L'enigma del reduce dall'URSS non è ancora stato chiarito

L'enigma del reduce dall'URSS non è ancora stato chiarito L'enigma del reduce dall'URSS non è ancora stato chiarito Riconosce in una foto un compagno di prigionia Verona, 1 novembre. Il redivivo, che ha reso l'altra notte le sensazionali dichiarazioni sui nostri prigionieri in Russia, è ormai diventato, nel linguaggio dei dispacci ufficiali, non più il « presunto », ma il « sedicente » Mario Rosanelli. Nulla vi è di certo in quello che egli dice; nè il suo nome, nè la sua città di nascita, nè la formazione militare cui appartenne; perfino sulla sua nazionalità le autorità locali che l'hanno interrogato sono in dubbio. Prima di mezzogiorno il reduce è stato condotto al comando del presidio militare, dove l'attendeva, per un primo interrogatorio, il generale Moro. Ai tempi della campagna di Russia l'attuale comandante del presidio aveva ai suoi ordini il reggimento di artiglieria divisionale della Julia. Egli ha messo tutta la sua buona volontà per aiutare lo smemorato a ricostruire la vicenda della sua vita. Si è trovato davanti, però, a una desolante muraglia di nebbia. Taluni aspetti della sua narrazione appaiono grotteschi: confonde 11 Don con 11 Dnleper, il Kuban con l'Ucraina. Dice di avere udito solo ad Amburgo, da un funzionario del nostro consolato, della fine della guerra, della caduta di Mussolini, dell' esistenza dei partiti politici in Italia. Il Rosanelli parla senza nessuna inflessione dialettale Italiana. Non chiede siano ricercati sua madre, suo fratello, la sorella che dice di avere. E' passivo, chiuso in una solitudine senza lamenti. Stamane, elemento nuovo e abbastanza importante forse della sua vicenda, si è presentato il cognato di quel Gino Marelli che il reduce ricorda perchè gli fu vicino nei lunghi anni di prigionia e lo risvegliò, dopo molti mesi di premure affettuose, dall'amnesia completa che lo aveva colpito — egli dice — dopo la battaglia del Don. Questo Gino Marelli dunque esiste veramente, tra i dispersi del comune di Cellatica (Brescia); la madre sua stanotte non ha dormito e, prima dell'alba, ha spedito il genero in motocicletta a Verona con le fotografie del. figliolo da mostrare al reduce. Oggi, nel pomeriggio, in un lettino dell'Ospedale civile dove si trova attualmente rlco verato, è stato mostrato al Rosanelli un gruppo fotografico; fra tre alpini, ha riconosciuto, senza molte incer tezze, quello di centro, prò prio il Marelli. Questo riconoscimento è. la cosa meno inconsistente nel caotico mondo del reduce. Egli dice: < Io non sono Mario Rosanelli; è il Marelli ohe mi ha detto che mi chiamo Mario Rosanelli». Egli ripete spesso, come in sogno, i homi di Arezzo, Sassari, Salò e Napoli. In quest'ultima città, conoscerebbe anche un avvocato Benini o Pennino, abitante in piazza Garibaldi, un amico di famiglia, egli dice. Il generale Moro, che lo ha lungamente interrogato anche sul famosi duemila italiani che languirebbero ancora .in prigionia, ritiene che non sia da dire nessun credito alla rivelazione. Difatti, il reduce dice che riconosceva i nostri connazionali dalle divise e dalle mostrine che essi portavano. E' materialmente impossibile, afferma il generale Moro, che, dopo otto anni e tante traversie, esistano ancora in circolazione in Russia 1 grigioverde del. nostri soldati che vi combatterono nel 1942. : _

Persone citate: Benini, Gino Marelli, Marelli, Mario Rosanelli, Mussolini, Nulla, Pennino