Natale al Cottolengo di Giovanni Artieri

Natale al Cottolengo Natale al Cottolengo E' un'ospedale come gli altri, ma se ne distingue perchè raccoglie ciò che gli altri rifiutano; non esiste limite di male a questa carità; i casi più repugnanti, il Santo li chiamava "gemme", "gioielli", e la regola è oggi rigorosamente osservata Sotto il.cielo basso d'una di queste grigie mattine sono andato a vedere il Cottolengo. E' una visita da farsi in tempi di Giubileo, anzi non si capisce perchè non l'abbiano resa obbligatoria ai pellegrini dell'Anno Santo. Qui si trova una tappa del dolore e della carità umana unica al mondo, io credo, ed anche strana, a prima vista ma così suggestiva sull'animo e sulla ragione che ogni straniero in cammino per Roma ne avrebbe portata dentro traccia duratura. Libero poi di cancellarla questa traccia con l'altra, mirifica e gloriosa del trionfo della Chiesa romana, corrusco di luci e di ori e di argenti e di trombe é di fiumane di sete e damaschi ed ermellini e rasi, e tremoli stellanti di pietre preziose, sulle mitrie e i piviali e gli altari; avvolto nelle distese sonore di gravi campane, di tonanti orchestre, di cori d'angeli volanti nellt spire degli incensi su pei curvi spazi della maestà vaticana. Quest'idea che poi ci traduce, nel linguàggio della liturgia, il Paradiso come dev'essere si sarebbe appaiata all'altra — più severa e terrestre — del Cottolengo, ispirata dall'amara verità della miseria umana, del dolore e della disgrazia, del sacrificio e dell'accètta penitenza. Pure non s'è fatto e i pellegrini hanno ignorato, la gran parte, cos'è il Cottolengo; cercheremo di spiegarlo noi, per coloro — fuori di Torino — che non lo sapessero o non l'avessero mai visto. ' E* un ospedale come gli altri, solo se ne distingue perchè raccoglie tutto ciò che gli altri rifiutano. Non esiste limite, nè di mali, nè di condizione alla' carità del Cottolengo e più oltre si vedrà che la regola cui s'informa capovolge anche concettualmente la figura dell'ammalato. I casi più repugnanti e disperati il Santo Cottolengo li chiamava « gemme », c gioielli » e quel ch'Egli insegnò oltre un secolo fa, viene oggi rigorosamente osservato. L'Ospedale contiene una popolazione variabile mai inferiore alle dieci-quindicimila persone, tremila suore e sacerdoti badano ad amministrare e mandare avanti questa città, divisa in « famiglie », cioè in gruppi a sessi separati, secondo i comuni mali e miserie. Le famiglie son trentaquattro e per alimentarle non occorrono meno di due milioni e mezzo al giorno. II danaro proviene dalla carità pubblica, non sollecitata e neppure attestata. Il fondatore Cottolengo insegnò' a suo tempo non doversi dire grazie a chi benefica il povero poiché se ne rimerita verso il Cielo. Del non sollecitare i soccorsi, inoltre, quest'opera si è fatta, oserei dire, una specialità. Tre o quattro volte nella storia dell'Ospedale le casse rimasero vuote di danaro. Nessuno andò fuori a cercarne. Lo si chiese a Dio. secondo l'ordine del Santo Cottolengo, il quale pure essendo dottore in teologia s'era fatto un suo, per qualche aspetto, troppo integrale concetto della Provvidenza.. Ragionava così: poiché Dio ha dato la vita a queste derelitte creature ne è pur Lui il responsabile. Bastava chiedergli, con qualche insistenza. Così la preghiera dei ricoverati, in grado di farlo, non cessa che col cessare del bisogno: la sua forza impetrante e testarda, assume — mi si passi l'espressione — quasi una figura di ingenuo ricatto. Comunque l'amministrazione del Cottolengo (che poi per somme cosi ingenti e for^ nitore di tonnellate di viveri, macchine, medicinali, suppellettili eccetera è tenuta in un semplice quaderno) pone l'incredulo in presenza d'un aspetto inafferrabile e convincente della provvidenza cristiana. . Ricorderò qui incidentalmente come la prima volta il Santo Cottolengo convinse i suoi ammalati e le sue monache a non disperarsi per la indigenza sopravvenuta. Egli disse, coi Vangelo, di guardare agli uccellini e alle altre bestie: nessun animale o volatile muore di fame; nessun uomo deve poter morire di fame. E pose sull'altare, mentre gli altri pregavano, una gabbia con cinque canarini. Anche adesso nella Chiesa dell'Ospedale i turni di preghiera si svolgono tra i trilli dei canarini, che sono poi, in una discendenza di centoventi anni covata per covata, i pronepoti di quei primi. * * Due padiglioni, nella grande città ospedaliera, attirano i visitatori del Cottolengo. Si intitolano ai « Buoni figli » e alle « Buone figlie ». Li dentro stanno i mostri. Si tratta effettivamente di rifiuti della natura, quasi di un pattume dell'aggregato cellulare umano. Sono i campioni terato logici, 1 microcefali, i macroce fali, gli achiriati (uomini e don ne con artigli in forma di pin:ia di foca), esseri dagli stinchi di fenicottero, catatonici, mongo Ioidi che guardano solo il vuoto dai loro occhi divergenti e sorridono a chissà quali remoti spazi e solo si riscuotono, stranamente al suono di melodie malinconiche; ragazzi senza gambe dalla spina bifida, che recano alla base della schiena un'altra testa e le mecscmdszv o i a e e mani e le braccia sono rattratte e flosce in foggia di artigli; ciechi e muti il cui cranio è cresciuto, come un enorme pallone colore di luna, sul tronco informe e giacciono sui loro letti chi da trent'anni, chi da quarantanni; donne