Spiriti bizzarri

Spiriti bizzarri Spiriti bizzarri t/estate, quando le mogli van no in vacanza e i mariti restano in citta, cosa succede? Da Fiorette e Patapon in poi, commedie e romanzi, ci mostrano il visuccio di un'amichetta, un'alcova, e baruffe e sorprese se la porta di casa si apre per l'improvviso ritorno dell'assente. Così credevano 1 nostri padri, e pensavamo noi, anime candide nate ancora ali ombra dei dorati gigli ottocenteschi, che oggi con // matrimonio di Adriano (Venezia Neri Pozza ed.) Renato Giani sostituisce al volto dell'amichetta, quello di un efebo. Proust, gran maestro di vicende del genere aveva nella Prigioniera, di cui Paolo Senni ha appena curato una bella versione italiana presso Einaudi, parlato di Albertina, seppur si trattasse nella realtà di uno chauffeur; i suoi emuli nostrani, aboliscono anche questo velo, e tornano schietti a costumanze di cui gli epigrammi di Marziale, e dei poeti latini della decadenza, recano esempi a dovizia. Scandalizzarsi? Ali ci sono provato, ma l'ondata degli anormali sommerge la letteratura; e allora, vinta la nausea, pigliamo per buono il soggetto. Anzi, cogliamo l'occasione per segnalare la versione del De profundis dì Oscar Wilde (Milano, Orsa Maggiore ed.) sul testo integrale pubblicato recentemente da Vyvyan Holland presso l'ed. londinese Methuen. Strano a dirsi, di Wilde resterà soltanto, con questa Epistola: in carcere et vinculis, l'ultimo atto di Salame, dove le invocazioni lussuriose della danzatrice davanti alla testa di Jokanaan sono tra le più belle immagini letterarie della lascivia femminile. Per un androgino, non c'è male! Troviamo del Sartre, nel Matrhnonìo d'Adriano e non del migliore; però, anche un gusto di osservazione, e una scrittura pittorescamente composita, un cocktail linguistico che metterebbe i brividi ai puristi, ma serve ottimamente per ritrarre quel mondo, e del resto la rappresentazione non indulge a particolari stomachevoli; sfiora, accenna, e passa via. Libri di questo genere sono una manna per chi cerca immagini persuasive di una putrida e sciocca high life da additare all'ira dei nuovi credenti: tutti i personaggi, gaglioffi e cretini, il loro modo di vivere, stupidità concentrata, il vocabolario, sublimemente stolido. La vicenda poi si svolge a Roma, fra Santa Susanna e la pasticceria Doney, nel quartiere chic di via Veneto, e Adriano mi ha tutta .l'aria di esser funzionario di un Ministero che la carità di patria m'impedì sce di menzionare. Quand'egli raccatta il giovincello, l'accarezza e coltiva, non immagina però che il bell'Antinoo è ladro, e la parte più originale, e di tono più acuto del lungo racconto, \ pròprio nelle ansietà causate da que sta scoperta,: eh' si mescolano alle trafitture delia passione. Ma le disgrazie di Adriano, non si fermano qui: la moglie giunge improvvisa e beffarda, gli rapisce l'efebo, se lo porta in Egitto qual segretario, e ivi l'abbandona, sicché Adriano deve, mi sembra, ricominciar la caccia di nuova selvaggina. ' Temi di questa fatta, posson reggersi solo se trattati con mano leggera, e spruzzati d'ironia, e il Giani — di cui un precedente libro, La grande biografia, mi era sembrato insipido e prolisso — qui si afferma con doti di moralista e di scrittore interessante. Bastano certe riflessioni sull'insuccesso come base delle grandi carriere, alcuni paesaggi molli e direi vischiosi di Roma estiva, per rivelare un temperamento. Che poi si sfoga nella grossa satira di Sole sotto le mura (il secondo racconto del volume) buffoneria davvero poderosa, mentre dà nell'artificio con L'amministrazione è nelle nostre mani, dove qualche sagace rappresentazione di usi e costumi burocratici, è soffocata da una rivalità fra madre e figlio di cui Sartre è confessatamele l'architetto, ma che non ci persuade punto. Anche Mario Soldati cominciò, con Salmace, a seguir le orme di Gide, e non le ha del tutto abbandonate in A cena col commendatore (Milano, Longanesi ed.). Curiosa sorte, la sua. Dell stessa covata universitaria alli quale appartiene Mario Bonfaiv tini, esordisce nel 1929 con il volume di novelle ora citato, studia storia dell'arte, varca l'oceano, donde ci manda America primo amore, che precede e sovente scavalca l'America amara di Cecchi. Poi, si dà al cinematografo, pur scrivendo di tanto in tanto qualche racconto. Il suo diario Fuga in Italia, esce assieme al Parliamo dell'elefante, di Longanesi, che lo soffoca, tanto per la concordanza del tema,,come per la vivacità polemica. Non bastano gli strilli dei meridionali offesi da certi giudizi troppo subalpini, per cavarlo da un'immeritata oscurità. Adesso, non vorrei che titolo, copertina e cornice, tutti di cattivo gusto, portassero sfortuna a Soldati, il quale presenta i tre racconti di cui ci stiamo occupando, come presunte