Oltre la polemica

Oltre la polemica Oltre la polemica La tesi dei comunisti è pmo Ito semplice e suggestl- gva: di frónte alla pacifica raRussia l'America medita la tuguerra e vuol servirsi dèi .epoveri Europei come carne da cannone per le Bue imprese. L'interesse degli Europei è di non prestarsi a questo giuoco respingendo una protezione troppo interessata e vivendo pacifici e felici nei loro rispettivi Stati che nessuno minaccia. L'esempio contrario della Polonia, Rumenia, Bulgaria, Ungheria, Cecoslovacchia, Germania Orientale — senza contare la Jugoslavia e l'Austria — e il fatto stésso che è stata l'Europa a sollecitare la protezione americana e non l'America ad imporla, parrebbero dover rendere vana tale propaganda. In realtà tale propaganda penetra non soltanto nei settori comunisti, ma crea dubbi e perplessità in zone non indifferenti della pubblica opinione. Non si tratta di un fenomeno nuovo. Se alle parole America e Russia sostituiamo le parole Inghilterra e Germania avremo lo stesso discorso tenuto nel '39 in Francia dai « neutralisti » francesi di allora. Non era Hitler che voleva la guerra; erano coloro che si erano dichiarati disposti ad aiutare la Francia qualora fosse 'stata aggredita, ossia gli inglesi. E una gran parte dell'opinione pubblica francese ha abboccato esattamente corno abbocca una parte dell'opinione pubblica europea alla propaganda « pacifista » dei comunisti. Questa ricettività della pubblica opinione di fronte ad una propaganda che ha dato a suo tempo in Francia i frutti che tutti sanno è il risultato di tre cause principali e sarebbe errato attribuirla a mancanza di discernimento o alla viltà di chi preferisce subire passivamente l'invasione atraniera anziché essere impegnato dalla protezione al trui a difendersi. Questa semmai è una conseguenza, non una causa. La prima causa di due sta ricettività è il profondo desiderio di pace dei popoli e non è diffìcile a una propaganda attiva e metodica sfruttare questo sacrosanto anelito per cambiare le carte in tavola. Gli ideali profondi e universali sono quelli che meglio si prestano ai bari della politica per le loro operazioni. Si consideri, ad esempio, la truffa operata dal fascismo ai danni dell'Italia speculando sul sentimento patriottico. La seconda causa è un attutimento di quei riflessi di difesa che sono tanto meno pronti e attivi quanto più un popolo è indotto a disperare del proprio avvenire. La Francia del '39, ancora dominata dal ricordo dei sacrifici affrontati nella prima guerra mondiale, era spinta a dubitare dell'utilità di una lotta contro un nemico che dopo èssere stato vinto risorgeva più forte di prima. La terza e più importante causa è il disagio della classe lavoratrice che nella sua miseria trova infinite remore al suo innato patriottismo. Tutte e tre queste cause determinano quello stato d'animo di pessimismo e di passività che è caratteristico di alcuni popoli dell'Europa continentale democratica. Quando si dice che il compito essenziale di una democrazia è di restaurare nel popolo il senso del proprio destino si dice una frase che non significa niente se non si rimuovono le cause che hanno scosso nel popolo la fiducia e laf speranza. Quando si sarà dimostrato, con dei ragionamenti del resto non complicati, che le tesi comuniste, volte a far credere che l'aggredito è l'aggressore e viceversa, non stanno in piedi, non si sarà fatto niente se nello stesso tempo non si lavorerà per rimuovere la seconda e la terza causa da noi ClCl»Ccit G. L'attutimento dei riflessi di difesa che nasce in un popolo dal senso di inutilità di ogni sacrificio, denunzia una depressione generale del sentimento civico che non non ha altra cura che nel progressivo avviamento verso forme sociali tali da dare ai cittadini una ragione nuova di speranza. Se le dittature hanno surrogati per questo rimedio, le democrazie non ne hanno nessuno e il rimedio si chiama giustizia sociale. La seconda causa si identifica quindi con la terza, nè vale tentare di eludere il problema tirando in ballo la libertà. L'amore per la libertà è un sentimento profondo negli uomini ed è una sciocchezza solenne pensare che solo pochi eletti sareb bero sensibili al suo fascino e disposti a battersi per difenderla. La verità è che la libertà si deve concretare per l'immensa maggio ranza degli uomini in rap npusncttelidoemscgttdacssiGadsnscdvsa porti sociali che li sottram gano non soltanto alla ti rannia politica ma soprat tutto a quella del bisogno economico. Una libertà che non progredisce dal piano politico a quello sociale è una libertà che rinnega se stessa prima di essere rinnegata da chi l'aveva accòlta con fervore. Se un governo democratico non vede queste cose e tollera, per esempio, che enonni fortune si accumulino accanto all'indigenza della grande maggioranza o che i capitali vengano esportati da disertori criminali quando nel Paese ci sono due milioni di disoccupati o che il fisco venga sistematicamente frodato come è provato dal get tito derisorio delle imposte dirette e roba del genere, allora si capisce subito perchè un popolo perda « il senso del proprio destino ». E' giunta l'ora di far sul serio nè si dica che è diffi¬ csmvolpdpmnpeiii::iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii cile intervenire quando l'esempio di altri Paesi ha dimostrato che è questione di volontà, di coraggio e di organizzazione. Questa è l'opera di vero riarmo che, parallelamente a quell'altro di cui tutti parlano e che pur essendo utile, è molto meno importante, un gover no democratico deve com piere per dare al suo pòpolo il senso della futilità delle chiacchiere comuniste e quello del dovere verso la Nazione. E se questo è il compito del governo, quello dei de mocratici che si occupano di politica è di non confondere le idee nella testa della gente e di ricordarsi che la pace si conquista non con l'abdicazione e la rinunzia ma con la lotta di tutti giorni per dare al Paese, attraverso la giustizia sociale, una ragione di sperare e se è necessario di difendersi G' seppe Saragat tsd«fplrStsccsnsSgnselvnisrlsLafnoiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin iiiiiii

Persone citate: Hitler, Saragat