"Le orde barbariche" di Filippo Sacchi

"Le orde barbariche"POSTILLA A UN GIUDIZIO Le parole con le quali l'altro ieri il senatore Jaclnl, presidente della Commissione degli Esteri, ha espresso 11 suo giudizio sulla moderna Cina, « crudele orda barbara che si è messa in moto un'altra volta », meritano assolutamente una breve postilla, per rilevare come nell'Occidente, uomini anche imbottiti di cariche e di autorità e che fanno parte del grandi consessi internazionali manchino assolutamente della premessa mentale necessaria, non diclamo per risolvere, che è impossibile, ma neanche pei veder di lontano il problema asiatico. Si tratta di una premessa di una semplicità estrema. E' una premessa per cui non occorre affatto nè fare lunghi e costosi viaggi, nè compulsare biblioteche, nè digerire statistiche. La premessa è di metterci in mente, ma proprio In mente, definitivamente, senza sottintesi, che 1 popoli asiatici sono politicamente e moral mente ormai nostri pari. Perchè questo è quanto gli asiatici ci domandano come condizione preliminare non già per discutere, o per conclude re trattati, ma sempllcemen te per parlare. D'ora in poi chi parlerà con loro, per esse re ascoltato, bisognerà che di mostri e non mica a parole ma a fatti, di sentire e accet tare sinceramente questa pari tà. Lo hanno capito i russi i quali, esattamente dal 1917 hanno incominciato a parlare con loro questo linguaggio. Ecco perchè le parole del se natore Jacini sono importanti molto più Importanti di quel lo che sembra: come < vo ci dal seri fuggite », rivelatrici di quello che è lo stato d'ani mo della maggior parte dcgl uomini politici dell'Occidente stato d'animo per il quale si può tranquillamente profela re che, perdurando esso. I no stri diplomatici, i nostri fun zionari e I nostri generali con tlnueranno a essere regolar mente battuti in Oriento pei i secoli del secoli. Ma, dirà qualcuno, proba bilmentc il senatore Jacini voleva con quelle parole allude re alla violazione del confini della Corea. No, perchè que sta violazione è, se mai, ma terla di contenzione giuridica e deve esserp trattata e de plorata corno tale Special mente in qup-to caso in cui bisogna convincere la Cina che "Le orde barbariche" essa è tenuta ad ottemperare decisioni di una assemblea internazionale di cui non fa parte. Oppure si oBletterà che il senatore Jacini voleva bollare la condotta della guerra come tale, accusare i cinesi di violare in Corca le norme umanitarie di guerra. Purtroppo gli asiatici potrebbero rispondere che a Guernica e a Coventry si è iniziato, da parte della razza bianca, il processo di revisione di queste norme, processo rapidamente generalizzatosi nella concezione della guerra come sterminio indiscriminato e illimitato. E poniamo pure che tutto questo sia vero. Poniamo che il regime di Mao sia un barbaro, inaccettabile regime. Ma parlando nella Camera di un Paese che, per l'aureola che gli viene dalla sua stessa civiltà e antichità, ha il dovere di essere sempre giusto, una parola di discriminazione doveva esserci verso questo meraviglioso popolo cinese che da quarantanni è in marcia, e attraverso carestie, stragi, flagelli a paragone dei quali 1 tlagelli della Bibbia sono schermi da fanciulli, ha saputo ritrovarsi, unificarsi, condurre dal '31 al '45, ininterrottamente, quasi inerme, la guerra contro una delle più grandi potenze militari del globo, il Giappone, e vincerla. E dico di più, che anche considerando il presente gover no cinese come illegittimo e nemico, quelle parole < orda barbara » sarebbero sempre storicamente ingiuste Perche insomma Mao, si voglia o no rappresenta la terza tappa il terzo atto di quel colossale piocesso di coscienza di cui la prima tappa fu impersonata da Sun Yat-Sen e la seconda da Ciang Kai Scek. E polche la storia non si ferma al terzo atto, uno è padronissimo di auspicare con impazienza che venga al più presto il quarto il momento cioè in cui l'abbui rito Mao esca di scena lascino do benevolmente il campo ari amabili e goldoniani persosonaggi. Ma, tutto lo mostra, per il suo immenso prestigio, per il suo genio politico e militare, per la sua stessa struttura umana, Mao è ormai un anel io insopprimibile di questo prò .esso, e c'è un parte positiva della sua opera che resterà anche se dovesse andarsene, ancorata ai destini del popolo cinese, come è rimasta quella dei suol predecessori. Perciò in ogni modo, quella frase è insultante e infelice. E tale parrà, non illudetevi, a tutti gli asiatici, cinesi o malesi, indiani o Indonesiani, un che agli stessi avversari poli tici di Mao. Perchè gli asiati ci potranno, per ragioni di convenienza, servirsi ancora di noi, ma non ci riconoscono più il diritto di giudicarli. Sentite gli spifferi che escono dalla porta chiusa della conferenza del Commonwealth. Abbiamo creduto utile che queste cose fossero almeno det te da sede Indipendente, affinchè non si pensi, fuori, che la pubblica opinione italiana è ancora rimasta alla guerra dei Boxers. Filippo Sacchi ♦♦-»

Luoghi citati: Cina, Giappone, Guernica