La lunga attesa dei contadini siciliani

La lunga attesa dei contadini siciliani La lunga attesa dei contadini siciliani Miserabili condizioni di vita e di lavoro - All'ultimo censimento risultavano da bonificare 500 mila ettari (Dal nostro inviato spedale) Palermo, settembre. il Banco di Sicilia ha un pròprio ufficio studi che si occupa in prevalenza del problema agricolo. E' il più importante dell'isola perchè suU'agricoltura vive il 51 per cento della sua popolazione e il rimanente, eccetto i tre settori aelle zolfare, saline e pesca, è assorbito da quelle attività connesse alla produzione agricola, come industrie dei vini, dell'olio, mulmi, conserve alimentari, derivati degli agrumi (essenze e bibite), trasporto di prodotti, ecc. Questo problema agricolo ha molti aspetti. Uno è la bonifica. Occorrono miliardi Nel governo regionale vi è un assessorato per questo grave compito e l'assessore Luigi Germana dichiarava recentemente che per un integrale soddisfacimento delle opere di bonifica occorrerebbero 12 miliardi di lire e che, secondo i tecnici, è ben possibile costruire 24 bacini montani per la produzione d'energia elettrica da utilizzare nell'irrigazione agricola. Le cifre che i siciliani citano, senza poter, essere smentiti, sono una prova del iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiuiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiinmniiiiiu e) n cerato iri è tà ini, imi di ma no è agi ele di i i ila ca ne ire el iu o o el ra ne idi rire ro la aalno ata i ro, no va ie nte oc i nti al a esso an la so rile riatlo. al il orile ca, ac, an> al, fin come, al di là del fumo dei tanti discorsi, l'isola sia stala trascurata, m sostanza, aa tutti i governi, di ben altro solleciti, con imprese che spendevano (se non sperperavano) fuori della patria quei mezzi che un sentimento di giustizia e ài solidarietà nazionale avrebbe invece dovuto impiegare per queste terre abbandonate, sotto la sferza del sole e il sibilo dell'anofele. Dal 1860 al 191,3 lo Stato italiano ha speso per bonifiche in Sicilia 115 milioni contro i 6 miliardi e 138 milioni spesi nel resto del territorio. Inoltre lo Stato ha dato un suo contributo del 20 per cento sui 267 milioni spesi da agricoltori isolani per trasformazioni fondiarie. Dopo soli 2 anni di attività il governo della regione, che si è addossato questo compito fondamentale, ha speso 18 miliardi e 661 milioni che, rapportando l'attuale moneta al valore di anteguerra, secondo la rivista « Sala d'Ercole », sono sempre almeno SIS milioni, cioè quasi il doppio, di quanto è stato dato m IO anni alla Sicilia perchè rendesse fertili e sane le vaste zone capaci di dar messi e frutta. V'è chi pensando alla Sicilia vede valanghe verdi di mandorle, zibibbo, cedri, arance, limoni, covoni biondissimi e il profumato fuoco liquido delle sue vigne. Ma quanto potrebbe dare di più l'isola se veramente conoscesse tutte le risorse della moderna tecnica agricola. Oggi, sui il miliardi richiesti per la bonifica (esercizio !48-'Ji9) se ne sono avuti solo 6,500, ma il rombo delle idrovore che assorbono le acque stagnanti e le incanalano verso il mare o nell'irrigazione feconda, è ormai sempre più forte e non è lontano il giorno che vedrà chiusa questa piaga. Le zone da bonificare, al l« luglio 1935, avevano l'ampiezza d'oltre 500 mila ettari. Fra le più importanti vi sono: V, Pantano di Lentini. le paludi Lisimelie, i Margi Soprani, Sottani e Pozzilli, i Margi di Xitta e Salina Grande, dove la bonifica consiste nel prosciugamento mentre, oltre il prosciugamento, occorre la disciplina di corsi d'acqua nelle paludi di Scicli (Ragusa), nella zona del Lago di Lentini, nel Pantano dei Celsari, nell'agro di Bucachemi e Verdicari (tutti in provincia di Siracusa), nei Margi di Birgi e Gorgo Marausa, nelle campagne di Delia Nivoleìli (Trapani) e nell'ampio comprensorio della piana di Catania. I più poveri Un aspetto più grave del lavoro agricolo della Sicilia è dato poi dalla massa di braccianti che se nelle statistiche figurano sui 230 mila (che già sarebbe un forte numero) è in realtà assai maggiore perchè a questi bisogna aggiungere 1 50 mila, addetti agli agrumeti e i .ino mila mezzadri che coltivano piccoli appezzamenti di terra insufficienti per la famiglia e devono aiutarsi per alcuni mesi con il lavoro a giornata. E' una folla imponente che vive in condizioni cosi misere come in nessun'altra parte d'Italia, nemmeno nel Cilento e nel Crotonese, abbrutita da fame, stanchezza, malattie. Anche in altre parti del Mezzogiorno, per esempio m 1111111111111111111111111111111111111111111111 immillili Sardegna e Lucania, v'è un bracciantato poverissimo, ma solo in Sicilia il problema è così grave per il numero e lo stato miserevole di questi uomini e donne il cui pesante lavoro di vanga, falce, dura dieci, dodici ore ai giorno. La giornata di otto ore è rimasta nelle carte dei tanti accordi sindacali, come le tariffe. Vi sono braccianti pagati S00 lire al giorno e un mestolo di favo muffite, senza olio; donne che al tempo della raccolta delle olive, dopo dieci ore, con le reni spezzate, kanno guadagnato 200 lire e un pezzo di pane. E v'è di più. La maggior parte di questi braccianti lavora solo 4-5 mesi all'anno ed è quindi costretta ad accettare in prestito dai padroni i pochi viveri; grano, olio, legumi. E quando s'arriva all'estate essi sono in forte debito e devono lavorare per mesi e mesi a quelle condizioni. Ribellarsi significa non ottenere mai più credito, nè da qmsti padroni, nè da altri. JS* quindi un nuovo « peonagett, come quello atroce sviluppatosi nell'America spagnola e nelle Filippine, scomparso solo in tempi assai recenti. Ancora nel 1910 un terzo della popolazione brasiliana era di « peone» * come furono detti t lavoratori «indica » e meticci, veri forzati moderni della gleba, protagonisti e vittime del triste fenomeno di cui si' è occupato, in tempo ancora più prossimo, il Bureau International du Travail della Società dette Nazioni. Il cammino nella notte Oggi il fenomeno dei « peones » esiste ancora e non nelle regioni lontane dei Tropici, ma nel cuore dell'Europa, come provano le centinaia di migliaia di braccianti della Sicilia, minati da tubercolosi e malaria. Vi sono state molte inchieste e tante polemiche parlamentari, da quella di Sidney Sonnino su « I contadini di Sicilia » al discorso famoso di Filippo Turati che, rivolto al Governo ed al Parlamento, ripetè, quale inutile monito, la frase con cui U 18 febbraio del '98, a Troina, «1111 ■ 1 ■ 1 tir11111 ■ » ti 1■111 ■ 11 il 111f 11 • ri 11 !f ri m11 si iniziò uno dei più sanguinosi moti: « ci buffuni ano! » («ci stanno ingannando!*) ma il problema è ancora lontano da una soluzione. La notte vede questa folla di braccianti che uscendo da tuguri, casupole, con le vanghe in spalla, cammina in silenzio, a piedi nudi nella polvere, lungo sentieri e vie di campagna, per trovarsi dopo 10-15 Km. di oammino, pronti sulle aie, per un altro giorno. Crescenzo Guarino