemente della frutta e degli ortaggi. Venendosi a comprimere l'alveo germanico, alla nostra produzione non resterebbe che la valvola del consumo interno. Purtroppo però la ostacola una situazione economica di fatto, la quale induce il popolo meno abbiente a porre in prima linea pane, carne e latte e in ultima linea — come genere di lusso, vino, formaggio e frutta. e. b.

Persone citate: Malone