ARTE democratica

ARTE democratica ARTE democratica Bernard Berenson, nella sua recente monografìa Del Caravag- fio, delle sue incongruenze e delr sua fama (Electa Editrice), nega che i superstiti quadri del pittore _ presentino elementi sufficienti a definirlo un pittore barocco, se barocco significa nelle arti figurative « monumentalità eroica, uso ed abuso di .«contrapposto» (il girarsi del corpo intorno al proprio asse), membra massicce, muscoli inarcati, drappeggi regali, pose solenni, volti significativi: sintomi tutti di una forzata, perfino tormentosa ricerca di magnificenza e di gloria — e di un titanico scontento ». Il Caravaggio non sottolinea nessuna di queste cose, ma, se mai, le opposte. « Lungi dal cadere nel teatrale, egli evita la drammaticità anche quando il soggetto Io richiede. Non è mai enfatico ». Se ne dovrebbe concludere che, se enfasi, teatralità eroica sono sinonimi di barocco, il Caravaggio è l'artista più antitetico a quello stile che possa tro varsi. E tuttavia quel suo tratta mento dozzinale e plebeo di temi tacri, quel suo presentarci poco meno che l'interno d'una scude ria per la Conversione di San Paolo, quel suo mettere in primo piano, nel Seppellimento di Santa Lucia (Siracusa), due massicce figure di scavatori che chiudono come in una morsa il soggetto del quadro, quella volgarità di certe sue raffigurazioni del più leggiadro iddio, il dio d'Amore (Galleria Pitti, e l'altro quadro, già a Berlino), rispondono certo a un deliberato proposito di smontatura, tradiscono un intento polemico simile a quello di John Donne che quasi nello stesso tempo in Inghilterra dava un trattamento pedestre, dozzinale, di motivi della lirica d'amore, e spesso traeva le sue metafore dagli oggetti più comuni. Entrambi reagiscono a convenzioni auliche, e, per ragioni artistiche anziché sociali, fanno arte democratica; che poi la loro negazione dell'enfasi si risolva in un'altra specie d'enfasi, in una accentuazione non meno cospicua di certi aspetti a spese di altri, e che quest'enfasi, per così dire, negativa, possa esser considerata anch'essa una sottospecie del barocco, è un quesito che meriterebbe di meditare. Ma, per restare nel campo dell'arte democratica, cioè dell'arte che sottolinea il plebeo, il dozzinale, fino a vedere in tali elemen ti una strana, incongrua bellezza e perfino dignità, prima del Caravaggio, dei Le Nain e del genere picaresco, s'era avuto il curioso trattamento antieroico di certi quadri del Brueghel. La Caduta d'Icaro giunse a tale minimizzazione del preteso protagonista, da sembrare una pittura a indovinello, un « cercate Icaro»: il riguardante vede un braccio di mare immerso in una luce maliosa, e sulla terra un aratore investito dal sole, sul promontorio tra le sue candide pecore un pastore che leva il viso al cielo e più sotto un pescatore intento alla sua lenza; nel mare azzurro una caravella e, all'ombra di essa, un guizzare di bianche gambe tra le onde increspate, e quello è Icaro. Le figure di lavoratori, che nell'episodio com'è narrato nell'Ottavo Libro delle Metamorfosi erano puramente marginali, son quelle che più spiccano nel quadro del Brueghel. Così per partito preso antieroico. il plebeo, l'anonimo, la folla attirano l'interesse degli artisti. Poi, nel 1750, con l'Elegia del Gray gli umili sepolti nel cimitero di campagna ci son presentati come animati dalle stesse passioni dei grandi celebrati dall'epopea: anche tra essi forse ci fu qualche muto inglorioso Milton, qualche Cromwell che non si macchiò del sangue dei suoi compatrioti. Ed ecco, alla fine del Settecento, il Wordsworth mostrare che materia di commozione e d'entusiasmo può trovarsi anche « nei più umili strati della vita quotidiana », e invocare gli Spiriti della coscienza morale a lasciare per un momento gli uomini di più elevato sentire per sommuovere anime semplici e rozze come quella del pentolaio Peter Bell. E' con simile programma che George Eliot verso la metà dell'Ottocento iniziò la sua opera narrativa. La Eliot è una delle figure di romanzieri del secolo scorso che i moderni si son messi a rispolverare. La sua vita di donna indipendente, antesignana dell'emancipazione del suo sesso, ha suscitato sempre grande interesse, ma oggi è la sua opera che viene rivalutata; e F. R. Leavis (The Great Tradition, 1948) la pone accanto a Jane Austen, a Henry James, e a Joseph Conrad, considerati « i grandi romanzieri inglesi », e Joan Bennett (George Eliot, Her Mind and Her Art, Cambridge University Press, '48) dice addirittura che « non c'è romanziere inglese che