Com'era stata preparata la rivolta dei detenuti

Com'era stata preparata la rivolta dei detenuti Il processo per la strage di Pianosa Com'era stata preparata la rivolta dei detenuti Gli imputati si mantengono negativi - Il pietoso caso di nn ergastolano condannato per duplice omicidio mentre sarebbe innocente (Nostro servizio speciale) Lucca, 31 gennaio. Difficilmente i dodici giorni fissati per questo processo saranno sufficienti ad esaurirlo date le sue proporzioni tutt'altro che modeste. Infatti, quando stamane alle nove 1 udienza è stata aperta, i 24 imputati della strage del penitenziario di Pianosa — l'accusa l'ha classificata omicidio preterintenzionale e lesioni aggravate — hanno preso posto nel loro banco trattandosi di gente a piede libero mentre dieci superstiti ergastolani o condannati a pene gravi, indossanti la casacca del recluso, sono stati fatti passare in gabbia e altri cinque, ormai dimessi dal carcere, sono apparsi cittadini liberi. Inoltre ci sono: otto congiunti dei 5 uccisi, 36 testimoni di accusa e altrettanti, forse, di difesa, oltre a 11 difensori: una piccola folla che occupa quasi tutta l'aula e fa prevedere un grande lavoro da svolgere. A tutto questo si aggiunga una Istruttoria che, per un complesso di ragioni, appare incompleta e quindi si giustificherà la meticolosità del Presidente Comucci negli interrogatori. Le tesi delle parti Da stamane stessa sono apparse subito le tesi che le parti sosterranno: l'accusa, rappresentata solo dal P. G. mantiene per tutti, fino ad ora almeno, i due capi di imputazione; la difesa invece si batterà per sostenere « la repressione » di una rivolta organizzata in tutto e per tutto, pur sostenendo la non colpevolezza degli imputati per le ragioni che ciascuno di essi esporrà. Questi del resto affermano tutti la non partecipazione ai fatti del 17-18 settembre 1943, accaduti sia al sanatorio che al preventorio. Dei quattro ergastolani compresi tra le parti civili, commovente è 11 caso di certo Carlo Corblsieri di Avellino. La sua sorte sta per essere riveduta e corretta. Il giovanotto si è sempre dichiarato innocente dall'imputazione che gli è stata addossata, quella cioè di avere preso parte, con due fratelli, certi Manzi, la mattina del 16 maggio 1934, all'uccisione per rapina di due coloni. I due fratelli vennero arrestati subito e il Corbisieri, saputosi ricercato, si costituiva 15 giorni dopo. Ma tanto in istruttoria che al processo presentò a sua discolpa un alibi che non fu creduto. Dichiarò cioè che la mattina del delitto egli si trovava alla fiera di San Bernardino. La Corte non credette all'affermazione e lo condannò, con gli altri due, all'ergastolo. Sono perciò 15 anni che 11 poveretto sta scontando una pena per un reato che ancora oggi afferma recisamente di non avere commesso. I due coloni uccisi furono visti per l'ultima volta alle 4 di mattina da un vigile notturno di Avellino. Essi vennero affrontati, rapinati e uccisi in località detta « Ponte Summonte » che dista da Avellino appena due chilometri, motivo per cui — asserì la Corte — c'era tutto il tempo per il Corbisieri di uccidere e di recarsi poi alla fiera di San Bernardino. Ora è stato accertato che da Avellino a quella località ci sono ben 6 chilometri di strada, per cui la forte differenza è tutta a favore del Corbisieri. A ciò si aggiunga che uno dei due fratelli Manzi, Enrico, morto recentemente al penitenziario di Santo Stefano, ha confessato al cappellano del carcere che il Corbisieri non c'era. Di qui il ricorso in Cassazione che il condannato ha avanzato attraverso il- prof. Augenti di Roma. Il ricorso è stato accolto e si attende ora la decisione o della revisione del processo o di una conclusione della Corte Suprema, direttamente. A questa vicenda terribile si è aggiunta la sciagura di Pianosa durante la quale 11 Corbisieri venne bastonato al punto da riportare lesioni e contusioni per la cui guarigione occorse più di un mese. Fra le altre particolarità procedurali è quella che la Corte non ha potuto ammettere la richiesta di costituzione di parte civile fatta da due parti lese, Paolo Oppedisano e Nicola Reale, che a Pianosa riportarono, il primo, lesioni guarite in un mese con sfregio permanente al viso, il secondo, lesioni guarite in 40 giorni. Serrature spezzate La decisione della Corte è stata determinata dal fatto che ambedue risultano condannati per omicidio, l'Oppedisano a 27 ami! e il Reale a 30 Sedici Bono stati gli imputati che oggi hanno sfilato dinanzi alla Corte per essere interrogati. L'agronomo del¬ l'isola, Giuseppe Damiani e 11 maresciallo dei carabinieri — oggi in pensione — Giovanni Petrucci, che comandava il piccolo presidio dell'Arma nell'isola (tre uomini). Ambedue hanno respinto l'accusa di partecipazione al fatto. Il Damiani ha dichiarato che assistette come semplice spettatore avendo accompagnato il direttore dott Mazzao — colui che diede gli ordini feroci — e il Petrucci ha affermato di avere solamente prelevato dalle celle alcuni detenuti che il comandante degli agenti gli aveva Indicato su di una nota. Il Petrucci però si è soffermato lungamente a spiegare che in effetti fra i detenuti sar peggiava una rivolta non in germe ma sebbene quasi con perfetta organizzazione. Un biglietto scritto in rosso, infatti, aveva fatto il giro di alcune camerate; e in esso era detto: « Tutto pronto per mezzogiorno ». Il Petrucci ha aggiunto che le serrature delle celle erano già state spezzate e anzi, accompagnando il direttore in un giro di perquisizione, furono trovati, nascosti, dei pugnali. E' stato accertato, ha concluso 11 Petrucci, che i detenuti si erano accordati per ribellarsi, tanto che il direttore venne costretto a riunire tutte le forze dell'isola. Nel pomeriggio poi sono stati interrogati 14 imputati, tutti agenti di custodia. Essi, concordi, hanno negato ogni loro partecipazione ai fatti dichiarando che o per motivi di servizio erano lontani dai luoghi dove i fatti stessi sono avvenuti, oppure che si trovavano in licenza. ],

Luoghi citati: Avellino, Lucca, Roma