Un sottile tronco d'albero divide due mondi ostiIi di Virgilio Lilli

Un sottile tronco d'albero divide due mondi ostiIi AI LIMITI DELLA GERMANIA OCCIDENTALE Un sottile tronco d'albero divide due mondi ostiIi Oltre quel confine, un passo dopo V altro, si può giungere fino in Corea (Dal nostro inviato speciale) Ullitz, agosto. La cortina di ferro, la famosa cortina di {erro, eccola qua. Il burrone di odio, di incomprensione, di sarcarsmo, di polemiche, di inconciliabili ideologie, di colossali contrastanti interessi eccetera che ha spaccato in due il mondo, che tiene sospesa sull'umanità la spada fiammeggiante della guerra, eccolo qua. Questi boschi che percorro sono cortina di ferro; queste strade sulle quali va guardinga la mia automobile sono cortina di ferro; queste case di campagna disabitate, questo silenzio, attorno, questo senso di vuoto che palpita in aria, queste sentinelle acquattate fra gli alberi con i fucili in pugno e gli occhi protesi all'occidente come da una trincea d'uno schieramento bellico sulla trincea nemica, sono cortina di ferro. Ed è cortina di ferro l'orgasmo che io avverto nel petto, simile a quello che avvertivo quando* in guerra, soldato, mi trovavo in prima linea. Il mio passaporto a questo punto è diventato uno straccio, un oggetto privo di qualsivoglia valore e significata? non serve più a nulla, non più visti, non più timbri, non più legittimazioni valide. Cortina di ferro: non si passa. Trovarsi di là Sono a Ullitz, una località in provincia di Hof, Baviera, al confine della Germania occidentale con la Germania orientale. Vado frugando con la mia curiosità di reporter le campagne, gli scarni villaggi, i boschi, per vedere l'estremo limite, per toccare con le dita, materialmente, il bordo della gigantesca frattura del mondo. Mi accompa¬ gna il capo della Polizia do iiiiiiiillllllllliiiilliliiiiiiiiiiiiiiiii immuni ganale di Hof come precisamente su un fronte di guerra mi accompagnerebbe agli avamposti una scorta incaricata di guidarmi e di difendermi. Sono stato stamane al Comando alleato di Hof, ho chiesto semplicemente delle indicazioni per una visita alla frontiera fra le due Germanie. Mi hanno risposto che, solo, non potevo andare, che avrei potuto smarrire la strada e trovarmi di là. Prima che partissi il portiere dell'albergo di Hof mi ha fatto gli auguri. Qualche conoscente mi ha detto: « Sia prudente, ritorni ». Tale è la linea di tangenza fra le due Germanie nella campagna aperta: quasi un fronte di guerra, non una frontiera. Usciti da Hof, abbiamo percorso alcuni chilometri di strada asfaltata. A poco a poco la gente è diradata, il traffico dei veicoli è finito, strade e campagna son divenute deserte come in una « terra di nessuno ». Ci siamo messi per strade minori, sterrate, le quali via via penetravano dentro i boschi. Il capo della Grenzpolizei che mi accompagna — l'Inspehtor Guchemberger al comando del quale SSi uomini sorvegliano la frontiera della regione — appariva sempre più cauto, mi invitava ogni poco a rallentare l'andatura, studiava attentamente gli incroci, l'andamento dei sentieri, quasi a evitare trappole. Improvvisamente mi ha détto: « Ci siamo ». Ho rallentato ancora l'andatura della macchina, abbiamo imboccato una lunga strada nel cuore verde del bosco, odorosa di funghi e di resina. < Ecco la cortina di ferro, — mi ha detto l'ispettore, — gli abeti alla nostra sinistra sono Germania orientale, Repubblica comunista: da codesti abeti, un passo dopo l'altro, lei può arrivare in Corea sempre con il ritratto di Stalin sotto gli occhi ». Ho guardato le erbe che splendevano di brina sul bordo sinistro della strada, a trenta centimetri dalle, ruote dell'auto, ho domandato: c Che cosa avverrebbe se sostassimo e sedessimo su quelte erbe, sotto quegli abeti/ >. L'ispettore ha fatto una smorfia: < Fra quegli abeti ci sono le sentinelle della Volkspolizei, della Milizia popolare della Germania orientale, — ha detto. — Hanno i fucili carichi, potrebbero sparare ». Situazione imbarazzante Abbiamo proseguito sempre più cauti. D'un tratto l'ispettore mi ha detto a voce bassissima, con il piacere di regalarmi un'emozione: <Eccoli là, ci hanno visto ». Si trattava di due soldati coricati indolentemente sotto gli alberi, con i fucili mitragliatori sulle ginocchia. Al passaggio della macchina si sono sollevati, sono venuti lentamente verso la strada. Più avanti abbiamo trovato una casetta e, due metri oltre la casetta, una sbarra di legno che tagliava la strada. < E' finito >, ha detto l'Ispettore. Gli ho domandato ohe cosa fosse finito, egli ha detto semplicemente: « E' finito il cosidetto mondo occidentale ». < Si », ho risposto. « DI là, — ha detto l'ispettore con pedanteria tedesca, — Traman è un bandito e Stalin un galantuomo; di qua Truman è un galan turno e Stalin un bandito. E' questione di pochi centimetriy. Io ho toccato la sbarra di legno, — un sottile tronco d'albero coperto ancora della corteccia, — ho pensato che, per togliere di mezzo, dalla strada, quell'umile tronchetto d'albero disseccato, un giorno potrebbero morire milioni di uomini, andare in cenere interi continenti. In