Eroe universale e casalingo di Paolo Monelli

Eroe universale e casalingo I.A MOSTRA DI C Itimi OFOItO COLOMBO A GENOVA Eroe universale e casalingo Pei liguri è l'antenato accorto a cui i discendenti debbono l'agiatezza - E l'America è poco più di un sobborgo, dirimpetto - Ma egli è uno dei pochi uomini noti a tutti i popoli della terra - Per il suo culto, due pizzichi di ceneri... be a scorgere oltre le case Genova, marzo. Quando molti anni fa per incarico di un giornale feci con Novello un viaggio « Attraverso i monumenti d'ItaUay, ci accorgemmo che non c'era città o borgata lombarda o piemontese che non avesse il suo bravi monumento o busto o lapide al Cavallotti; come, passati in Liguria, non trovammo citta o borgata che non avesse un monumento o un busto 0 una lapide a Colombo; dal monumentane di Genova sul piazzale della Stazione che a guardarlo si ringrazia il Cielo che l'effigiato non oda e non veda, che quel Cristoforo Colombo in cima alla colonna rostrata, se fosse dotato di sensi, non so se riuscireb- dirimpetto che scendono a San Giovanni di Prè e alla Piazza Commenda almeno uno spicchio di porto, ma certo avrebbe l'occhio continuamente sulle evoluzioni dei treni, fiuterebbe giorno e notte l'odor grasso di fumo di olio di morchia delle rotaie — dal monumentane di Genova, dicevo, al monumento di Santa Margherita Ligure in cui Colombo accenna co-i un ditino alzato come chiamasse un tassì, e al monumentino di Diano Marina del tipo che Novello definiva « basta il pensiero », issato in cima ad una colonnina un Colombo ragazzino ron le gambe tremanti e l'occhio da povero bimbo che chiede l'elemosina. Ogni borgo lo rivendica — Cristoforo Colombo e Cavallotti! — esclameranno i lettori; — ma non c'è paragone; altro è lo scopritore di un nuovo mondo, altro è una modesta celebrità nazionale che dovette più che altro la sua rinomanza ai suoi duelli, di cui l'ultimo gli fu mortale. Ma certamente neanch'io ho pensato ad Istituire un paragone fra i due effigiati; voglio soltanto dire che Cristoforo Colombo per i liguri i si l'eroe universale celebrato da un polo all'altro, familiare anche agli eschimesi e ai patagoni, ma è anche e soprattutto una celebrità locale, un eroe provinciale e casalingo; è l'antenato furbo ed accorto a cui i'discendenti, o molti di essi, debbono l'agiatezza; è il compaesano che è andato avanti a cercar fortuna ed ha trovato il posto adatto ed ha chiamato a raggiungerlo parenti 0 amici e compatrioti. E per questo fra i tanti monumenti dedicatigli il più onesto è quello che c'è a Lavagna; dove appare dalla lapide che il monumento è stato fatto con i denari di un concittadino che aveva fatto fortuna in America; si che appena tornato aveva voluto erigere a sue spese una statua all'uomo che quattro secoli prima ave-" va scoperto per lui la terra promessa. E' naturale che ad un eroe cosi ognuno di quei borghi e di quelle città vorrebbe potersi vantare di avere dato i natali, o almeno essere stata la culla della famiglia; Cogoleto lo rivendica per sè e lo contende a Genova, Albisola lo contende a Cogoleto, Bogliasco ad Albisola, Nervi a Bogliasco, e a tutti quanti Oneglia, anzi la valle del torrente Impero dove, a scoperta avvenuta, saltarono fuori non so quanti Colombo tutti con gli stessi nomi del padre e dei fratelli e dei cugini di Cristoforo. E infine bisogna pensare che l'America per i genovesi è poco più di un sobborgo dirimpetto, sì che l'impresa di scoprirla par loro più pratica che epica; c'è molt'acqua in mezzo, ci vogliono settimane per passare d\ là, ma vi ho già detto che i liguri quando sono per mare gli par di stare comodi in una carega a casa loro. Certi luoghi della Liguria hanno più gente loro in America, del nord e del sud, di qua e di là delle Ande, che in Patria; intiere colonie chiavaresi e camogline e sestrine sono bastate a popolare città nel nìiovo mondo. Intorno al 1870 oltre quattrocento famiglie genovesi erano impiegate nell industria del formaggio fondata dal genovese Giuseppe Magnasco nella città di Goya in Argentina; l'altro giorno a Chiavari