memorie di un impresario teatrale. Il primo. La giacca verde, quando fu pubblicato in Botteghe oscure, fece la delizia degli intenditori, e riletto oggi, nulla perde della sua malizia e freschezza: è la vicenda di un direttore d'orchestra non ariano, il quale nascondendosi in attesa dell'arrivo degli Alleati, si fa passare oer impiegato di banca, mentre, nel convento in cui egli si rifugia, un piccolo suonatore di timpani, si dà arie di «maestro». Costui, gonfio .e presuntuoso, sebbene brav'uomo in fondo, finirebbe per esser smascherato se il suo compagno non pigliasse troppo gusto all'equivoco, e non godes se poi le grazie di una prospe rosa e piccante vedovella che il falso «maestro» gli lascia, per privilegio di età. Intrappola» nelle familiarità che la vita d. guerra determina, la coppia funziona a rovescio: il musicante diventa direttore e compositore a cui « l'impiegato » suggerisce note e motivi. Ma bisogna leggere 1 particolari comici di cui Soldati e prodigo, ammirare i ritrattini, le battute felici, le risorse di una situazione, dopo tutto, artificiale. Meno ci convince, che direttore d'orchestra e suonatore si ritrovino scritturati per lo stesso spettacolo, e soprattutto che il primo rinunci alla bacchetta, non osando affrontare il secondo, ne chiedere all'impresario che lo sostituisca. Riconoscenza o insofferenza? Soldati ci lascia nel dubbio, ma il suo « capriccio » è un incanto, e si chiude con un poderoso finale: «L'opera andava alla meno peggio, come poteva. Nessuno quella sera ebbe successo; o forse uno solo, e iolamcnte per noi tre: Romualdi. Bisognava vederlo, con quale sussiego, con quale amorosa disinvoltura, accarezzava, facendoli ruotare, i suoi strumenti; con quale decisa espressione nel volto rotondo si curvava or su questa or su quella membrana e, tamburellandole per controllarne l'intonazione, v'accostava l'orecchio, socchiudeva gli occhi; con che vigore indomito rullava i crescendo, colpiva, ribatteva, rialzava e fermava a mezz'aria i mazzuoli, con che piglio li scoteva, con che trionfale autorità » (pag. 142). Più amari e quasi crudeli, gli altri due racconti di A cena col commendatore. Ne // padre deorfani, quei tali costumi da cui abbiamo preso le mosse, ricompaiono; però, attraverso una specie di torbido rimorso. Pensate a un tale (che nelle pagine di Soldati, figura come, sovrintendente alla Scala! ) che per anni ed.anni utilizza é compensa meschinamente i servizi di uno sciagurato, e quando costui, il quale ha sposato una ballerina da strapazzo, ne ha avuto un figlio, gli chiede aiuto pel bambino malaticcio ritarda a commuoversi finché il fanciullo muore, e solo allora smette la sua erotomania, abbandona gli affari e istituisce e dirige un orfanotrofio. Aggiungete che il padre del bambino è un ladro, e che il sovrintendente lo sa e ne approfitta, e il soggetto vi apparirà ingratissimo. Eppure, Soldati se la cava senza nulla di scabroso, da narratore consumato, con una perizia rara. Più facile era il tema della Finestra, il terzo racconto, ossia la confessione di un'inglese matura invaghita dell'italiano « italiano, "ossia pasticcione sfaticato brillante malfido », quel yjio che « gli stranieri disprczzano e temono e le straniere disprezzano e adorano ». Ci si sente però la letteratura: Huxley, un pizzico di Conrad e persino di Galsworthy e di VV. S. Maugham; Mario Soldati frulla, e il soufflet è pron 11M11111111 >1J ! 11 ' 111 ri 1M M11111M11M11M111M1 to. Lo preferisco quand'è originale, e in luogo di cedere ai virtuosismi, adotta la nostra piemontese e un po' arida sobrietà, senza le risorse poetiche e di paesaggio che aveva Pavese, ma con un gusto per i tipi bizzarri, un dono per le situazioni paradossali, una vena comica, una maturità nel taglio delle scéne e nell'intreccio degli episodi, davvero singolari. Quel che mi piace in Soldati, è che i suoi personaggi non sono pupazzi o burattini. Nel Matrimonio di Adriano, ne trovate invece almeno tre o' quattro; nella Serata in casa del dottor Loro (Torino, ed. Petrini, 1950) .di Edilio Chiriotti, tutti sembrano marionette attaccate a un filo, e che parlano per bocca del suggeritore, anche il simpatico cristianello Simplicio, che deriva evidentemente da Anstole France. Parecchi romanzieri odierni, non riescono più a osservar il mondo com'è, lo deformano, lo schematizzano, odiano direi quasi la gente che raffigurano. I protagonisti dei loro libri diventano subito cavie da analizzare in modo peudoscientifico, o da sfruttare ideologicamente; addio, umanità. Ebbene, in apparenza più freddo e staccato di tutti, l'autore di A cena col cormnendatore, è invece tra i pochissimi che guardino lo spettacolo^ della vita con occhi dove c'è àncora qualche pietà e amarezza. Arrigo Cajumi

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