Binda riferisce all'UVI sugli incidenti del Tour di Vittorio Varale

Binda riferisce all'UVI sugli incidenti del Tour Binda riferisce all'UVI sugli incidenti del Tour Nella discussione che avrà luogo stamane a Torino occorrerà rivedere i rapporti ciclistici italo-francesi Stamattina nella nostra città si riunisce il consiglio direttivo dell'V.VJ. il quale si occuperà degli incidenti del Giro di Francia e deciderà sulle misure atte a tutelare il decoro del ciclismo italiano. Alla riunione parteciperà naturalmente Alfredo Binda, che era atteso ieri a Torino di ritorno da Parigi, ma che per ragioni familiari ha dovuto fare la deviazione a Milano. Il direttore sportivo della squadra al Tour, che è anche commissario tecnico permanente e in tale sua qualità fa parte di diritto del consiglio direttivo, prenderà la parola per fare una particolareggiata esposizione dei fatti che quest'anno hanno caratterizzato la partecipazione italiana al Tour. Egli vorrà cominciare da molto lontano, per finire alle 9 del mattino di mercoledì scorso, allorché nel giardino dell'Hotel de France d'un piccolo villaggio nei dintorni di St. Gaudens, fu pronunciata la parola definiti va che metteva termine alla presenza dei nostri corridori nella competizione tanto tea fralmente cominciata tredici giorni prima a Parigi. Con l'accenno ai fatti lontani intendiamo tutto quanto successe dal giorno di febbraio (o di marzo) nel quale Binda accettò a Parigi l'esclusione dei direttori sportivi di marche, fino alla prima domenica di questo luglio allorché un intervento extra-sportivo convinse Bartali a partire anche senza il fido massaggiatore Colombo. Poi il commissario tecnico vorrà lumeggiare la faccenda dei « cambi di velocità » che portò all'esclusione dalla squadra di elementi che ne avrebbero innegabilmente aumentata l'efficienza. Noi ci permettiamo di dire questo perchè riteniamo che i dirigenti dell'V.VJ. debbano « tutto » conoscere sulla partecipazione italiana al Tour, cosi come vorranno riconoscere che già in partenza i rapporti GoddetBartali non erano dei migliori. Al direttore del Tour e del maggiore dei due giornali organizzatori risale buona parte della responsabilità dei gravi incidenti, in quanto i suoi commenti sull ' Equipe, pur senza rivestire — almeno a nostro giudizio — il carattere diffamatorio additato nel comunicato dell'U.V.I. di giovedì, cooperavano, se non addirittura istigavano a far cre~ dere ai lettori del suo giornale che gl'italiani corressero slealmente. Se Goddet avesse parlato a un'adunata di tecnici e di competenti, nulla sarebbe successo; ma egli si rivolgeva alla folla, e questa si sa che cosa è. Anche noi siamo contro la « corsa all'italiana », e non abbiamo mai mancato di additarne Vantisportività per le gare in linea; ma per una competizione a squadre na zionali e a tappe, e con un regolamento da lui stesso stilato e dai corridori accettato, Goddet e i suoi collaboratori avrebbero dovuto sentire l'opportunità di non insistere nel criticare il comportamento dei nostri corridori; e se avessero nelle loro cronache usato espressioni più misurate dì quelle che per dieci giorni diedero in pasto ai lettori contemporaneamente e sia pure involontariamente dando il «la» a una caterva di giornalisti incapaci piombati al seguito della corsa, certo non si sarebbe creato in molti francesi lo stato d'animo lamentato. E' comunque certo che anche da parte italiana non si andò al Tour con una, come dire, disposizione spirituale delle più serene. L'accusa che prima e durante la corsa da molte parti venne mossa ai promotori asserendo che la nuova formula di gara era stata apposta da essi studiata per svantaggiare gl'italiani, all'atto pratico si dimostrò così insussistente che all'uscita dei Pirenei era proprio un passista italiano, ad averne approfittato, sino a conquistare la maglia gialla! Binda sarà a conoscenza di queste, e di altre cose, e sicuramente nella sua esposizione vorrà ricordare la situazione personale di Bartali alla partenza di questo Tour cosi diversa da quella dei due precedenti. E' un punto, a nostro avviso, che può concorrere a spiegare, sia pure in ridotta misura, lo stato d'animo di Bartali nel tragico pomerig- gio del 25 luglio e ore successive fino al momento in cui il match ingaggiato col signor Goddet un mese prima, si concludeva vittoriosamente ( tj per lui. Per quanto riguarda i fatti specificatamente commessi a danno sia morale che materiate dei nostri corridori, sarebbe indelicato da parte nostra dare anche il pur mìnimo consiglio a Binda. Noi cercammo di darne uno, e buono, a Bartali auanti ch'egli parlasse alla radio qualche minuto dopo l'arrivo; non fummo ascoltati; ce ne spiale, non per noi personalmente, ma- per lui. Binda è l'unico ad avere tutta la responsabilità in materia, giusto ch'egli sia il solo a riferire Quali decisioni prenderà l'U.V.I., e stasera ce le farà sapere* Che non più a titolo personale come ha fatto giovedì il presidente, ma in forma ufficiale e solenne venga elevata la protesta del ciclismo itailano contro l'offesa commessa ai suoi danni nella competizione più importante del mondo, è il minimo che ci si debba aspettare — e meglio se essa sarà accompagnata dal mònito che affronti simili porterebbero da parte nostra a ritorsioni senza /imiti. Con ciò intendiamo dire che pel momento trovatisi fuori strada quanti, ancora sotto la prima impressione dei fatti dell'Aspin, vorrebbero farne una colpa ai corridori francesi, e da tale condanna trarre le lo- giche conseguenze; ma se si \ vuole che dal male nasca il bene, è augurabile che i dirigenti del ciclismo italiano alla inflessibilità, dove è necessario, accompagnino spirito realistico e pratico Se il Tour si è avviato dopo il ritiro degl'italiani su una strada delle meno serie, non per questo dobbiamo dimenticare che anche per l'avvenire esso rimarrà la più grande prova del genere, e che Ma ani o Bartali per quello d.el 50 avevano ormai la vittoria finale in pugno. Parlando ieri con numerosi membri dei co mitati regionali dell'U.V.I. ab biamo ripotato la convinzione che il ritiro delle squadre italiane non abbia riscosso una nime approvazione negli ambienti sportivi. Che per il futuro la nostra partecipazione al Tour sia da « contrattare » con minuziosità fino a .prevedere e considerare « tutte » le eventualità d'una corsa siffat tamente complessa e granàio sa, è un consiglio certamente superfluo; ma non è altret tanto quello che non ci si ven ga a parlare di autarchia ci distica. Sarebbe un delitto che gli sportivi italiani non perornerebbero. Abbiamo tali tanti campioni (ed il nostro pensiero va a Coppi che giorni riprenderà gli allena menti, e il nostro pensiero va a Magni che, piangente, rispo se « Obbedisco » a un discuti buissimo ordine), abbiamo tali e tanti campioni da vincere appena ci ritorneremo, un al tro Tour, e così « vendicarci nel modo più nobile e siano rile dei quattro mascalzoni dell'Aspin. Vittorio Varale

Luoghi citati: Francia, Milano, Parigi, Torino