Il petrolio del Medio Oriente

Il petrolio del Medio Oriente STRATEGIA AMERICANA NEI MEDITERRANEO Il petrolio del Medio Oriente La distribuzione geografica del prodotto - Gli Stati Uniti si fanno importatori e si rivolgono all'Asia occidentale - Anche l'Europa cambia fornitori ; é la Russia guarda verso la Persia e l'Arabia - L'istmo di Suez, campo di battaglia... Mentre si assiste alla revisione delia strategia nordamericana nel Mediterraneo, una novità sensazionale sta avvenendo nella distribuzione mondiale del petrolio: il Medio Oriente, quest'ultimo venuto, tende a prendere il posto degli Stati Uniti come fornitore dell'Europa, e il Mediterraneo a divenire, perciò, il mare del petrolio per eccellenza. Il centro di gravità delle preoccupazioni strategiche ritorna dunque, come già tante altre volte in passato, verso quelle regioni storiche che videro le gesta di Alessandro, di Cesare e di Napoleone (il quale soleva dire che grandi cose non si possono compiere che in Oriente). Il consumo del petrolio si è sviluppato negli ultimi tempi in proporzioni formidabili: 248 milioni di tonnellate nel 1938, 447 nel 1948, 483 milioni nel 1950. La produzione, del resto, è aumentata proporzionalmente. Non c'è dunque da temere penuria di petrolio, dato il continuo perfezionamento degl'impianti di estrazione e l'esistenza, riconosciuta 0 scontata, d'immense riserve, più di undici miliardi di tonnellate. Tuttavia, diven ta sempre più necessario avere, a qualsiasi costo, petrolio: senza di esso la nostra civiltà non sarebbe più possibile e le guerre moder ne non si potrebbero più fare. Già Lord Curzon dice va, nel novembre 1918 « L'avvenire dirà che gli Al leati hanno navigato verso la vittoria su un mare di petrolio ». Globalmente, non esiste perciò un problema del pe trolio che desti preoccupa zioni. Le cose mutano aspet to se si considera, invece, la distribuzione geografica del prodotto. Nel 1900, l'Europa (con la Russia) contava il 54 % della produzione mondiale. Oggi, il primo posto è stato preso dall America, con il 71 % (di cui il 5". % nei soli Stati Uniti),mentre il Medio Oriente produce il 17 % e l'Europa (Russia compresa) soltanto il 9 %. Ma queste cifre, rigorosamente esatte statisticamente, danno un'idea inesatta della tendenza oggi in corso, perchè i progressi del Medio Oriente, che ora cominciano solo a manifestarsi, non faranno sentire tutta la loro portata, la quale è sensazionale, che tra alcuni anni. La produzione degli Stati Uniti continua ad aumentare : dai 164 milioni di tonnellate del '38 essa è salita ai 270 del '50. Ma quella del Medio Oriente è aumentata molto di più: 16 milioni di tonnellate nel '38, 88 nel '50; sicché la percentuale degli Stati Uniti nella produzione mondiale è scesa dal 60 al 51 %, mentre quella del Medio Oriente è salita dal 7,5 al 16,8 %. Se si consideri che le riserve del continente americano rappresentano il 35 % delle riserve mondiali e quelle dell'Asia occidentale ù 42 %, ci si farà un'esatta idea del grandioso avvenire riservato a questa parte del mondo. Le ripercussioni di questo mutamento di equilibrio sul comportamento degli scambi internazionali si fanno già sentire. Ancora ieri il consumo degli Stati Uniti non ne assorbiva per intero la produzione; e l'Europa po teva contare su di loro come suoi fornitori. Ma, a causa dello sviluppo inaudito del consumo nazionale, l'A' merica del Nord tende a di ventare importatrice di pe trolio grezzo per le sue raf linerie, che altrimenti scarseggerebbero di materie prime: essa si rivolge per questo al Venezuela, al Messico e, oggi, anche al Medio O riente. La bandiera ameri cana, che prima del '39 ave' va nel traffico del canale di Suez pochissima importati' za, rappresenta oggi il 13 % di questo traffico (e bisogne rebbe aggiungervi l'il % della bandiera della repubblica di Panama). La