Sette cittadini di Voltana si dichiarano autori della strage

Sette cittadini di Voltana si dichiarano autori della strage COLPO DI SCENA AL PROCESSO MANZONI Sette cittadini di Voltana si dichiarano autori della strage La lettera alla Corte - "Le persone che voi state giudicando sono innocenti. Il nostro è un atto di giustizia. Non ci costituiamo per non rinunciare a una libertà alla quale abbiamo diritto,, (Dal nostro inviato speciale), gdMacerata, 6 marzo. Alla ripresa del processo per la strage dei conti Manzoni facciamo subito la conoscenza degli ultimi quattro « uomini del cerino >. La sera del 7 luglio 1945, alla Frascata di Lupo, com'è noto, la contessa Beatrice, i suoi tre figli Giacomo, Luigi e Reginaldo e la domestica Francesca Anconelli vennero caricati su una macchina e condotti a morte. Mentre i giustizieri compivano l'opera loro, alla Frascata cominciò il saccheggio e Primo Cassani, l'imputato-accusatore, notò nel suo memoriale cose e facce interessanti. Sotto il portico della villa era un andare e venire di ombre che portavano sulle spalle vari sacchi, la roba dei conti che cambiava di padrone. Cassani, che era rimasto di guardia in cortile, entrò in casa, accese una sigaretta, vide nove uomini e ne riconobbe sette. Si deve dunque alla fiammella di quel cerino (una fiammella che in verità è sempre parsa troppo luminosa alla difesa) e all'«azione vigliacca» del memorialista se sette sono in carcere da tre anni e da una settimana si trovano con gli altri nella gabbia di questa Corte d'Assise. Enea Costa, Rino Martini, Abelardo Fabbri e Marino Salani, interrogati dal presidente Ciaccia, con la consueta diligenza, hanno soffiato energicamente sul cerino della Frascata, che tornava a riaccendersi, e cioè, per dirla in termini giudiziari, hanno pron tamente negato qualsiasi loro partecipazione sia agli omicidi che alla rapina. Ancora una volta, come già gli successe sotto il portico della villa, Cassani è rimasto al buio e si è messo a sedere in fondo alla gabbia, senza nemmeno lo svago di una sigaretta. Gli « uomini del cerino » .Enea Costa fu arrestato il 2 agosto del 1948 e fu messo subito a confronto con Cassani per chiarire due circostanze importanti: la riunione tenuta a j-iavezzola per preparare la impresa contro i Manzoni e successivamente la sua presenza alla Frascata nella notte del 7 luglio. L'imputato è molto esplicito nel definire il contegno dei carabinieri: « Sono spiacente di non avere preso la sedia e di non averla rotta in testa al maresciallo Doro e a Cassani. E' stato il solo errore chi', abbia commesso >. E ricorda, come hanno fatto altri, la famosa lampada tipo « buio a mezzogiorno * di cui il maresciallo si sarebbe servito nei suoi estenuanti interrogatori. Il Presidente osserva che non ce n'era bisogno, dal momento che lui, Costa, ha potuto mantenersi sempre sulla negativa. Non importa: l'attacco ai carabinieri continua. Presidente — Avevate motivi di rancore contro i Manzoni? Vi avevano fatto del male? Costa — No. Cioè ho ricevuto il male che hanno avuto tutti gli altri che allora erano partigiani. Donegaglia (dalla gabbia) — Gli Hanno bruciato ia casa. 11 Presidente redarguisce Donegaglia. Costa nega di avere mai indossato ìnuunienti dei trucidati. Rino Martini coadiuvava Donegaglia nel comando della polizia partigiana di Lavezzola e fu quello che accompagnò la signorina Valeria Manzoni in una visita alla Frascata, pochi giorni dopo la strage. « JNon ricordo — egli dice — se la porta era aperta oppure no. Dentro c' era un gran disordine, biancheria per terra, cassetti aperti. Il 12 agosto del lb4ò mi recai a Bologna dalla signorina Manzoni: dovevo fissate un appuntamento tra lei e Donegaglia che dovevano andare insieme a Ravenna dai (Questore. Ma appena arrivato a casa della