I fratelli nemici
I fratelli nemici I fratelli nemici « Non bisognava condannare a . morte questo giovane pieno d'avvenire. Quanti sono coloro ai quali il suo volto non riappare come un incubo? ». Questo giovane passato per le armi era un collaborazionista, lo scrittore Robert Brasillach, e le parole di rimprovero sono del critico Henri Clouard: uomo non di parte, riteniamo, e perciò lo abbiamo citato. Ora del Brasillach le edizioni « Ixs sept coulcurs » presentano un libiriccin'O di una ottantina di pagine {Lettre à unì soldat de la classe soixante), ili cui merito non è grande, ma l'oe-l casionc e l'intenzione snn dcgnis-| simc di interesse. Perche quelle | pagine sono state scritte nella prigione di Frcsnes, in attesa della condanna, e già questa grave circostanza le rende patetiche, ma anche l'innegabile accento di verità, la purezza d'animo, il coraggio morale che rivelano dispongono alla più pensosa partecipazione e portano il caso personale su un piano superiore di riflessioni. Una metà del libretto! è una specie di lunga lettera, coni varie date fra il novembre e la fine dell'anno '44, rivolta a una persona immaginaria, o quasi, ai un futuro soldato che, avendone' quattro l'anno della lettera, avrà; vent'anni nel '60: un ragazzo na-i to al tempo dello sbarco tedesco' in Norvegia, preludio della grande offensiva del 1940. Nato insomma nell'affanno e nell'avvilimento della sconfitta; fuggito di qui e di là, senza casa, conosce le canzoni dei soldati tedeschi e non sa che cosa siano un arancio, una banana, un dolce di cioccolato. « Quando gli dicono di giocare, se non ne ha voglia, benché sia un bimbo allegro, trova un pretèsto grave e ingegnoso: -n non ho tempo, il mio papà è in, prigione —. Perchè ha visto in prigione il padre, gli zìi, la nonna, il padrino. Questo è il Piccolino al quale penso ». E a lui, simbolo della posterità, forse clemente, forse imparziale, il carcerato Brasillach indirizza questa lettera-testamento politicò, tanto più scria e dignitosa in quanto . non è una difesa;, non è una prò testa, non è un lamento e hein meno un'accusa, ma un esame di coscienza offerto come specchio alle coscienze altrui, una piatta .forma alla considerazione morale degli orientamenti umani nella tempesta politica. Lo scritto non è molto notevole, si è detto, ma in una documentazione spirituale di quegli anni terribili e cruciali non può essere dimenticato. Brasillach, maurrassiano, antisemita, è stato dall'altra parte, quella del Maresciallo, della collaborazione coi tedeschi. Ma non è pentito; non gli pare in nessun modo di aver tradito il suo paese, nè di averlo mai tentato: ora, nella cella 344, primo braccio, della prigione di l'resncs, non si fa illusioni, accetta il suo destino. E si mette a ragionare, ma i ragionamenti, ahimè, sono modesti e anche preoccupanti d'ingenuità. Possiamo ammirare la coerenza dell'uomo, ma come non rifiutare le argomentazioni del teorico e del militante? Si veda un po'. Per lui l'errore maggiore della Germania occupante è stata la requisizione di uomini, le atrocità commesse in Francia (Ascq, Oradour) hanno una giustificazione nella rivolta dei paesi, la collaborazione col nemico ha permesso una vita possibile ai francesi, ha protetto la « vitalità della Francia », e ha persino, sia pure senza volerlo, aiutato la Resistenza a vivere e prosperare. Tesi ben nota dei collaborazionisti, e goffamente urtante: possono tuttavia, senza più ira, perdonare i resistenti francesi' a un uomo che non amava il doppio gioco e che pagava di persona. Quanto al fascismo, il fascismo universale della sua giovinezza, questo « male del secolo », questa « poesia stessa del XX Secolo », il BrasillaCh afferma che, nonostante i molti torti, esso è stato uno splendore meraviglioso, e quello che anche lui gli può rimproverare (e con ciò gli pare di averlo scusato) è dipeso da « insufficienze nazionali, da errori passeggeri, da condizioni difficili di vita e dalla guerra stessa » Il fascismo italiano è stato qualcosa di meno. Il Brasillach riconosce fra i meriti di Mussolini quello di aver « ridato una dignità apparente a gente che spesso ne mancava» e fra gli errori quello di « sviluppare all'eccesso l'apparato poliziesco e burocràtico » e di aver forzato alla guerra un popolo che non ne voleva sapere. (Come torto, non c'è male). Il fascismo italiano, egli conclude, è stato « straordinariamente caduco, ma ne rimarrà