mi hanno parlato di undici fratelli Cima chiavaresi che sono andati in Perù e vi hanno messo su undici negozi, uno per ciascuno, e tutti prosperi. Si sa che alla Boca, sobborgo marino di Buenos Aires (che in un libro dell'eccellente giornalista francese Jules Huret, uno di quelli che non storpiano i nomi, uscito nel 192S, è ancora chiamato all'italiana o alla genovese la Bocca), il dialetto della gente, anche dei negri (e di un certo bancarettaro cinese che vide Giovanni Descalzo) è il genovese. Molti liguri non sono mai stati a Roma e a Milano e si trovano come di casa in Calle Corrientes o all'Avenida Rio Branco o nella Main Street di Brooklyn. Se ne sa poco Per ritrovare la misura di Colombo eroe universale, uno dei pochissimi personaggi noti nello stesso modo a tutti i popoli della terra, bisogna andare a cercare l'uomo nelle storie e nei documenti dell'epoca, nella testimonianza dei contemporanei, negli onori tributatigli da questa o quella nazione traverso i secoli, per cui l'anniversario del 1S ottobre, data del primo sbarco, è giorno festivo nell'America del Nord (Columbus Day) e Fiesta de la Raza in quella del Sud, e la gigantesca autostrada che si costruisce dal Canada all'Argentina ne prenderà il nome, e si sta erigendo a Ciudad Trujillo in San Domingo, la Espanola di Colombo, una tomba e faro gigante in forma di croce, lunga duemilacento metri, alta trentasei. Si ritrova ancora, quella misura universale di Colombo, negli stessi numerosi tentativi di altre nazioni di accaparrarselo come proprio figlio, non conteso più ormai fra Cogoleto e Albisola, ma celebrato a volta a volta come catalano o gallego o corso o marrano o portoghese o francese o greco o inglese o magariddio danese, come quando qualcuno ha fantasti¬ cato che fosse tutt'uno con un certo Giovanni Skolvo danese a cui fu attribuita la scoperta di una terra dell'America meridionale intorno al U76. Perchè questo è strano fenomeno, a proposito di un uomo cJie visse poco più di quattro secoli fa e fu celebratissimo in vita e trattò con le corti di Portogallo e di Spagna e col re di Erancia, che di molte cose della sua vita si sappia pochissimo, ed a quello che si sa si è arrivati soltanto traverso faticose ricerche di areMvi e indagini di studiosi che ne han fatto l'unico oggetto della loro attività. Ancora la XIV edizione dell'Enciclopedia Britannica del 19B9 è incerta sulla data di nascita di Colombo, oggi così sicuramente accertata per l'anno USI, che questa « Mostra Colombiana Internazionale » aperta a Palazzo San Giorgio quest'anno 1951 è intitolata al quinto centenario dalla nascita. Reliquie favolose Delle sue ceneri, trasportate da Valladolid a Siviglia,, e da Siviglia a San Domingo con quelle del figlio Diego, si perdettero presto le tracce; si ritrovarono, o si credette di averle ritrovate alla fine del secolo XVIII nel sottosuolo del presbiterio vecchio della cattedrale di Ban Domingo, ove erano senza lapide e senza precise indicazioni; di qui furono portate all'Havana nell'isola di Cuba, e da Cuba di nuovo a Siviglia nella cattedrale ove sono tutfora; senonchè nel 1877 in seguito ad una nuova riesumazione della cattedrale di San Domingo si scoprirono in una cassa di piombo nuove ceneri che per dichiarazione del console di Spagna « son efectivamente los restos del ilustre genovés el gran Almirante Don Cristobal Colon descubridor de la America », mentre le ceneri conservate in Siviglia sarebbero quelle del figlio Diego. Altri dicono che il figlio Diego fu seppellito insieme al padre e le sue spoglie son mescolate alle sue; il fatto sta che ci sono due tombe dello scopritore e nessuno sa quale sia la buona. Ci sono voluti studi parenti (di cui i risultati sono raccolti in due opere fondamentali, il Cristoforo Colombo redatto da Giovanni Monleone e pubblicato in cinque lingue a cura della città di Genova l'anno 1931, e il Cristoforo Colombo e la Scuola Cartografica Genovese di Paolo Revelli, pubblicato sotto gli auspici del Consiglio Nazionale delle Ricerche in tre volumi l'anno 1937), per dimostrare che un certo