signorina due agenti mi arrestarono ». Il più divertente fra gli « uommi del cerino > è senza dubbio Abelardo Fabbri, n deviazionista della borsa nera, l'eretico di Giovecca a causa delle caramelle fasciste. Costui era stato fino all'8 settembre gestore dello spaccio della casa dei fascio di Giovecca ma poi, mutati i tempi e mutata anche la denominazione di quell'edificio, egli dovette cedere il passo a un nuovo gestore meno compromesso col regime. Poi Fabbri si era aggiornato: si era iscritto al partilo comunista, fece un po' il partigiano, ebbe pure la tessera dell'A.N.P.I., ma apri un caffè in facc.a alla casa del popolo. « Non so spiegarmi — egli esclama — perone Cassarli abbia detto di avermi visto alla Frascata quando io a quel tempo non ero più m rapporto con i miei compagni, non ero più nella linea del P. C. Avevo mal di stomaco e BdtetrAchqnulappsmreladotezastsunagleapdfuVgtolaulopstctrcvbsrvqsgcrnzmesmpnvmdmhvpbPstltttd. per arrangiarmi mi ero dedi- cato al commercio». Un com- msreio che, a demanda del Presidente, egli non ha difn-colta a precisare nei suoi ter- mini nifi r-riirli- hnvua npra mini più ciudi, ooisa. nera. Fatto sta che ai borMneristae deviato., vennero nt.rate le tessere del P. C. e dell'A.N.P.I. e a Giovecca s'incominciò araccomandare ai compagni di ncn frequentare il locale tenuto dal i traditore ». Si parla pure di certe caramelle ni fcTfo nT nmwiTn sottratto n-o» bdte al popolo, sottratte eoe durante il passaggio della gc- stions della casa del fascio.Fabbri si proclama innocente, Anche l'ultimo dei quattro,Marino Salani, si è dichiarato innocente. / presanti ricettatori Finito l'interrogatorio degli imputati principali, si passa ai presunti ricettatori e favoreg glatori. La prima e la più attesa dal pubblico è Donna Bartolini, la maestra che ha fatto tanto parlare di sè a causa degli oggetti e di alcuni , gioielli provenienti, ai disse, dalla Frascata. In casa la l a n o i a e è a l o e a a e e o a n a e i, o ei i. n o a. ol eo o ) a. e nia a oò ni oe. — re n rooi: noaeiali za Bartolini teneva un bauletto dalla serratura forzata. Quando i carabinieri dissotterrarono le salme dei cinque trucidati, indosso alla povera Anconelli venne trovata una chiave che apriva appunto quel baule. Inoltre la maestrina si fece vedere in giro con un medaglione e con una spilla antichi e con due astucci per orologio e per collana che parvero sospetti. Vinto l'orgasmo che allora le procurò l'arresto e ritrovata la memoria, la Bartolini è adesso in grado, sia pure con qualche incertezza, di stabilire la provenienza di tutti gli oggetti contestati. XI baule fu comprato da sua madre molti anni or sono a Codigoro; il medaglione antico è in realtà una medaglia di Santa Teresa donatale a Vergato nel 1935 da un ammiratore; l'astuccio più piccolo conteneva un orologio da polso, due oggetti che le furono ugualmente regalati a Volano, mentre l'astuccio più grande di velluto fu acquistato da lei a Codigoro. La spilla antica invece non era che una modesta spilla di similoro comperata a Lavezzola per 700 lire. Tutto è dunque suo, tutto le appartiene legittimamente. La lettera alla Corte Il Procuratore Generale, non convinto rlle\a alcune contraddizioni dell'imputata, e rirerendosi alla chiave dell'Anconelli esclama: « E' una chiave che è venuta da oltretomba ». Emilia e Lucia Bassi, due sorelle, sono imputate di avere ricettato lenzuola, valige, vestiti, ecc. Ma esse negano qualsiasi addebito. Nello stesso modo si comportano Angelo Tozzi, Luigia Baldi, Francesco Baldoli, Antonio Venturini e Giuseppe Ricci Maccarini, imputati tutti di ricettazione e di favoreggiamento, mentre Emma Pasi riconosce essere vero che le sorelle Bassi avevano in consegna del materiale (lenzuola, abiti ecc.), proveniente però dal magazzino del