abbia di più da offrire al lettore moderno ». Nella sua premessa alla narrazione dei casi del reverendo Amos Barton la Eliot si propone di suscitare la simpatia del lettore per le afflizioni della gente ordinaria, di apprendergli « la poesia e il pathos, la tragedia e la commedia che si trovano nell'esperienza di un'anima umana che ci guarda attraverso occhi scialbi e che parla con una voce dalla intonazione ordinaria». Un senso di umana dignità e di compassione che non degenera in sentimentalismo, è il motivo dominante di tutta l'opera sua. Quando essa, nel preludio a Middlemarch, insiste sulle Sante Terese potenziali che si trovano in fondo alle province e che spesso, nonostante i loro doni, conducono una esistenza di tragico fallimento che non trova poeta che la canti e si sprofonda senza la crime nell'oblio, chi non ricorda i versi dell'Elegia del Gray sugli umili defunti, sui fiori destinati a sciupare il loro profumo nell'aria deserta? E chi non pensa a Gray quando nel Mulino sulla Floss essa dice che anche un mugnaio o simile persona insignificante può avere tragedie quali agitano il petto dei re del palcoscenico? E quando conclude Middlemarcb dicendo che il bene del mondo dipende da atti che la storia non registra, e che se le cose non vanno tanto male < ciò si deve per metà a tutti coloro che han serbato fedeltà nelle loro vite nascoste e riposano in tombe che nessuno visita », come non pensare di nuovo al Gray — e a Tolstoj? Che in Guerra e pace (Libro IV, parte I, 4) il romanziere russo insista sull'importanza della folla anonima, degli atti che non passano alla storia: soltanto l'attività inconscia dà frutto, e l'uomo che rappresenta una parte in un avvenimento storico non ne capisce mai il significato. A che pensavano i soldati che dovevano provocare la rovina di Napoleone? « Pensavano al prossimo quadrimestre di paga, alla prossima tappa, alla vivandiera, e simili»: un passo di cui proba bilmente si ricordò A. E. Housman nel suo famoso Epitaffio per un esercito dì mercenari. In verità in tutto il corso del l'Ottocento la reazione al con certo centripeto, eroico della storia, è in pieno sviluppo; la luce cade sulle figure marginali, e si hanno le descrizioni di battaglie fatte dal punto di vista unilaterale d'un singolo individuo, tut t'altro che cospicuo, che vi prende parte, nella Certosa di Parma di Stendhal e in Guerra e pace. Parallela all'eliminazione dell'eroe idealizzato, e alla scoperta di elementi eroici negli umili, è la nuova importanza data a piccole cose, a cose marginali, non belle in sè, ma investite di momentanea bellezza da qualche circostanza improvvisa; e questo è un tratto comune alla Eliot e al Trollope. In una sua lettera la Eliot parla di un paesaggio brutto che è trasfigurato dalla luce della sera « come una persona stupida è glorificata da una nobile azione ». Ma qualcosa di simile non era avvenuto pure pel realismo caravaggesco allorché si trapiantò in Olanda? Non furono gli Olandesi a mostrare la poesia dei paesaggi piatti, la poesia degl'interni umili, dei volti non belli? Cogli Olandesi sentiva molta affinità la Eliot che, come dichiara in Adam Bede, si sforzava di riuscire com'essi aderente alla verità: « Io trovo una fonte di simpatia deliziosa in quelle fedeli pitture d'una monotona esistenza domestica, quale è stata il destino di tanti più dei miei simili anziché una vita di fasto o d'indigenza assoluta, di tragica sofferenza o di azioni da far tremare il mondo... ». E si incaricherà lei di mostrare nei suoi romanzi il lento fluire della vita, il progressivo scivolare in azioni non desiderate, le tragedie che sono sordo stillicidio di ogni giorno, con un anticipo di atmosfera alla Cechov. Ecco dunque uno sviluppo che a poco a poco si accentua in quest'arte anti-eroica, democratica: le cose più dozzinali, a esser guardate intensamente, acquistano un significato rilevante, una loro belfezza intima, più profonda pel fatto stesso di essere in sordina. Dalla chiesa di Shepperton alla chiesa di Combray, da George Eliot a Proust, da Caravaggio a Vermeer. Il realismo è divenuto intimismo. Mario Praz imiiimiiitHiiiiiiiiiiiiiimiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii iiiiiiiHiiHiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiintiiiiiiiiiiiiiuiiiiiiiiiMiiiiiiMiiiiiniiitiiiHiiMiiniiiMiiinH Sulle Dolomiti 6 stato girato un film che descrive le gesta della guardia alla frontiera. Protagonista femminile la giovane attrice austriaca Marianna Hold

Luoghi citati: Berlino, Caravaggio, Inghilterra, Olanda, San Paolo, Siracusa