Cristoforo Colombo di cui esistono numerose tracce negli archivi di Genova, per cui si sa che aveva compiuti i diciannove anni il 31 ottobre H70, che era figliolo di Domenico Colombo nominato dal Doge di Genova custode della porta dell'Olivello e di Susanna Fontanarosa, che alla fine di agosto del H79, ventisettenne, dichiara nell'ufficio di Ludovico Centurione di aver trattato per lui e per il suo socio Paolo Dinegro affari nell'isola di Madera e di essere in procinto di tornare a Lisbona donde è venuto, che questo cittadino di Genova insomma che si dichiara laniere e marinaio e trafficante è la stessa persona che trattò con i sovrani di Castiglia per navigare alla vòlta del Ponente verso le In¬ die, che sbarcò a Guanahani il le ottobre H92, che fu nominato per questa sua scoperta Almirante Mayor del Mar Oceano y Visorey y Gobernador General de las Yslas y Tierra firme de Asia y Yndias. Non è fatta per viaggiatori curiosi, o per chi si contenta dell'immagine provinciale che si è fatta di Colombo, questa Mostra Colombiana di Genova; ma di grande interesse, e causa di commozione, per chi abbia pazienza di andare da una bacheca all'altra curvandosi sulle carte, leggendo i documenti, confrontando e commentando. Ci sono per esempio gli originali delle lettere autografe di Cristoforo Colombo indirizzate all'ambasciatore Nicolò Oderigo e ai Molto Nobili 8ignori del Magnifico Ufficio di San Giorgio, scritte si in lingua spagnola, ma con accorate espressioni di affetto e di nostalgia per la patria, come la famosa frase all'inizio di una delle tre lettere, « Bien que el coerpo aride aca, el coraQon està ali de continuo ». E' peccato che gl» attenti raccoglitori della Mostra non siano riusciti a ottenere dalI'Archlvo General de Indias di Siviglia un esemplare della Historia Naturale di Plinio stampata a Venezia nel 1489 con una postilla autografa in una lingua che non è più italiana ma non è ancora spagnola e nella quale per esempio il nome che Colombo dette all'isola di Haiti è scritto all'italiana spagnola (« la Isola... a la quale habio posto nome spagnola»); nè dall'Archivo Capitular di Siviglia il Libro de las Profecias con una postilla autografa tutta in lingua italiana; alcuni studiosi contestano che postilla e nota siano di mano di Colombo, ma ammettono che sono frasi iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiMiiiiiiimiiiimiiiiiiiiiiiiistrrdisdsip iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii iimmiiiiiiimmiiiiiiiin sue dettate al fratello Bartolomeo con il quale collaborava, e ad ogni modo appare dimostrato che la lingua di famiglia fosse l'italiano. Hfa la cosa che più turbo il visitatore di quella Mostra sono due mucchietti, anzi due pizzichi di ceneri e di ossicini sbriciolati conservati in due minuscole teche, Vuna proveniente dalla Biblioteca Universitaria di Pavia, l'altra dal Palazzo del Comune di Genova; una porzione di quel fondo di ceneri e di ossa ritrovate nella cassa di piombo nella Cattedrale di San Domingo l'anno 1877 e attribuite a Colombo: «algunas de las particulas y polvos que se hallaban sobre la mesa y que se desprendleron de los huesos principales », come dice il documento con cui sono donate al console italiano Luigi Cambiaso genovese. Reliquie favolose e minute come quelle dei primi martiri della fede conservate nelle più antiche basiliche; hanno perduto ogni certezza di realtà, ogni valore di spoglia autentica, ma sono commovente prova di una venerazione universale simile a quella dei credenti per i loro santi. Venerazione ben degna dell'uomo che dai più recenti documenti, e in opposizione alle affermazioni di certe vite romanzate, appare virtuoso, pio, ingenuo, straordinariamente semplice; moderato nella fortuna, pur col naturale desiderio proprio della nostra gente di accumulare Moli vantaggi e denari per i figli e per l'onore familiare, mite e rassegnato nella sventura, quando passò gli ultimi anni di sua vita, come tanti pensionati dei nostri tempi, a scriver memoriali su memoriali in sua difesa e a rivendicazione dei suoi diritti. Paolo Monelli