La notte del delitto quattro persone nell'ombra di Ercole Moggi

La notte del delitto quattro persone nell'ombra SFILATA DI TESTI AL PROCESSO DI SANREMO La notte del delitto quattro persone nell'ombra Depone il segretario dei Melchiorre - Continui viaggi della Zarondzka sotto la sorveglianza della banda - Raccapricciante descrizione del teste che primo vide le due donne assassinate (Dal nostro inviato speciale) Sanremo, 28 febbraio. L'udienza ha avuto inizio con la deposizione di un testimone di notevole importanza, il capitano Giuseppe Colla, attualmente in servizio attivo e che fu in passato in rapporti con i coniugi Melchiorre. Disgraziatamente fu una delle pochissime persóne per bene avvicinata dai due profughi dalla Francia. U teste racconta che fece la loro conoscenza nel 1944 a Moncalvo, presentatigli da un fratello dello stesso Melchiorre di nome Piero. Il Colla che è di Casale Monferrato, era allora un ufficiale italiano sbandato come tanti altri in seguito ai tristi avvenimenti bellici. Il Melchiorre e la Zaroudzka, che s'erano stabiliti in una villa di Sanremo, lo assunsero nel maggio del 1945 come loro segretario e consigliere. Gli dissero che erano venuti dalla Francia perchè « faceva caldo », cioè a significare che la loro vita nella riviera francese si era fatta difficile. A Moncalvo, patria della famiglia Melchiorre, marito e moglie erano arrivati dalla Francia con due automobili cariche di bagagli ed una terza macchina, una Citroen, l'acquistò più tardi il Melchiorre a Milano. Visita nella notte Partirono da Moncalvo per la nuova residenza di Sanremo il 25 maggio 1945. Nella prima automobile stavano i due coniugi e nell'altra che seguiva erano il cognato Piero e il capitano Colla. Quest'ultima macchina rimase in panne e venne incrociata da una automobile su cui erano due militari francesi, i quali chiese' ro ai due italiani perchè erano fermi. Domandarono altresì le loro generalità e dove fossero diretti. Era un periodo, aggiunse il Colla, in cui spadroneggiavano sulla riviera francesi, il Piero Melchiorre chiese anzi al due ufficiali di rilasciargli un permesso di transito per il confine francese, che infatti gli venne fornito. E' da notare che lo stesso Piero aveva già avvertito il fratello che c'erano dei ma quis che lo cercavano, insieme a sua moglie, a Genova. Il capitano all'una di notti venne svegliato all'albergo di Sanremo dov'era disceso da due francesi che riconobbe subito per quelli incontrati lungo la strada. Poiché desideravano parlare con i due coniugi, si recarono con il Colla alla villa. Il cancello era chiuso, ma scavalcarono la cinta ed entrarono, mentre un terzo francese rimase fuori insieme al Colla. Alle sei del mattino dopo un lungo colloquio, 1 francesi partirono. Il teste racconta che Francesco fu parco di spiegazioni. Disse semplicemente: «Bisognerà che ci allontaniamo. Ed è prudente che vada via anche lei, capitano ». Aggiunse: « Ho dato a quei due un milione in lire italiane e un milione in franchi. Nel trambusto della perquisizione però sono spariti cento pezzi d'oro da dieci franchi ciascuno e nell'uscire dalla villa i due francesi si sono presi pure la mia Citroen». Questo cu il primo salasso che subirono dopo il loro esodo dalla Francia. Il Melchiorre, che appariva molto impressionato, disse al Colla: «Qualunque cosa mi succeda raccomando a lei mia moglie, l'assista sempre ». Dopo questo fatto i coniugi decisero di lasciare Sanremo per Moncalvo, ma passando per Acqui in automobile ven nero attratti dalla tranquillità del luogo e dalla accogliente sontuosità del Grande Alber go delle Terme. Vi si stabili' rono pieni di speranza, se non che ad Acqui capitò quello che capitò, cioè la nota visita con mandato d'arresto della polizia partigiana locale, coman> data dagli imputati a piede libero Ceruttì e Borelli, il sequestro e la restituzione delle cose sequestrate, nonché un re gaio ai detti poliziotti partigiani di centomila lire italiane e di cento Napoleoni d'oro da venti franchi. Il Melchiorre credeva di averli soddisfatti, invece ebbe una nuova visita di Marcellini, Borello, Cerutti e compagni, che egli cercò di calmare dicendo che se gli avessero fatta avere l'autorizzazione per l'apertura di un casino da gioco alle vecchie terme