La si guerra riflette non solo è ancora dramma nelle pìccole cose di Enrico Emanuelli

La si guerra riflette non solo è ancora dramma nelle pìccole cose vi a a aio jdaimIm'atimAjntico ai* pacifico La si guerra riflette non solo è ancora dramma nelle pìccole cose Libertà di stampa: i giornali pubblicano con la stessa franchezza vittorie e sconfitte Le prenotazioni per i viaggi in Europa disdette nella misura del 18% - Avvisi ai riservisti (Dal noatro inviato speciale) New York, luglio. Non è facile trovare una eco della guerra a New York; non è facile avere sotto mano un riferimento preciso che faccia capire a quale punto ci si trovi. Le prenotazioni dei viaggi in Europa, per via mare, sono state disdette nella misura del diciotto per cento; quelle per via aerea del sette per cento. I pneumatici per auto sono aumentati di prezzo; qualche massaia ha cominciato a comperare più, del solito, così l'olio d'oliva, il caffè, la carne, il latte sono oggi più cari della settimana scorsa; ed anche il pane bisogna pagarlo un centesimo di dollaro più di ieri. La guerra già ai riflette in queste piccole cose, od in altre, non ancora 'drammatiche. Mi trovavo in Léonard 1■11111 ! 1 ■ 111111111 ■ 1111r m11 ) 111111111111m i ( 1111• 1111111 Street, negli uffici di polizia di un dlstrlct attorney che conosco. Entra un funzionario e la sua presentazione viene accompagnata da queste parole: < Ha ricevuto l'avviso di tenersi pronto; sa, è capitano della riserva ». Chi ha ricevuto l'annuncio d'un probabile richiamo alle armi scuote la testa, dice: < E' seccante, anche perchè la guerra è sempre un cattivo affare ». E si parla improvvisamente d'altro. Poche chiacchiere Perchè insistere in un discorso che sarebbe stato, per forza, vago e generico f Noi ci saremmo subito lasciati trasportare dal desiderio di discutere, di mettere in mostra passioni e sentimenti. Sono velleità che non passano nemmeno di sfuggita nella testa di un americano. Può darsi ch'egli sappia molte cose. Può darsi ch'egli sappia come i « militari » avessero dichiarata la Corea indifendibile nel caso di una nuova guerra; che sappia come i € politici », per una ragione di principio e trattandosi di conflitto localizzato, abbiano oggi chiesto di difenderla; che sappia come parecchi mesi, fa il generale Mac Arthur avesse detto che bisognava aumentare le forze in Giappone e come anche non l'abbiano ascoltato. Quando mi meravigliai del modo con cui si sbrigavano tra di loro la faccenda della Corea, pur avendo sotto mano tanta materia di discussione, mi fu risposto: «Più che discutere una qualunque cosa, noi preferiamo farla o non farla». Con altre persone capitò lo stesso; ed una sera, in ca-* sa d'amici, dove c'erano americani vissuti' a lungo in Europa e quindi pratici della nostra mania di rigirarci un argomento da tutte le parti, mescolandovi odio ed amore, alla prima frase mi son sentito dire: « Presto sarà una cosa okeizzata >. Non avevo mai sentito tale forma verbale, to okay somethlng, e si sa quel che si- gnifica 0. K., okay: siamo d'accordo, perfetto, va bene, ci siamo riusciti ed anche un po' più di tutto ciò. Cosi il discorso girò da un'altra parte; ma a me parve di capire che il mio interlocutore non riteneva ancora la guerra okeizzata in Corea e sulla via di okeizzarsi a New York. D'altronde è proprio quello che ho visto capitare in questi giorni. La faccenda non era facile. Alla massa americana, raramente solleticata alj'improvviso da passioni e da sentimenti, ripugna ogni cambiamento di ritmo e di direzione. E poi la guerra è lontana nello spazio. Da New York a San Francisco sono, press'a poco cinquemila chilometri; da San Francisco alla Corea ci sono circa settemila miglia marine. Eppure la guerra c'è da più di tre settimane. Uomini muoiono (ogni giorno sul Times americano la lista dei nomi s'allunga), aeroplani scompaiono, materiale e dollari vengono consumati con ritmo crescente, notizie grame arrivano sotto gli occhi di tutti. In molti c'era stata, al primo momento, l'illusione che si trattasse di una operazione di polizia, d'un grosso incidente di confine: oggi si sa che è una guerra dura, si sa che perdere Pusan vorrebbe dire rifare nientemeno quello che si è già fatto sbarcando in Normandia, si sa che non potrà finire prima di dieci mesi, di un anno, e soltanto non si sa quali sacrifici ci vorranno. Paziente sicurezza Già da un pezzo l'americano medio pensava: < L'Asia ci metterà, presto o tardi, di fronte alla Russia. Noi siamo vicini all'Asia perchè sappiamo d'essere una potenza marittima, gli altri le sono iricini geograficamente. La Cina è uno dei nostri più grandi mercati, il Giappone è un cliente che non bisogna perdere ». Queste cose 'le pensava già nel 19^7 ed anche pensava che le esperienze di Bikini erano state fatte con t?tcenti dimostrativi. L'americano sperava nella pace o, almeno, in una relativa tranquillità, che d'altronde è necessaria al suo espansionismo di carattere economico e non di dominio territoriale. Invece si trova all'improvviso davanti alla guerra e, per di più, nell'attesa di provvedimenti che potranno riportare — come dal 19lfi al '46 — al controllo dei prezzi, all'assegnazione della mano d'opera alle imprese pubbliche e private, alla ripartizione controllata delle materie prime. L'immediato auuenire degli americani, che vivono soprattutto per l'auuenire, potrebbe anche non essere molto felice; e se per loro