L'Alvino ordinò il fuoco contro il colonnello Bechi

L'Alvino ordinò il fuoco contro il colonnello Bechi IL PROCESSO DELLA NEMBO L'Alvino ordinò il fuoco contro il colonnello Bechi La precisa accusa di uno che fu presente al dramma Napoli, 15 novembre. L'udienza di oggi, dopo la sospensione di un giorno, è stata dedicata alle dichiarazioni del sergente maggiore Nicola Monno, il terzo uomo che ha una parte importante più che nella rivolta nel suo tragico epilogo. Il Monno durante l'istruttoria fu accusato di avere partecipato al fuoco dal sottotenente Gorreto. Gli imputati che hanno sparato causando la tragedia, come risultava dalla ricostruzione dell'istruttoria sono tre: 11 capitano Alvino, il suo attendente Bisegna e il sergente maggiore Monno. Il primo nonostante tutte le accuse rivoltegli sia di essere armato (tra l'altro dal sottotenente Felaco), sia di avere sparato contro il Bechi (in modo preciso nella lettera del capitano Sergio Mainetto) nega ogni cosa e nelle sue dichiarazioni parlando di Bechi arriva ad adoperare espressioni come « eroico caduto » e « doloroso decesso ». Ma finora nell'aula nessuno aveva esplicitamente affermato (come è accaduto oggi da parte del Monno) che avesse visto tutto e nessuno aveva seccamente accusato lo Alvino di essere il principale responsabile. Le stesse precise accuse contenute nelle lettere riferiscono discorsi di altri. L'importanza di quest'udienza è che parla uno che ricorda tutto e che tutto vide. Monno ha fatto le sue dichiarazioni tenendo a precisare di essere completamente estraneo al fatto; egli anzi sarebbe stato presente, ma senza alcuna arma. Ciò perchè insieme ad un amico si era allontanato dal battaglione la mattina dei fatti recandosi in un paese vicino; ma per via venne fermato e disarmato dai carabinieri che li aggregarono ad un altro reparto da cui poi riuscirono a scappare ritornando presso i rivoltosi. La deposizione testuale del Monno è un'altra prova cne colpisce l'Alvino. Dopo aver parlato dell'episodio del disarmo del sottotenente Zuccalli che si rifiutò di disdbbedire all'ordine di Badoglio e che venne perciò disarmato egli dice: « Verso le 17 del giorno 10, durante la sosta della marcia fli trasferimento, giunse la macchina del colonnello Bechi; tutti salutarono tranne Alvino. I due ufficiali si scambiarono le seguenti frasi. Bechi: « Lei perchè non saluta? ». Alvino: « Non saluto i traditori ». « Cosi dicendo l'Alvino afferrò per i polsi il colonnello, mentre costui si stava girando, poi si abbassò repentinamente e volgendosi verso il soldato Bisegna che stava a quattro o cinque passi dietro di lui gridò: «Fuoco». Bisegna lasciò partire inconsciamente cinque o sei colpi di mitra che furono quelli che uccisero Bechi ». Poi, a domanda del presidente, Monno risponde: «Alvino era armato, aveva la sahariana e la pistola nella fondina sul cinturone ». Il presidente chiede a Monno come si spiega la contrad. dizione tra l'accusa fatta contro di lui dal sottotenente Gorreto e quanto adesso ha detto. Monno narra di alcuni incidenti accaduti in servizio tra lui e quell'ufficiale, aggiungendo inoltre che negli ultimi tempi ebbe dal capitano Alvino l'ordine di fare Sorvegliare il Gorreto che era uno dei sospetti di non seguire la comune rivolta e ciò sa puto da quello, avrebbe de terminato il risentimento del l'ufficiale e quindi quella ac cusa. c. g.

Luoghi citati: Gorreto, Monno, Napoli