cui un male strano, insieme con la più' completa idiozia impone di vivere con la testa rivolta verso le spalle e così procedere, simili a certi dannati danteschi, a ritroso; altri ridotti ad ammassi di materia vegetante cui la carenza di ogni luce mentale toglie i controlli fisiologici e vivono senza saperlo, il volto serrato tra le braccia addormentati e digerenti come gli echinodermi e amébe e gasteropodi degli acquarli. Non posso continuare, scrivendo, a rifarmi nella mente le atroci immagini vedute in quei letti: tronchi muniti solo di una enorme testa idrocefala, cieca dalla nascita: e questo tronco parlava, come un manichino di carnevale; bambini-scimmia e bambine di venticinque anni (rimaste bambine in tutto: allo stadio dei sei o sette anni di età) e persino qualche caso (durante la prima guerra mondiale si tenevano segregati dentro cesti di vimini e ancora adesso in America li chiamano «basket-case») di cieco-sordo-muto privo di tutti e quattro gli arti, una specie di marmo di scavo, un torso inespressivo e incomunicabile del quale non si potrà mai conoscere se sia.capace di pensare. E' una umanità- respinta ai limiti negativi della fantasia naturale e potrebbe fornire a Leonardo o a Brueghel il vecchio modelli inediti di mostruosità caricaturali, sconfinando negli ibridi surrealisti di un 'Marc Chagall e d'un Gabriel Mirò. Certo il racconto freddo .e particolareggiato di ognuna delle 34 famiglie del Cottolengo costituirebbe una delle più impressionanti casistiche dell'angoscia. Una « guida » di questo Ospizio, assai più d'ogni digiuno o penitenza o passeggiata giubilare, mortificherebbe la nostra miserabile natura terrestre che s'esalta a far di sé la misura dell'Universo. * * Durante l'occupazione tedesca si presentarono a don Chiesa superiore dell'Ospedale, da prima il capitano delle S.S. Schmidt, poi il generale VVolf. Di fronte ai mostri, agli ignobili dementi, agli idioti e ai bambini-scimmia, alle farneticanti e ai cancerosi, ai vecchi cadenti e agli storpi, alle cieche e ai sordomuti pronunciarono una sola parola: kaputt. A rigor di logica in quel luogo si presentava l'opportunità, nella sua più indiscutibile evidenza, di applicare i teoremi di Rnsemberg sulla soppressione dei deboli. Perchè, disse il generale, dovremmo togliere il pane ai nostri combattenti per darlo a questi che non sono neppure degli uomini? Non so di preciso quel che don Chiesa rispose, ma tra i due — il prete e il soldato — dovette svolgersi una specie di disputasocratica. Forse il primo sostenne non esservi alcuna differenza tra la scintilla di vita riposta in quegli esseri e quella soffiata nella carne di, tutti gli altri.' Forse dovette sostenere la necessità di oc non uccidere quella scintilla » nel corpo, dei suoi ricoverati. E lo dimostrò a quell'uomo il cui mestiere, in guerra, era precisamente quello di uccidere. Non so. I tedeschi non soppressero nessuno; anzi dettero i viveri necessari. Anche ai tempi di Carlo Alberto il Santo Cottolengo pati, per via di una epidemia di colera, una simile traversia. Allora la « Piccola Casa della Provvidenza » contava pochi letti (inizialmente furono solo quattro in una casa detta della « Volta Rossa » che a Torino si vede ancora). Se ne cavò, come don Chiesa, e prima di morire il Re lo fece cavaliere dei Santi Maurizio e Lazzaro inviandogli il suo rappresentante Lodovico Costa ad appendergli la croce « al quinto bottone della talare », dice una lapide. * * Poiché la regola è di accogliere chiunque, la città del Cottolengo s'allargherà ancora oltre le sue interminabili mura, alte e grigie; oltre i suoi filari di finestre che, per via dei fumaioli delle panetterie e cucine elettriche, mulini e lavanderie a vapore, la assomigliano ad una delle grandi officine meccaniche della periferia di Torino, una Fiat della carità umana. Effettivamente non si saprebbero immaginare confini a quest'opera senza porne, nello stesso momento, all'abnegazione eroica delle suore e di coloro che assistono le « gemme » e i «gioielli ». Questa pietà s'apre agli infelici di tutto il mondo e contiene, come dicono al Cottolengo, le più acute gamme del dolore umano. Chi viene dall'esterno non iesiste ad un primo moto di orrore Poi accetta quel pellegrinaggio come una mortificazione ben lie ve se pensa alle monache che sono lì da quaranta e più anni e alle giovani novizie che debbono lavare lenzuola di quei letti biancherie. Poi si sorprende a pensare quale mistero si annidi in fondo a tanta totale carità. Poi s'avvede che l'aria del Natale cori la sua trepida gaiezza è penetrata sin qui, nei cortili e nelle corsie, e molti sorridono. Pensa ai sogni dei « mostri », degli uomini e delle donne-foca, dei tronchi ciechi, immersi nei letti da trent'anni. Pensa quale potrebb'esscre il regalo di Cristo a questi capricci della natura. • S'immagina, con fantasia un poco ovvia ma adatta a quella così infantile dei «gioielli », ch'essi possano sognare di es sere già nel cielo e poter, finalmente, correre e balzare da una nuvola e l'altra, e giocare sui campi del Paradiso lunghe partite al pallone tra angeli spettatori e trilli di canarini. A questo pensa il visitatore e vorrebbe fosse proprio così: proprio questo il Natale del Cottolengo. Giovanni Artieri

Persone citate: Brueghel, Carlo Alberto, Durante, Marc Chagall, Schmidt

Luoghi citati: America, Roma, Torino