un'industria controllata messa sul piatto di guerra, vuol dire soltanto minor disponibilità d'automobili, di apparecchi radiotelevisivi, di frigoriferi e forse nient'altro, l'economia europea risentirà conseguenze ben diverse, che lascio ad altri immaginare. Con tutto l'amore che l'americano ha per i suoi uomini di Stato, non può fare a meno di diffidare delle iniziative del governo. Diffida in modo particolare e soprattutto diffida sino al giorno in cui si rende conto che una certa cosa va fatta, un determinato sacrificio va accettato. Forse in nessun altro Paese l'opinione pubblica ha peso come in America. Essa realmente interroga e ad essa realmente il governo risponde. Ora si sa che fra tre-quattro settimane, cioè intorno alla metà di' agosto, la guerra sarà okeizzata in Corea. Su questo punto il cittadino americano ha una paziente sicurezza e non lo sfiora la più piccola ombra di dubbio. Ha fatto il calcolo di quanto tempo ci vuole per radunare uomini e mezzi in California, quanto' tempo ci vorrà per il viaggio di mare; ha fatto il conto dei giorni (un piroscafo ne impiega più di quindici per andare da San Francisco a Pusan) ed aspetta. Intanto, dall'inizio della guerra ad oggi la situazione si è okeizzata anche nell'interno: Truman, parlando mercoledì scorso e chiedendo i primi sacrifici, lo sapeva benissimo. Dal giorno in cui è cominciata la sfaccenda della Corea », la stampa, la radio, la televisione hanno detto e mostrato che cosa avviene a sud del 38" parallelo. I giornali stampano chiaramente: ci vogliono carri armati, ma dove sonot Bisogna dare equipaggiamento adatto a chi combatte, perchè non lo si fat L'aviazione è scarsa, aumentatela perbacco. L'americano non ama la menzogna, non sopporta falsi pietismi. Nei titoli dei suoi giornali dice: <Le nostre truppe indietreggiano ancora>, oppure: <Ci hanno sloggiati da Taejon », oppure: < Oggi un'altra batosta » con gli stessi caratteri e con la stessa brutalità con cui annuncerebbe notizie di uittoria. Ed imparzialmente parecchi giornali pubblicano il bollettino di guerra diramato dal quartier generale di Mac Arthur e, subito dopo, quello diramato dal coman¬ iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii do dell'esercito coreano del nòrd. Quando dissi ad un giornalista di qui, che andai a trovare nella stanza di un ventisettesimo piano, il mio desiderio di conoscere che cosa pensasse la gente, egli si alzò di scatto in piedi dicendo: « Molto facile, lo facciamo subito ». Si mise la giacca, entrò nella stanza di un suo collega e, dandogli una manata sulla spalla, gli domandò: < Posso prenderti un minuto di tempo t Dimmi che cosa pensi della guerra in Corea e di te nei confronti di questa faccenda». Poi uscimmo sul pianerottolo, entrammo nell'ascensore. Mentre si scendeva disse al giovanotto che lo manovrava: < Posso prenderti un minuto di tempo t Dimmi, ecc. ecc. ». Eravamo sulla Settima Avenue, camminamr. > verso il Central Park. < E' un'ora buona — mi disse — troveremo impiegati che vengono a riposare un momento, donne, vecchi, studenti e negri». Interrogava chi gli capitava sotto mano. Nessuno si rifiutò di rispondere, anzi nessuno ebbe titubanze nel dire quello che voleva dire. < Posso prendere un minuto del vostro tempo t >: bastava questa frase e tutto si svolgeva in modo americano, cioè chiaro, semplice e sbrigativo. Notai che nessuno rispondeva con lunghe chiacchiere, bastavano poche frasi. Lealtà offesa Se devo tirare una conclusione da quelle risposte, e da altre osservazioni naturalmente, credo di poter dire che nessuno è contento di quello che succede. Nel primi giorni ci deve essere stata anche ostilità; poi si pensò che la faccenda non era iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii m in loro potere evitarla, quindi tanto valeva accettarla. Una volta accettata bisognava condurla bene sino alla fine, come si fa con un affare, con una partita di base-ball. In poco più di tre settimane la guerra stava okeizzandosi anche nell'interno e Truman aspettava questo prima di parlare. Non vi fu nessuna propaganda da parte del Governo, nessuna pressione. Forse quei feriti americani trucidati dal nemico, le mani legate dietro la schiena e la documentazione fotografica che mostrarono, servirono a toccare il sentimento della lealtà offesa e ad accelerare emotivamente qualche decisione. Che è oggi di combattere e non saprei dire come tale volontà venga espressa. Nelle parole di tutti non c'è l'eco di nessun nazionalismo, come V intendiamo in Europa; nemmeno quello d'una vanità delusa, d'un orgoglio tradito: c'è soltanto il desiderio di rimettere a posto quanto violentemente è stato messo fuori posto. In realtà la guerra- era così lontana dalla mente del cittadino americano, che ci sono voluti più di venti giorni perchè si okeizzasse nella sua mente (state tranquilli: cuore e passione non c'entrano); ed oggi, siccome si è okeizzata, tutto diventa facile e sicuro. Con lentezza l'opinione pubblica si è mossa nella stessa direzione del Governo. Ma al cittadino americano restano ancora due punti interrogativi: quanto la guerra verrà a costare e quanto durerà nel tempo. Egli sente che Truman, mercoledì scorso, non ha chiesto ancora tutto; e, d'altra parte, da Tokio, Mao Arthur non può parlare. Enrico Emanuelli iiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiHiiiiii 11111111111111 n 5t

Persone citate: Mac Arthur, Mao Arthur