La strage dei conti Manzoni oggi alle Assise di Macerata

La strage dei conti Manzoni oggi alle Assise di Macerata La strage dei conti Manzoni oggi alle Assise di Macerata L'efferato delitto avvenuto presso Lugo nel luglio del '45 - La "festa popolare,, e la razzia nella villa - La scoperta della "buca,, dei cadaveri - Arrestati i responsabili con l'aiuto del cane lupo sfuggito al massacro - 27 imputati i o a ¬ (Dai nostro inviato speciale) Macerata, 1 marzo. Sull'ultima pagina di un quotidiano bolognese si poteva leggere l'altro giorno una necrologia inconsueta: una dozzina di nomi e cognomi bene incolonnati, e tra essi i nomi di sette fratelli la cui paternità veniva infatti ripetuta sette volte in quell'annunzio con crudele monotonia. (Ogni sera questo padre si affaccia sulla porta di casa e chiama i figli perchè vengano a cena; sono anni che è mezzo ammattito dal dolore, ma nemmeno adesso vuole credere che la sua famiglia sia finita tutta in una «buca», dentro a una di quelle orribili fosse che i giustizieri dell'una e dell'altra parte scavarono nel '44, nel '45, nel '46). Da cinque o sei anni la primavera in Emilia si annunzia anche con questi tristi comunicati sui giornali: coi necrologi inconsueti, con le dichiarazioni di morte presunta firmate dai cancellieri dei tribunali, oppure con- le notizie dei processi che si aprono in qualche lontana Corte d'Assise. I morti nelle fosse comuni, gli scomparsi che prima o poi affioriranno da altre fosse, e i vivi che nella gabbia si apprestano alla sentenza: tutto si riferisce a quegli anni spietati, a quel tempo tremendamente complesso e difficile da giudicare, quando in Emilia, come allora si diceva, la morte non costava niente. « Srazzare » Oggi è il tumo degli uccisori dei conti Manzoni, plebei romagnoli contro padroni romagnoli; un delitto che, più di tanti consumati in quegli stessi anni, riconfermano da quale furia omicida ed eversiva possono essere travolti certi popolani di Romagna, giovani e anziani in eguale misura, quando i troni e i regimi vacillano e cadono, quando tutto nella società costituita sembra scricchiolare, la rivoluzione sembra imminente, e venuto è tlc il momento di fare i conti coi* signori ». Su ciò i romagnoli di quelle contrade si esprimono anzi con parola più cruda ed evidente: « srazzare > dicono, ossia spegnere l'intera razza signorile togliendola dal mondo in cui vive e insieme dalle terre che essa detiene. Non per niente quella plaga della Romagna appartenne in signoria al duca Valentino e certi modi di dire popolari, estremamente machiavellici, ne mantengono viva l'immagine. La sera del 7 luglio 1945, i giustizieri di Lavezzola, In quel di Lugo, si presentarono alla villa della Frascata dove abitavano i conti Manzoni: la contessa Beatrice, di 64 anni, i suoi tre figli Giacomo Maria agricoltore, di 41 anni, Luigi diplomatico, di 39, Reginaldo chimico di 36, insieme con la fedele domestica Francesca Anconelll, sulla sessantina. I Manzoni, originari del Veneto, erano scesi in Romagna in- i uni in il ii in ii ii ii ii ii in ii ni ni ii in imi I i i i e i a i i , o a e è torno al 1400, stabilendosi nelle valli di Lugo fra il Senio e il Santerno, ossia proprio in quella parte della Romagna dove pullulano le ossa degli italiani e degli stranieri che nei secoli si sono uccisi in battaglia, in rissa e nelle imboscate per una quantità di motivi che vanno dalla difesa del Sacro Romano Impero fino alla lite per un cane da caccia. Un Giovanni Manzoni fu ammazzato da un suo contadino a causa, appunto, di un cane da caccia; un altro contadino uccise un Domenico Maria Manzoni per questioni che oggi si potrebbero vagamente definire politico-sindacali; e un Antonio Manzoni, braccato per alcuni anni da due sicari pagati da un certo ravennate, stentò a salvare la pelle. Gli ultimi Manzoni che si era. no uniti nel casato ai conti An sidei, perugini, non pensavano quell'estate del '45, di fare la tragica fine di molti loro antenati. Si erano riuniti nell'antica villa, dopo la liberazione, e aspettavano che la tempesta passasse. Giacomo Maria, detto Minuccio, aveva avuto qualche discussione con quei contadini e col capo lega a proposito del nuovo contratto di mezzadria, ma non erano cose gravi. La contessa Beatrice seguitava ad occuparsi di carità e di pratiche religiose, Reginaldo non mostrava di interessarsi eccessivamente alla politica e in quanto a Luigi, il solo in pericolo, tutto sembrava ormai appianato dopo l'avventura di Salò. Luigi era stato nella segreteria di Dino.Alfieri, al ministero della cultura popolare, occupan dosi del cerimoniale, poi era entrato in diplomazia, si era iscritto al fascio repubblichino aveva prestato servizio al ministero degli esteri di Salò, dove, pare, si era presto scontrato con qualche gerarca. Era un giovane impulsivo e per maloso, ma di buona indole e di tratto signorile. I repubbli c chini erano stati lusingati di i1 avere dalla loro un conte Man e i o r a i n o e a i, a i o a a I zoni, il nipote dell'ex-amba sciatore a Mosca e a Parigi, < sopratutto il discendente di quel Giacomo Manzoni che era stato ministro della