C.L.N. e non già dalla villa Manzoni. Sul finire dell'udienza pomeridiana, si è avuto il colpo di scena. L'aw. Sotgiu, a nome del collegio della difesa, ha comunicato di avere ricevuto in quel preciso istante un plico contenente una lettera in busta chiusa indirizzata al Presidente della Corte d'As sise. Il dott. Ciaccia ha aperto la lettera e l'ha letta, fra la viva emozione dei presenti: « Poiché un irreparabile atto di ingiustizia, dice la lettera, si sta consumando ai danni di alcuni innocenti, ci dichiariamo colpevoli dell'uccisione dell'intera famiglia Manzoni, da noi soppressa la notte del 7 luglio 1945, e dichiariamo di avere agito di spontanea iniziativa per questa repressione che si deve considerare un atto di giustizia, in quanto quattro Furono i partigiani di Villa Pianta fucilati a Giovecca per colpa del conte Giacomo Manzoni, vice-segretario del fascio repubblicano di Lavezzola. Ci firmiamo: Santino Gagliardi, Pompeo Graziano, Olinto Zanolti. Paolo Cosello, Leonida Ceccoli, Fausto Tamburini, Alvaro Bacchini ». (Quest'ultimo è agente di pubblica sicurezza di stanza a Forlì). Tutti sono di Voltana, frazione di Lugo. Ecco come gli auto-accusatori raccontano i fatti: « Procedemmo al sequestro di una 1500 alla famiglia Gentilini: ricchi mugnai della zona. Con tale macchina partimmo da Voltana e attraversammo Lavezzola per dirigerci a Lugo. Una volta davanti alla villa Frascata rilevammo la presenza di alcuni estranei che invitammo ad allontanarsi Al conte Giacomo, che era sul cancello ordinammo di entrare nel palazzo; tre rimasero sul cancello e gli altri due (altri due sarebbero venuti più tardi con un camioncino) salirono insieme al conte. Di sopra riunimmo la famiglia Manzoni insieme alla cameriera in una stanza e poiché chiedevano spiegazioni, contestammo il loro operato di repubblichini. Essi ten¬ tcacdadnlmqcgalMesSpdntmtevscidmlrltesddpsttfmidsssiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii tarono oli darci delle giustificazioni. Noi replicammo e li avvertimmo che li avremmo condotti a Ravenna al comando partigiano. Nel frattempo arrivò il camioncino; prendemmo degli oggetti trovati nella casa: 20 paia di pantaloni, un certo numero di camicie, qualche lenzuolo e qualche coperta un fucile da caccia calibro 16. Questi oggetti furono poi distribuiti alla popolazione di Lavezzola. Caricammo quindi i conti Manzoni e la loro domestica e li portammo sul fondo prescelto per la loro esecuzione. Sulla macchina c'erano sul parafanghi anteriori Gagliardi e Bacchini, al volante Canotti e dentro Graziano. Giunti sul fondo Miccoli sopprimemmo la domestica e 1 conti a colpi di pistola e di mitra e quindi seppellimmo i cadaveri. Tornammo poi alla caserma di Voltana. Le persone che voi state giudicando sono innocenti. Il nostro è un atto di giustizia. Non ci costituiamo per non rinunciare a una libertà alla quale abbiamo diritto ». Alla lettera sono allegale le sette tessere di identità degli autoaccusati. La Corte si è ritirata per esaminare il documento presentato e l'istanza di rinvio del processo subito avanzata dai difensori. Dopo un'ora di permanenza in camera di consiglio il presidente è rientrato e ha dichiarato che la Corte respinge l'istanza della difesa non ravvisando gli estremi per un supplemento di istruttoria. L'udienza iniziatasi in modo abbastanza normale è proseguita nella noia; la giornata si è chiusa con un colpo di scena che non mancherà di scstacfiVccmvtiaretenplicdz« BdpcmmssbhdhiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiitiiPlardaam suscitare una vasta eco anche fuori di quest'aula di giustizia. Il cerino della Frascata è spento. Si è accesa invece la grande, improvvisa fiammata di Voltana. Giorgio Vecchietti

Luoghi citati: Bologna, Codigoro, Emilia, Forlì, Lugo, Ravenna