L'era della diplomazia

L'era della diplomazia L'era della diplomazia Nell'ottima monografia di En- trico Serra su Barrère, già preseti- mtata da Paolo Scrini ai lettori de bLa Stampa, accanto al protago- snista spunta fin da principio la sfigura di Paul Cambon, l'ambasciatore della «enterite cordiale», collega e amico del Barrère e suo collaboratore nell'opera a prò della posizione francese in Europa; e dietro l'uno e l'altro vediamo comparire' il-loro capo ufficiale "per ben sette anni. Tentilo Dclcassc. II culminare della carriera dei tre è anche, per significativa combinazione, in stretta catena cronologica. Nel corso di un anno, Barrère viene nominato — dicembre 1897 — ambasciatore a Roma; Dclcassc succede — giugno 1898 — al Quai d'Orsay a Hanoteaux che aveva nominato Barrère; e infine Paul Cambon viene inviato — dicembre 1898 — a Londra, dopo la dolorosa liquidazione di Fascioda. Con l'invio dei due ambasciatori uiminciano a stendersi nelle diverse direzioni quei.fili che, intrecciati nelle mani del ministro, tessono la trama della nuova politica francese ed europea. Barrère, Cambon, Delcassé; e per quarto potrebbe aggiungersi l'altro Cambon, Jules, che qualche anno più tardi prenderà a Madrid il posto lasciato molti anni addietro dal fratello, per ooi salire alla prova suprema, quella dell'ambasciata di Berlino, ove fu tra i principali collaboratori dell'accordo per il Marocco del 191-1, Sono nomi che suonano oggi lontani e indistinti, e pur tuttavia con un fascino di misteriosa grandezza. A un certo punto il Serra riporta talune affermazioni di Charlcs-Roux secondo cui Barrère aveva svolto a Roma un piano integralmente concepito in antecedenza, e Paul Cambon, già da quando era ambasciatore a Costantinopoli, aveva disegnato quella Entente Cordiale, da lui realizzata poi a Londra. A questo punto il Serra, riprendendo Un quesito formulato già da Charles Benoist, si domanda: a che si riduce allora l'opera settennale di Delcassé? Ma poi, con giusta considerazione, conclude che, se non è possibile a tutt'oggi chiarire con sicurezza la parte specifica del ministro nelf opera diplomatica del terzetto, se ne sa tuttavia abbastanza per riconoscergli «doti di uomo di stati 1, una lucida mente, sicuri giudizi e grande tenacia ». Noi ora vogliamo metter da parte la ripartizione dei successi e dei meriti fra i tre: riteniamo tuttavia che l'idea centrale • della Triplice Intesa sia ben stata na idea di Delcassé, anche se u.on esclusivamente sua; (in fin- dei conti, egli l'aveva ereditata da Gambetta); mentre gravi riserve possono farsi sulla condotta di lui agli inizi dell'affare marocchino, nel suo ultimo anno di po tcre. Quel che ci colpisce, rivolgendo indietro lo sguardo a quegli uomini e a quei tempi — lontani spiritualmente ancor più che cronologicamente — è una impressione complessiva, non facile a tradursi in parole. Essa ha qualcosa d'analogo all'effetto che suscita in noi un lungo racconto, tracciato con forza e organicità oppure un ragionamento com plesso e difficile, ma limpido e suggestivo; o, ancor meglio, un disegno grandioso, ricco di pri spettive e di sfondi, e pur capace di essere afferrato dall'occhio con suo sommo appagamento, in un colpo solo Non è solo l'opera diplomatica del trinomio Barrère-Cambon Delcassé a destarci questa impressione; anche se essa ce la de sti con particolare intensità, per l'armonioso concorso di tre personalità di prim'ordine. La politica inglese, che va dall'accordo con la Francia del 21 marzo 1809 per le zone d'influenza nell'Africa del Nord a quello con la Russia per la delimitazione dei reciproci interessi asiatici, in data. 31 agosto 1007, è anch'essa un capolavoro di continuità direttiva, di pazienza, di tenacia; tanto più notevole in quanto si effettuò attraverso il passaggio di potere dai conservatori ai liberali.. L'intesa anglo-francese dell'8 aprile 1004 fa onore al ministro degli esteri inglese Lansdowne non meno che a