avrebbe impiegato tutti. Polche i partigiani lo avvertirono, per maggiormente terrorizzarlo, che a Genova c'erano trenta maquis francesi che lo cercavano, il Melchiorre tagliò la corda recandosi da solo a Porretta, dove ricevette anco ra amabili visitatori della polizia di Acqui, come il Marcellini, certo Tiberti e il Borello. Poi sopraggiunse la puntura del famoso scorpione e la sus seguente morte per setticemia del disgraziato Melchiorre. Partenza improvvisa Allora sollecitamente i lestofanti sd rivolsero alla Zaroudzka, rifugiatasi prima a Rapallo e poi a Chiavari. Racconta il Colla che si presentarono alla signora fingendo di ignorare la morte del marito. Informati però della disgrazia, il Tiberti si sdegnò esclamando: « E' morto Melchiorre e lei non ha sentito il dovere di comunicarcelo? ». E' vero che costui morì poi, per quella giustizia immanente che regola il mondo, anche lui; ma questa visita tuttavia impressionò molto la disgraziata, alla quale anzi dissero che il marito a Porretta. aveva detto loro: « Ora andate ad Acqui, mangiate e bevete alla mia salute e a mie spese ». « Ora che il Melchiorre e morto, aggiunsero, che cosa facciamo?». La signora capi il latino e fece loro — come ha deposto il teste Colla — un regalo di una somma che essa non specificò come indennizzo di pranzi e bevute copiose. < Quando la contessa ad sta¬ bi19nunBMmtovDmmmmlecaafatoròDpSzdbcrelacratagcinnpnlanlecmvNSmltcneiiddcreVDsglDtgiPUlngclggullSqdiQdrclucms a i i i e a a a o , e a e a ò e ¬ bili a Diano, nel dicembre del 1945, essa mi narrò — continua il teste — che ricevette una visita del Marcellini e del Borello. Ad Acqui, le disse il Marcellini, si narra che suo marito Melchiorre non è morto. E' una fandonia. Se fosse vero, io lo farei subito fuori. Da contessa sapeva che suo marito era morto, tuttavia rimase terrorizzata dai sentimenti di gratitudine di quei malfattori che tanti quattrini e avevano estorto. Il teste capitano Colla in quel periodo aveva dovuto per i suoi affari assentarsi ed è al suo ritorno che la contessa gli narrò le vessazioni subite. E' a Diano Marina che essa ebbe pure la visita nell'inglese Smith, accompagnato dal nizzardo Scopi, anche questi in divisa. Le dissero che avrebbero dovuto portarla in Francia, ed essa si mise a piangere. Però se ella si fida di noi aggiunsero i d-'.e messeri non la porteremo lontano, a nasconderemo in località sicura. Essa fece allora i preparativi per la partenza in fretta e furia, mettendo tutti i gioielli, il denaro e i titoli in cinque o sei valigie, secondo la ingiunzione dei due sopravvenuti, ma nascondendo preziosi persino sotto le sottane. E' da notare che essa prese anche la valigia che il marito aveva nascosto sotto una catasta di legna nel cortile della villa e che conteneva valori per 80 milioni. A questo punto avvennero le due spedizioni a Nervi e a Villalvernia, dove lo Scopi, profittando della momentanea assenza dell'ufficiale inglese, rapi la contessa trasportandola in un isolato casolare di Villalvernia. Nella notte, però, arrivarono Smith ed altri partigiani armati e infuriati, e la contessa, narra il Colla, gli raccontò più tardi che nelle camere rustiche della cascina che non poteva chiudere a chiave, si aggirarono minacciosi i nuovi venuti e le portarono via tutto. Da Villalvernia fu trasportata a Diano dallo stesso Smith, che si fermò nel suo alloggio otto giorni. Parti ben fornito di valori estorti alla contessa a Diano; e poi passava la fron tiera diretto In Inghilterra a godere il frutto del suo lavoro in questo nostro disgraziato Pa.-se ». craqfidimrabctrnLsiaPsomnvvzleml'ilCbscrGcp„anUn'accusa contro lo Smith L'avv. Sbisa, difensore dello Scopi, dice — Se si vogliono notizie sull'attività del signor Smith anche in altre località italiane, si cerchi in Valle d'Aosta, dove estorse al signor Billia, proprietario del grande albergo di St. Vincent, un milione, dopo di che il Billia non ebbe più noie dalla polizia inglese. L'avv. Blandi difensore dello Smith, nota — Non risulta questo appunto dai rapporti dei carabinieri, aw. Sbisa. Sbisa — Lo farò risultare io, non dubiti. Presidente al teste Colla — Quando le fu noto l'intervento dei due ufficiali francesi a Sanremo nella sua qualità di ufficiale italiano non