Belgrado vorrebbe mantenere immutata l'attuale situazione di Gino Tomajuoli

Belgrado vorrebbe mantenere immutata l'attuale situazione La questione del Territorio libero di Trieste Belgrado vorrebbe mantenere immutata l'attuale situazione Un commento del "New York Times,, - L'America continuerà a sostenere le tesi italiane (Dal nostro corrispondente) Washington, 17 marzo. La prima reazione jugoslava ai velati suggerimenti alleati per l'inizio di un negoziato diretto fra Roma e Belgrado sulla questione di Trieste, è segnalata al New York Times dal suo corrispondente da Belgrado ed è in sostanza confermata da un lungo rapporto al Dipartimento di Stato della Legazione americana in Jugoslavia. Secondo il corrispondente, il Governo belgradese, irritato da quello che giudica un tentativo italiano di pressione sugli alleati per la riconferma della validità della dichiai azione del 20 marzo, ha deciso di non modificare il suo precedente atteggiamento: assorbimento definitivo della zona « B », in cambio del ritorno della città di Trieste all'Italia: e inoltre cessione alla Jugoslavia dei comuni della zona « A » abitati in prevalenza da sloveni. . . Una sottile analisi « Il Governo di Belgrado — scrive il corrispondente — si rende conto che nessun Governo italiano può accettare lo " statu quo " come base di discussione per una soluzione permanente del problema, ma poiché gli jugoslavi detengono la zona « B », sono preparati a resistere ad ogni pressione che gli italiani potranno organizzare ritenendo che tale pressione non potrà mai tradursi in azione fisica. Essi pensano inoltre che il tempo e la crisi europea confermeranno il loro possesso della zona « B ». Essi considerano l'agitazione per Trieste come una manovra dei partiti politici italiani per scopi interni e la dichiarazione alleata del '48 come una manovra senza valore politico internazionale intesa solo a favorire la stabilità politica interna dell'Italia. Per quanto poi la Politika di Belgrado denunci con violenza la riaffermazione della dichiarazione, si ritiene che ciò rifletta più le necessità della lotta politica che la vera posizione del Governo jugoslavo. Questo anzi è soddisfatto che, pur riaffermando la validità della dichiarazione, i tre governi alleati hanno in realtà dato soddisfazione alla posizione jugoslava perchè hanno adottato il parere che l'Italia deve cercare di risolvere il problema con negoziati diretti con la Jugoslavia. Non esiste alcuna indicazione che i firmatari della dichiarazione del '48 siano preparati o almeno disposti ad esercitare la minima pressione su Belgrado. Il governo jugoslavo, conclude il corrisponden¬ te, pensa sempre che una soluzione può esser trovata solo attraverso negoziati diretti e senza la partecipazione o la interferenza di altre Potenze. Per tal motivo esso respinge la dichiarazione del '48 ». Le informazioni ed i commenti segnalati al « New York Times » sono giudicati al Dipartimento di Stato in modo sostanzialmente diverso. In primo luogo si osserva che, almeno per quanto riguarda Washington, si è deliberatamente voluto evitare di consigliare l'Italia ad iniziare un negoziato con Belgrado, pur dichiarando di seguire con simpatia ogni mossa del genere, proprio per non far supporre a Belgrado che l'Italia veniva spinta ad un compromesso ad ogni costo, ciò che avrebbe diminuito l'autorità dei suoi negoziatori. In secondo luogo Belgrado non può contestare la validità della dichiarazione come base per la ricerca di una soluzione permanente perchè le potenze alleate amministratricl della zona A, hanno pieno diritto di proporre quella soluzione della questione. L'attento esame delle reazioni jugoslave, però, fa pensare al Dipartimento di Stato che esse possano essere interpretate più come la prima mossa per l'apertura di un negoziato, che sarà delicatissimo lungo e difficile, che come l'insolente rifiuto a trattare su basi diverse da quelle scelte da Belgrado. L'obiettivo a cui mire rebbe Belgrado sarebbe quello di una nuova delimitazione su base etnica delle due zone. La intransigenza delle prime reazioni non dovrebbe es sere presa alla lettera, ma neppure sottovalutarla, però, temendo di indebolire la sua capacità di negoziato, Belgrado avrebbe deciso di assumere come base di partenza quella del mantenimento dello statu quo. Non sviluppi rapidi SI pensa negli ambienti diplomatici che se le tre Potenze non faranno intendere a Belgrado che la sua interpretazione della recente riconferma della dichiarazione non deve essere considerata come una indiretta approvazione del punto di vista jugoslavo, svaniranno anche le deboli possibilità di un compromesso reciprocamente onorevole. Mentre sulla questione triestina è quindi difficile attendersi sviluppi rapidi, l'Italie ha ottenuto un notevole successo con l'ammissione al Comitato centrale della conferenza internazionale delle ma¬ terie prime che, costituito finora solo dalle tre grandi Potenze, è stato oggi allargato colla inclusione anche dell'Australia, Brasile, Canada, India e dei rappresentanti dell'OJE.C.E. e degli Stati americani. L'Italia fa parte quindi dell'organo dirigente che comprende le otto nazioni maggiori consumatrici e produttrici, sicché ogni decisione, nelle complesse e dibattute questioni della assegnazione delle materie prime, potrà essere discussa dai nostri rappresentanti ad un livello assai più elevato. Il nuovo comitato centrale si riunirà a Washington nelle prossime settimane per fissare i lavori dei sette comitati individuali ognuno dei quali si occuperà della produzione consumo ed assegnazione di una singola materia prima. L'Italia è già stata invitata a partecipare a quattro di essi. Gino Tomajuoli IIUIIltMIIiriIMMIll IIMIII1I1IMIII1I11IIIII1I1UM1IM