quella, dalla casetta è uscito un giovane biondo, alto, in abiti borghesi al pari dell'Ispettore, ha fatto un rigido saluto militare, ha riferito brevemente le novità della giornata. Parlando del terreno al di là della barra, il giovane ha detto « Russia y, come se metà della sua patria tedesca fosse già qualcosa come l'Ucraina o la Siberia. Dopo una accurata consultazione con il suo dipendente, l'Ispettore mi ha detto che, se lo desideravo, potevo tentare di parlare a quelle due tali sentinelle della Volkspolizei: < Si prepari una domanda non impegnativa per attaccare discorso ». Siamo risaliti in macchina con il giovane biondo, siamo tornati sui nostri passi. Le due sentinelle si erano messe sul bordo della strada, sedute un paio di metri dentro il bosco, i fucili sempre sulle ginocchia. Non si attendevano che la macchina si fermasse, vedendoci scendere si sono allarmati, si sono levati in piedi scatto, coi fucili in pugno. Il giovane doganiere si è rivolto loro come un parlamentare si rivolgerebbe alle vedette d'un esercito nemico, ha detto: € Posso parlarvit ». I due soldati hanno fatto cenno di sì, con la testa. « Questo signóre è un giornalista italiano che vorrebbe scambiare quattro parole con voi y. Quelle due sentinelle comuniste della cortina di ferro apparivano assai giovani, quasi ragazzi. Biondi ambedue, con occhi cerulei, si rivelavano immediatamente della identica razza dei due doganieri che mi accompagnavano. Era strano che quelle due coppie di compatrioti, di tedeschi, si considerassero vicendevolmente come nemici, come soldati di eserciti avversi. Anche questo era cortina di ferro, questa atmosfera di guerra civile, intendo dire. I due comunisti vestivano una uniforme di panno blu, con gambali, berretto blu anch'esso, con visiera. Nessun emblema comunista nè sul berretto, nè sulla giubba. Ma le spalline erano di foggia decisamente russa. Alla domanda del doganiere occidentale hanno opposto qualche attimo di silenzio, quindi hanno dichiarato che io parlassi, avrebbero risposto o meno a seconda di quel ch'io avessi chiesto. Io ho detto: « Che sensazione provate nel trovarvi di fronte a una parte del vostro paese come di fronte a una nazione nemica t ». / due giovani comunisti si sono guardati lungamente l'un l'altro e hanno taciuto. Noi abbiamo pazientemente atteso la risposta, tacendo alla nostra volta. A un certo momento la situazione è diventata imbarazzante, fra noi e quei due militi si veniva alzando una vera muraglia di silenzio. Improvvisamente io ho detto: «Se non volete rispondere, ditelo y. Uno dei due ha detto senza guardarci: <Noi non vogliamo rispondere a questa domanda*. Di nuovo il silenzio ci ha dominato tutti. Per uscirne io ho detto ad alta voce all'ispettore: « Posso fare una fotografia di questi due soldati LUssmcsltftpdcnavsssmgrpedmtnngnmiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiìiiiiiiiiiiiiii del popolo? Sarebbe interessante per il mio giornale ». Uno dei due comunisti ha risposto direttamente: « No. Noi non vogliamo andare in carcere per una fotografia y. Io gli ho detto: < Posso offrirvi una sigaretta t ». / due militi comunisti hanno risposto insieme, seccamente: « Questo non è proibito y. Un filo di fumo A questo punto mi sono avveduto che per offrire la sigaretta dovevo andare sulle erbe del bosco della Repubblica comunista della Germania orientale, che dovevo cioè passare, sia pure per la distanza di un metro, oltre la cortina di ferro. Ho letto una espressione di dubbio negli occhi dell'ispettore. I due giovani miliU comunisti frattanto rimanevano immobili attendendo, mi studiavano con aria quasi beffarda, come a dirmi: « Vediamo se sei capace di fare il passo dal blocco occidentale al blocco orientale ». Naturalmente io ho offerto le sigarette ai due soldati comunisti. Ho fatto decisamente due tre passi sulle erbe del bosco, al di là dell'invisibile e tuttavia massiccio si¬ iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiui:iiititiiiiiiiiiHiiiiiii pario d'acciaio, ho proteso la mano. Con mia sorpresa ho visto che i due soldati non allungavano la mano a loro volta, non prendevano le sigarette dal pacchetto. Quel certo loro tono beffardo era caduto, al contrario apparivano smarriti e vergognosi, quasi stessero commettendo un delitto, si guardavano attorno e alle spalle quasi a controllare che nessuno potesse scoprirli mentre facevano cosa illecita. Poi rapidamente, come se realmente rubassero, hanno preso due sigarette dal pacchetto. Io ho detto: €.E' molto severa la disciplina nel vostro esercito ». I due si sono ritratti dì due passi, tacendo. Allora ho udito la voce dell'Ispettore che diceva: « Forse sarebbe meglio andare; si fa tardi y. « Arrivederci », ho detto ai due soldati, e sono tornato sulla strada. Abbiamo salutato il giovane doganiere che si è avviato alla casetta, in fondo alla strada, e siamo ripartiti. Questa è la situazione del mondo, ormai: che fra oriente e occidente non è più consentito il passaggio neanche a un filo di fumo. Virgilio Lilli iiiiiMnig9ii!iiiiiiiMiiiii[iiiisiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitii

Persone citate: Stalin