Verità del film americano

Verità del film americano TUTTI ABBIAMO VISTO UN PO' DI STATI UNITI Verità del film americano Vi si specchia la vita di laggiù; tipi, ambienti, costumi, e le idee dello statunitense medio informano la cinematografia di Hollywood; ed anche l'atmosfera ottimistica, il senso della lotta leale e del lieto fine sono un documento esatto (Dal nostro inviato speciale) Hollywood, ottobre. Tutti hanno visto come sono gii Stati Uniti e come ci si vive, perchè di certo, andando tutti al cinema, li hanno se non altro, visti sullo schermo. Tale affermazione sembrerà a molti 'falsa o, almeno, parziale. Polemizzare con questi increduli non 'serve; sarà meglio raccontare semplicemente quel ohe ho osservato. Quando negli Stati Uniti si fa una nuova conoscenza, sempre succede di sentirsi subito chiedere: « Che cosa glie ne pare dell'America? ». La domanda è imbarazzante, proprio come se un padrone di casa, dopo d'avervi cordialmente ospitato, volesse sapere se la sua abitazione ed i suoi modi vi piacciono 0 no. Tra l'altro è diffìcile rispondere essendo difficile capire se essa è suggerita da orgoglio ben mascherato, oppure dal semplice desiderio d'avere un consenso, magari soltanto generico. Ad Hollywood, invece, trovandomi con giovani produttori come Frank Taylor, o giovani ideatori di trame come Brooks, o giovani registi come Bradley, la domanda era subito un'altra: < Che cosa glie ne pare del cinema americano t ». Così come sono Anche qui la risposta era difficile. Innanzi tutto avrei subito e sempre avuta pronta una risposta non propriamente di carattere artistico .0 tecnico; e poi sarebbe stata una risposta troppo legata alla mia condizione di straniero in cui sensazioni fresche e recenti si mescolavano a ragioni morali e sociali forse un poco astnise per i miei interlocutori.- Avrei cominciato col dire che, in genere, tralasciando quei due o tre film che nello spazio magari di cinque anni potevano davvero entusiasmarmi, il resto della produzione americana mi lasciava indifferente; e, spesso, scontento; e,'più spesso ancora, irritato, come se avessi patito una stupida truffa. Scontentezza ed irritazione, adesso me ne accorgo, provenivano dal fatto che non avevo mai visto la realtà degli Stati Uniti; che non conoscevo una città bella 0 brutta come New York, o campagne bucoliche come quelle della Virginia, o tetri luoghi come Detroit, o 11111111 r 111111 i IM11 ! 11M ( M111 i 11M11 i 11111111 j 111111 ! 111 ! pìccoli centri di provincia come quelli che si incontrano nel Middle West, o aridi panorami come quelli del Nevada o stupendi paesaggi come si vedono sulla costa del Pacifico; e, soprattutto, non avevo mai avuto a che fare con americani veramente americani, non li avevo mai visti cosi come sono quando vivono, lavorano e tentano di divertirsi nel clima, nei modi e nei costumi della loro terra. (Non bisogna tenere conto di quegli americani che vogliono evadere, clie sognano o vengono in Europa gridando d'entusiasmo. Costoro rappresentano casi eccezionali, sovente nascondono snobismi o ribellioni). Errore di valutazione Pei- tornare ancora alla scontentezza ed all'irritazione che mi davano i film americani, e per spiegarmi brevemente, dirò che essi mi sembravano tutti chiusi in certi schemi diventati, retorici: , così, doveva essere la bella ragazza, cosi la strada d'una grande città, così i frequentatori di un bar, cosi il contadino brontolone, cosi l'interno d'una casa ricca, povera o qualunque, cosi le corse e gli inseguimenti e l'urlo della sirena quando sopraggiunge la macchina deila polizia. Ju"i parevano anhe condizionati da certe formule; così si fa quando ci sì ubriaca, cosi quando si è spiritosi o tristi, cosi quando ci si incontra o ci si lascia, eccetera. Oltre che retorici e condizionati, mi parevano anche vanesi perchè tutto era nuovo, beilo, ricco e pulito in un certo modo o sporco in un altro certo modo; e mi parevano sciocchi perchè troppo truci nel mostrare la violenza, troppo sdolcinati nel raccontare la felicità. Commettevo un errore di valutazione e vale la pena ohe lo dica, dal momento che non sono l'unico italiano a vedere film americani cercando di capirci qualche cosa, il vero ed il falso. Non ho detto, e nemmeno dirò, che quei film i quali formano la media e la massa della produzione di Hollywood comincino a piacermi. Sto facendo constatazioni non certo critiche; e perciò mi pare di poter dire che essi meritano un diverso giudizio per gli ingredienti, per le parole, per i gesti, per le cose, per i sentimenti, per gli uomini e le donne che 11111M 111111M11L111111111 ■ i 111 ( 1111111111 ! 1111MI II 11 mostrano. Bono meno falsi dì quel che comunemente si crede, meno retorici ed ancor meno condizionati; in altre parole, la vita ed i luoghi e moltissime Idee del cinema americano rispecchiano con scrupolosa attenzione vita, luoghi, idee dell'America. Naturalmente da quelli di Hollywood che s'occupano di cinema, ho sentito l'elogio del neo-realismo e del verismo cinematografico italiano, e m'è sembrato che non valesse la pena di spiegar loro la confusione e gli equivoci che lo circondano, e come già vada deviando verso velleità quasi ridicole tanto puzzano di manierismo. Per molti di casa nostra è possibile fare del neo-realismo o del verismo narrando soltanto la miseria, quasi ohe non si possa fare raccontando una trama borghese od un ambiente d'aristocratici; e cosi ripetono un errore vecchio almeno di mezzo