Cambon e a Delcassé. Più tardi, Grey e Cambon ebbero la pazienza di trattare per anni, spiccando bene le parole l'uno in inglese e l'altro in francese. Presso a poco le stesse lodi convengono alla politica italiana dell'era postcrispiana, la quale seppe mantenere la Triplice, riducendola ai suoi compiti difen sivi della pace e dell' equilibrio europei, e al tempo stesso realizzò l'intesa italo-francese e quella italo-russa: anche qui, attraverso cambiamenti di ministri e di governi, da Saracco con Visconti-Venosta a Zanardelli con Princtti, a Giolitti con Tittoni. E che dovremmo dire di quel capolavoro diplomatico che fu la assicurazione degli interessi italiani e della nostra mano libera a Tripoli, con un intreccio paziente di accordi tessuto per più di trent'anni, dal rinnovamento della Triplice nel 1887 all'intesa di Racconigi del 1909? Furono, codeste, tutte opere di equilibrio: realizzato oggettivamente, nei fatti internazionali, perchè presente soggettivamente, nello spirito dei dirigenti. E se talvolta l'equilibrio cominciava a fare difetto, il difetto veniva percepito, e interveniva ben pre-ito la correzione riparatrice. Cosi in Italia, quando Zanardelli e Prillerò erano andati un po' oltre nell'orientamento occidentale e nella tensione con l'Austria, intervenne l'aggiustamento col Gabinetto Giolitti-Tittoni; cosi in Francia, quando Delcassé accennava a cacciarsi in un vicolo cielo, — in fondo al quale si affacciava una guerra disastrosa con la Germania — il freddo calcolatore Rouvicr provvide a sbarcare il pgmricsspntssilpueiteslo troppo euforico collega; e se il modo fu brusco, il risultato tu buono, non solo per la pace e la sicurezza della Francia, ma per 1 suoi interessi europei e coloniali. poiché preparò la vittoria di Al gesiras e l'isolamento della Germania. Individuare e graduare gli obiettivi; lavorare pian piano • a rimuovere gli ostacoli e trovare i punti di coincidenza; non stancarsi di proseguire per anni lo stesso obbiettivo; non scoraggiarsi per gli arresti, non spaventarsi per gli intoppi e i contraccolpi; non perdere di vista, per un particolare sia pure importante, l'insieme: e tutto questo, conia coscienza sempre viva della pace interesse supremo, e con una valutazione spassionata di profitti e perdite, successi e insuccessi, con un senso sempre vigile del limite e del reale: ecco i metodi, ecco i criteri della diplomazia ottocentesca nei suoi periodi migliori: e il secolo XIX, ricordiamolo sempre, finisce al 1914. E allora, come fu che venne la guerra mondiale? A questo si osserva che nel 1914 era un se¬ -j 1 n111111 n 11 > 11 i 11111111111111 f 1 !• 111 1 «111tifii 111 colo che non . si avevano più guerre generali: aver mantenuto, nell'insieme, la pace europea per un secolo, è - pur qualche cosa. Ma si può rispondere con più stretta aderenza al quesito. Fra il 1900 e il 1914 — fermiamoci a questo periodo prebellico — c'era la diplomazia che abbiamo descritto; ma non tutti la praticavano. Quell'equilibrio di cui abbiamo cantato le lodi, non tutti lo possedevano. Chi consigliò, e quasi costrinse. Guglielmo II a sbarcare a Tangeri; chi inviò la Panther ad Agadir; chi volle imporre alla Russia con un ultimatum il riconoscimento dell'annessione della Bosnia, che sarebbe venuto ugualmente attraversi) un dignitoso accordo internazionale: costoro, quell'equilibrio non lo possedevano. Il regno della ragione era già invaso da forze demoniache: e solo il razionale impiego di tutte le energie dirigenti avrebbe potuto infrenarle. Cosi non essendo stato, l'otre d'Eolo si ruppe, e i venti corsero in tempesta l'Europa e il mondo. Essi corrono ancora Luigi Salvatorelli r 1 ■ 11111111111111111111 illuminimi iiimm o Jean Kent, protagonista di un film recentissimo tratto da una commedia di Terence Rattigan, è considerata una classica bellezza Inglese, regolarisslma e ammorbidita dal trasparente splendore dell'occhio mimiiiiiiimii umilili limi asinini min unni i i i