un « ricordo prestigioso ». E' una bella contraddizione, come si vede. Quel che resta di apprezzabile, nelle credenze del Brasillach. è davvero lo slancio di un sogno giovanile, la sincerità generosa d'una ubriacatura, che è passata, ma ha lasciato i suoi segni. M.i proprio questa debolezza di ìpirito critico tradisce il nostro pensatore, ed è in fondo una prova in più ch'egli è dalla parte del torto. E può anche sembrare clic egli stesso se ne accorga, se tenta di trasferire su un altro piano, universale e poetico, la sua analisi morale dei fatti. Il «dialogo tragico » dei Fratelli nemici ->eguc la lettera e in qualche modo la' completa. " C'è un sentimento che supera il rancore, l'irritata amarezza della polemica? Sì, pensa il Brasillach, il sentimento dei nemici che non han cessato di essere e sapersi fratelli. Eteocle e Polinice, figli di Edipo,- in lotta per la corona nell'infelice Tebe: allusioni chiarissime, fatti e protagonisti riconosci bili nel tempo d'oggi. Ed ecco che il capo della patria vinta e il capo dell'esercito invasore s'incontrano per un estremo colloquio. Essi si sono a lungo ingiuriati e minacciati — e fra poco si uccideranno l'un l'altro — ma sempre nel cuore hanno serbato l'immagine dei fratelli che sono stati e che hanno continuato ad amarsi. Perchè non possono dunque deporre le armi e salvare la patria comune? Senza volerlo, non si sono già aiutati nelle loro parti? Eteocle (la ragione) non ha permesso di agire a Polinice (l'istinto)? E', ve n'accorgete, lo stesso argomento della lettera: la « collaborazione » che ha protetto la Resistenza. Siamo così lontani l'uno dall'altro? » chiede Eteocle. — Ma che importa limarsi e comprendersi? — ribatte Polinice — Abbiamo altro da fare, siamo più che noi stessi, siamo simboli di un'attitudine, simboli di un universo. — E la lotta continuerà, il. fratricidio si compirà. « Addio. Eteocle — esclama Polinice — addio, o me stesso nemico! ». E anche qui, nonostante l'alto accento umano del dialogo, noi dobbiamo opporre la nostra ricusa, la nostra protesta. Non al poeta e al moralista Brasillach, che ha espresso in modo drammatico l'esigenza di comprendere e di essere pietosi, cioè imparziali, la possibilità di gettare una luce di coscienza nell'oscurità tormentosa dei fatti; ma al politico, al militante Brasillach che, scelta la sua parte, non può pretendere da noi — e neppure da se stesso — di avere il menomo dubbio, qualunque cosa essa comporti. Mercurio può farsi un pacifico caduceo di due serpi in lotta: al poeta, al filosofo, allo storico è lecito cercare la conciliazione dialettica degli opposti, ma al combattente no, pena il cedere il passo e perdere la causa. Se quello dei Fratelli nemici è un messaggio morale, ' q'ual'è, 111 sostanza, l'insegnamento politico di Brasillach, nelle estreme parole di congedo? Non può: essere sicuramente la semplice visione di un futuro ravvicinamento franco-tedesco ch'egli auspicali problema non è così circoscritto. Nella fine della sua lettera al soldato della « classe soixante », Robert Brasillach cita le ultime pagine dello Chcnicr del 1793, là dove il poeta deprecava « l'avvilimento di una grande nazione ridotta per i suoi errori a'scegliere fra Coblcnza e i Giacobini ». Anche oggi, egli avverte, abbiamo Coblcnza e i Giacobini, basta cambiare i nomi; e quanto ad avvilimento, esso non ci manca. Ma come superarlo? Non gli riesce di rispondere, e d'altronde non toccava a lui di rispondere. Toccava ai nuovi « eterni Giacobini » sentire cori dolorosa passione e. coraggio intellettuale e affrontare, con improbabilità di successo, il più drammatico problema dei nostri giorni, quello della scelta: se ne vedano le testimonianze, schiette e generose, in Actttelles di Camus e in l'Iits au innins honrnie di Vercors, due libri recenti su cui converrà al lettore indugiare, due spade levate contro, la menzogna e contro il terrore. Franco Antonìcelli ■IIIIIIIllilllllItllllllIlllillIlllllIlHIIIllllllllllIIItl Ripulitura di navi da guerra; le batterie antiaeree di un Incrociatore americano sgusciano dai loro involucri, e appuntandosi al cielo fanno un giro d'orizzonte '[111 r 1:1 ■ r < [ ! 1 > t, 1111111m1 : ; 1 > 1111111 ( 1111 m 1111 r] 11 : !11 ■ 111111i 1111111111[ 111 i 111111111 f t 11:1:1m ri r 111111 r i) b 11:1 ; i11 s 11111 ; 1 » ; ! 11 ; 1111111 m i :j 111111 : r111111 r 111r1t
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