Repubblica Romana e poi fuggiasco con Garibaldi, amico di Mazzini, esule con Tommaseo, e rimasto fino alla fine repubblicano Serissimo, tanto da rifiutare il laticlavio offertogli dal re. Ma a Lugo e dintorni i Manzoni erano già stati definiti « signori, fascisti, nemici del popolo », senza molte sottigliezze, e come tali i giustizieri di Lavezzola 11 avevano già condannati a morte, disponendo il « ritorno » al popolo dei loro terreni e dei loro beni. La strage Quella sera 1 Manzoni, insieme con Francesca, asservita < ai nemici del popolo », furono cacciati, pistola alla mano, in una stanza della Frascata. Si sa che Luigi fece atto di prendere una rivoltella mpdrgnn«cncgdrspgdrmcsaarfmtno a - i da un cassetto, ma la madre I si oppose perchè aveva orrore a*He armi, poco dopo alia 'Villa, che era stata circondata e ben vigilata dalle sentinelle, mentre nelle viottole interne si muovevano le staffette, arrivarono due automobili e un motociclista. La sera tardi le vittime furono condotte qualche chilometro più lontano in un campo del podere Limona che un tempo aveva appartenuto al Manzoni. Il campo era deserto, pieno di crateri di bombe aeree come la piana circostante, un cimitero ideale. I prelevati furono uccisi l'uno dopo l'altro a raffiche di mitra, colpi di pistola e di martello e seppelliti nella medesima buca. Reginaldo era stato il « più duro a morire », come scappò detto poi a un suo uccisore; era stato colpito a un braccio, si dissanguò lentamente e si lamentava nella ■notte. La fedele Francesca morì stringendo nel pugno la I grande chiave di ferro con cui I aveva chiuso H portone di {casa, come al solito, prima di j seguire nella morte i suoi padroni. Le automobili tornarono alla Frascata e ripartirono col bottino: vasellame, biancheria, gioielli, valige, bauli, fucili da caccia, pellicce, eccetera. L'indomani (era domenica) arrivò alla villa il parroco di Lavezzola per dire la Messa nella cappella e ai meravigliò di non vedere la contessa. I contadini erano stranamente taciturni e il piete se ne andò pocf persuaso di ciò che gli avevano riferito, che i conti erano partiti per Bologna, e a o o 11 e è el li a a r o * ai ni ii e ù e o o 11 oil il ia a magari avevano già preso il piroscafo per l'America. Certe domande, non riuscivano, del resto, gradite a molti in quei giorni. Di II a poco fu organizzata una festa popolare nella villa abbandonata e « Elie » ossia Silvio Pasi, excomandante partigiano comunista e uno dei dirigenti della camera del lavoro di Faenza gridò: « Non vogliamo sapere dove sono ora i Manzoni; sarebbero certamente qui se fossero stati più vicini ai popolo ». Il mandante La voce pubblica ' indicava già il Pasi come il mandante della spedizione e quella frase, ripetuta in giro, parve confermare i sospetti. Tutti i particolari riferiti vennero del resto in luce assai più tardi, tre anni dopo, giacchè nessuno allora, per omertà o per timore di rappresaglie, voleva affrontare decisamente l'argomento dei Manzoni. Nell'estate del '48, due ufficiali dei carabinieri, il maggiore Arenzano e il capitano Tessitore, iniziarono le indagini, ferma rono all'improvviso una trentina di persone e si seppe la verità. Primo Cassarli, oapole ga dei braccianti di Gioveoca, raccontò per filo e per segno l'impresa del 7 luglio, disse chi l'aveva predisposta e comandata (il Pasi) fece 1 nomi di tutti coloro che vi avevano partecipato: operai, braccianti, mezzadri, guardie comuna li e daziarle, piccola gente che aveva subito l'influenza di « Elie ». Alla fine il Cassani indicò anche la fossa della Limona e si scoprirono i cinque cadaveri. Frattanto non pochi si erano traditi per sbadataggine o per imprudenza, mostrandosi in giro con oggetti che aveva no appartenuto ai conti. Come fece Dorina Bartolini, una maestra di Giovecca che si presentò a una festa con una collana e una spilla sul golfino, troppo belli e antichi per lei. In breve, tirata finalmente la rete, sono 12 i romagnoli che domani, iniziandosi il processo alla Corte d'Assise di qui, dovranno rispondere di omicidio plurimo a scopo di rapina, sequestro di persona, vilipendio di cadaveri, e 15 in fllllllllltllllllllllllllllllllillllllilliltlllf IIIIIMIlllT vece sono accusati di ricettazione e di favoreggiamento. ] più noti sono Silvio Pasi, indicato per il comandante e Primo Cassani — il memorialista — .che più tardi ha tutto negato, elda stregua dei suoi compagni di cella e di cellula. Questi unni campagnoli del '45, dall'aspetto niente affatto 1 ombrosi ano, ma anzi normale e gradevole come è della gente di Romagna; questi giustizieri del trebbio, credettero di «srazzare» cosi quella odiosa e perniciosa stirpe feudale, e invece uccisero due vecchie e pie donne, tre giovanotti inermi e persino la cagnetta della padrona, « Ldli na ». Il maschio, il cane lupo detto « Vento » riuscì a scappare, lo hanno preso i carabi nieri e li ha aiutati nelle ricerche, dicono con molto zelo. I fermati in caserma non volevano sentire quel suo lamento lungo nella notte. Ne avevano paura. Giorgio Vecchietti llItllllllllIIIIIIIIIIItlItlllllllIIIIIIIIIllllllllllIlllll La contessa Beatrice