secolo, quando in letteratura — sulla scia di Zola — per ragioni polemiche si identificò la realtà con una parte soltanto della realtà. Per molti di costoro se togliete tali ragioni polemiche, tutto stagna nella zona del documento. Accettiamo pure questa limitazione: potrò sempre dire che la mia sorpresa, vedendo i luoghi e la vita degli Stati Uniti, fu quella di capire quanto la cinematografia americana fosse documentaria, cioè vera. Quante volte, a New York, a Chicago, a San Francisco ho sentito l'urlo della sirena annunciante la macchina della polizia t Quante altre volte mi accadde di ritrovarmi davanti a scene ed a persone che già avevo visto nei filmst Centinaia di volte, cosa che non mi succede mai in Italia. Il nostro realismo, infatti, pia che nelle cose o nelle persone, trova vita nella finalità polemica o sociale; ed in quanto al resto è meglio non parlarne. Mondine come ce le mostra Riso amaro, ragazzi come si vedono in Sciuscià, eccetera, pastori come si vedranno in Non c'è pace tra gli ulivi, risentono d'una manipolazione artistica più o meno felice, dì amplificazioni o di travestimenti ideali. Lo schermo e la vita Manipolazioni di tal fatta, amplificazioni e travestimenti non avvengono, o sono ben rari, nel cinema americano. La prima stanza che ebbi a New York mi parve, subito, d'averla già abitata: era quella in cui viveva l'alcolizzato protagonista di Giorni perduti; quando capitai a far visita ad un district attorney il suo ambiente poliziesco l'avevo già visto in Fate il vostro giuoco; quando a Lovelock, Nevada, entrai in un fumoso bar, dove si giocava ai dadi, mi sembrò di rivedere la prima sequenza di Chicago, bolgia infernale; quando viaggiai su una di quelle autocorriere che in cinque giorni vanno dalla costa del Pacifico all'Atlantico, rividi scene della Donna del bandito; e quel contadino a cui diedi un passaggio in macchina, tra North Piate ed Overton, Nebraska, sporco, ingrugnito, l'avevo già incontrato nella Via del tabacco. Non sono constatazioni importanti; m'accontento dì darle come un primo riferimento, ma giusto oltre che immediato. Vi sono, infatti, altre osservazioni, più sottili ed anche più impegnative. Se torno con il ricordo ai molti film americani veduti, trovo che l'irritazione nasceva dal fatto che mi risultava impossibile credere in quella loro utmosfera quasi monotona di giuoco facile, in quel sempre essere ottimisti di fronte ai casi della vita, in quell'innato senso della lotta leale, nella mancanza di urti fra classe e classe, nella costante glorificazione d'una particolare mentalità non ■ proletaria, non borghese, non aristocratica; mi risultava impossibile 'Mcettare l'immancabile lieto fine. Bimili tratti, ohe sentivo irritanti giudicandoli softtHòati, si ritrovano invece «'« un capo all'altro degli norme e quei limiti con cui l'americano vive, s'innamora, divorzia, guadagna e perde, truffa, s'incanaglisce o muore contento. Soprattutto contento. Non saprei dire in un modo più plausibile come ogni americano rifugga dall'idea che la vita deve essere una prova dura, cattiva, con la immancabile tragica conclusione, se non Con questo: che la sua mentalità s'adegua a quella del lieto fine cinematografico. Allentati i rapporti ■ familiari, sfuggenti quelli tra genitori e figli, ognuno pensa alla' marte quel tanto che basta per saperla un fatto del tutto personale. In fondo al proprio animo ogni americano sogna, per sè, un lieto fine come sempre avviene sullo schermo, anche quando si tratta di lasciare qualche morto alle spalle, o di morire egli stesso. Questa identificazione tra cinema e modo di concepire la vita più di tutte le altre mi sorprese. Cosi sarebbe stato faticoso spiegare a quei conoscenti di Hollywood che prima li avevo ritenuti vincolati, soggetti, avviliti dal regolamento cinematografico hollywoodiano e che ora, invece, mi parevano soltanto attenti, servizievoli, aiutati da quel regolamento non scritto su cui si basano gli usi, i costumi, la mentalità degli americani. Enrico Emanuelli MIIIIIIllilMilll 1111 II 111 ! 11 ! 111111111111111U11111:11 Stati Uniti, non certo con la precisione che ci offre lo schermo, ma sostanzialmente immutati e veri nella vita di ogni giorno. Da trentanni in qua migliaia di film sono stati prodotti ad Hollywood. Il lato più interessante, forse l'unico che varrebbe la fatica di un lungo studio, sarebbe lo stabilire se i modi del cinematografo hollywoodiano abbiano influito sulla vita americana o viceversa; 0 se questi modi e questa vita, ad un certo punto, per continui scambi ed adeguamenti, si siano identificati. Non è mio intento dire oggi se mi piacciono tali modi e tale vita 0 confrontarli con i no-' stri, riducendoli — ancora una volta — a motivi polemici. Rimango alla constatazione che tutti hanno visto gli Stati Uniti per il semplice fatto che il cinema americano, essendo meno polemico del nostro, risulta vero; e concederò che risulta mediocremente sopportabile a molti di noi appunto per questo. Ad Hollywood la produzione è sottoposta a certe rer gole, deve stare entro certi limiti morali che sono codificati in un regolamento che funziona come auto censura, accettata da tutti. Tale regolamento, senza che nessuno se ne accorga, è lo stesso che regola i rapporti tra individuo e individuo americano; ed esso contiene quelle {IMIMIllll IMII li MIIIIIIIIIIIMMIMII Milli Milli III II

Persone citate: Enrico Emanuelli, Frank Taylor, Lovelock, Milli, Milli Iii Ii