posizione degli Stati U. sta dive nendo, in queste condizioni, importatrice: in gran parte senza dubbio perchè essi si preoccupano della conservazione delle loro ricchezze naturali, ma in ogni caso non si attengono più a una politica integralmente autonoma, come ancora di recente. Quanto all'Inghilterra, essa dipende interamente dalla importazione : abbandonando deliberatamente il carbo ne per la nafta nella sua flotta da guerra, essa ha fat to prova, all'inizio di questo secolo, di un notevole spirito di decisione, sebbene si trat tasse per lei di una neces sita. L'Europa, da parte sua, sta cambiando di fornitori, Nel momento in cui la sua politica è quella di compera re il meno possibile in dollari, si offrono a lei le immense possibilità del vicino Oriente: un petrolio che può esser pagato non solamente in dollari, ma anche in ster!ine. Per i paesi dell'O.E.CEe importazioni dall'Asia occtttS2UavmNciiosplpspncsAlbvcfctfrnll cidentale hanno rappresentato il 71 % del totale (contro il 32 % del 1937), mentre quelle dell'America del Sud hanno rappresentato il 25% e quelle degli Stati Uniti il 4 %. Nei prossimi anni, la Francia trarrà dal vicino Oriente i nove decimi delle sue importazioni. Nel '50, l'Inghilterra ha ricevuto il 24,5 % delle sue importazioni dall'Iran, e, più in generale il 52 % dall'Asia occidentale. Sulla Russia non si sa ufficialmente nulla di preciso, ma non sembra che la sua produzione abbia compiuto progressi notevoli. Essa deve far affidamento sui petroli romeni e polacchi: non si deve forse arguirne che essa guarda con insistenza verso la Persia e la Arabia? Cosi si trova posto, sotto l'aspetto del petrolio, il problema della sicurezza della via del Mediterraneo. Sia che le navi-cisterna che riforniscono l'Europa (e accessoriamente gli Stati Uni' ti) passino per Suez, con tiTflIIIIItlllllllllllllIllItlMIIIIIIIMMIlllllllllllllllllll tornando l'Arabia, oppure imbarchino il loro carico a Tripoli di Soria, a Haifa (temporaneamente non disponibile) o a Sidone, ossia ai punti terminali degli oleodotti, è necessario, in ogni caso, che esse possano attraversare con sicurezza il Mediterraneo. Vero è che esse potrebbero prendere, eventualmente, la via del Capo di Buona Speranza ; ma la sua lunghezza rappresenta un gravissimo handicap. La vecchia via dell'Oriente rimane, dunque, essenziale, se non proprio insostituibile. Ancor ieri, essa costituiva per l'Inghilterra la via imperiale, verso l'India e l'Estremo Oriente. Oggi, è, per l'Inghilterra ma anche per gli Stati Uniti, la via del Eetrolio, perchè ormai il prolema è di comunicare non tanto con l'India, quanto con il golfo Persico. Il Medio Oriente è diventato anch'esso una delle zone fondamentali del sistema economico e militare dell'Occidente. Noi viviamo nell'età dell'ae¬ rqsmmsnpnbpddnm1dagtmgcVpgugdlllMIIM 1llirilMIIIIIItlllll4l|1IIMlllIlltlllitllMI1 roplano; ma, trattandosi in questo caso di prodotti pesanti, il trasporto marittimo resta necessario: per mezzo di quei « tankers », sempre più grandi, il cui tonnellaggio tende ormai a sorpassare le trentamila tonnellate. Essi sono vulnerabili, e i pozzi anche: la loro posizione è nota a tutti e, d'altronde, non può venir dissimulataRenan, ricevendo Ferdinand de Lesseps all'Acadé mie francaise, il 23 aprile 1885, gli diceva: «La gran de parola: "Io sono venuto a portare non la pace, ma la guerra. " dev'essersi presentata più volte alla vostra mente. L'istmo di Suez tagliato diventa uno stretto, cioè un campo di battaglia... Voi avrete segnato cosi la posizione delle grandi battaglie del futuro ». E' questo un aspetto che non è sfuggito ai responsabili attuali della politica occidentale. André Siegfried dell'Académle francaise, mmtmmstl1MII1l1l1TII11tllllllFIIIMIIlllllllllMMI<MfllMIM1IIIIi

Persone citate: André Siegfried, Arabia, Lord Curzon, Soria