protestò? Teste — Io allora ero sfollato a Sanremo, non ero più ufficiale e vestivo in borghese. Presidente — Poteva denunciare il fatto. Teste — Eravamo già al 25 maggio del 1945. Gli inviati o sedicenti inviati degli alleati mettevano dentro e mettevano fuori. Comandavano loro, insomma spadroneggiavano. Presidente — Però quando i partigiani di Acqui fecero quel tale scherzo ai Melchiorre lei che fece? Si trattava di italiani. Teste — Erano italiani, ma della polizia partigiana; del resto del reato di concussione di cui oggi devono rispondere si occupò il commissario di Pubblica Sicurezza di Acqui e 10 stesso prefetto di Alessandria. Un avvocato domanda — La cameriera Ratto non le ha mai detto che tra la signora e l'inglese c'era una certa intimità ? Teste — Non mi disse mai ciò. Era una signora ombrosa, diffidente, inquieta e in tarda età. Quale eredità è toccata al teste ? Teste — Un quinto. H povero Melchiorre diceva sempre a saia moglie di servirsi di me, di non abbandonare la mia opera, e la moglie aveva giurato sul suo letto di morte che avrebbe tenuto fede alle sue raccomandazioni. Ora si viene a parlare di un personaggio che... abbaiava solitamem.e, cioè di Bear, il cane della Zaroudzka, di molto pregio come campione di razza. Il presidente chiede al Colla di che indole era. Feroce — risponde il teste — con tutti gli altri cani. La povera signora però riteneva che fosse feroce anche con gli uomini. Bear era in realtà mansueto. Presidente — Il cane se qualcuno entrava abbaiava se non erano presenti la cameriera e la padrona? Alcuni testi hanno detto che era feroce con gli estranei. D capitano Colla non sa cosa rispondere, sicché un avvocato commenta: — Peccato che non si possa interrogare anche il cane. (Ilarità). Un teste importante, ma per una sola circostanza, è il dottore Ugo Russi, di Diano Marina. La notte dal 14 al 15, verso le tre, passò vicino alla casa abitata dalla Zaroudzka e vide nei pressi quattro persone. L'accusa ritiene fossero cinque e cioè: il Quartino, lo Scopi, lo Stalla, il Bellosio e 11 Marcellini. Il presidente domanda ancora al dott. Russi: — Perchè lei quando fu interrogato dai carabinieri ha negato una tale circostanza cosi importante? Toste — Fui interrogato dai sszmnfeldnvllllmctdMnsddsrnlsgslhlaBscvddancus carabinieri come teste ed allora non ricordavo bene. Il dottore accompagnava in quell'ora alla stazione un suo figlio che doveva partire con il diretto per Genova. Si ha la impressione che davanti ai carabinieri anche il dottore abbia avuto timore di • riferire ciò che aveva già detto ad altre persone di Diano. Testimonianza capitale Il rag. Guglielmo Ferrarloni frequentava la Zaroudzka. La mattina seguente al delitto si recò da lei per affari. Suonò alla porta ed il cane abbaiò. Poi si accorse che la porta era socchiusa, fece un passo e chiamò la cameriera. Non ebbe nessuna risposta. Si inoltrò e vide la giovane riversa sul pavimento del bagno in una pozza di sangue, e nella stanza da letto attigua pure la padrona morta. Usci a precipizio e diede l'allarme. Ritornò sul posto con il maresciallo dei carabinieri Carosio, ora defunto, e un carabiniere. Il teste tradusse e scrisse in italiano la denuncia che la Zaroudzka fece in fran¬ caDcbsldssdvtTclsiasrflcascorsifiifi Tiiistiiiiifsiiiisiiiiinsiiiii Tiiirsiiii cese perchè fosse presentata all'Arma dei carabinieri di Diano Marina. Venne infatti consegnata al Carosio il 20 febbraio del 1947, ma il maresciallo non interrogò neppure la denunciante, e la mattina del 15 maggio la trovò assassinata insieme alla cameriera. H presidente a questo punto sospende l'udienza e la rimanda a lunedì, affermando che verrà interrogata, tra gli altri testi datisi malati, quella tale Teresa Martini, amante del contumace Quartino, che mise l'autorità sulle piste degli assassini. « La Corte — esclama il magistrato — non può fare assolutamente a meno di questa teste importante. E' notorio che ella ritrattò le sue affermazioni quando seppe che l'amante non era in carcere, come ella credeva, ma latitante ». E' insomma un teste che ha avuto paura fino ad ammalarsi, ma non è il solo teste reticente o ammalato in questo dibattimento avvolto da fitte ombre. Ercole Moggi iiiifiiiiiiiitiiitiitisiiisiiiiiriiiiiiiiiiiiitifiitiiiiitii