Gente di Dublino

Gente di Dublino VIAGG IO IN I R L A N D A Gente di Dublino La corsa degli inglesi "alla bistecca,, - Malizia quasi napoletana - Anche i borghesuC' ci di Manchester trattati come milordi - Una lingua "nazionale,, che nessuno capisce (Dal nostro inviato speciale) Dublino, luglio. Dublino strabocca di forestieri, d tutti i paesi, ma soprattutto inglesi. La ragione è semplicissima: arrivando al bellissimo aeroporto la prima cosa che vedete t- un cartello che vi informa che sulla terrazza del belvedere il bar e il ristorante sono aperti dall'alba alla mezzanotte. Per gli in- tlesi 6 un appello che dura agli anni de'.la guerra, quando accorrevano nella libera Irlanda neutrale per cercare rifugio e bistecche. L'austerità di Cripps fa continuare l'espatrio; e l'identità valutaria permette agi' inglesi di portarsi appresso tutti i quattrini che vogliono. Soltanto chi arriva dall'Inghilterra può comprendere i. fascino di quel cartello, che è la sinte3i di Dublino, il richiamo della foresta, la voce che tocca le più profonde fibre del cuore britannico. Gli irlandesi sono divertitissimi da questa corsa degli inglesi alla bistecca; qualcuno si dorrenia che cosa il Ministro dei Viveri britannico faccia dei bellissimi buoi e vitelli che l'Irlanda gli vende: il Ministro dei Viveri met'.e 1 buoi e i vitelli irlandesi ne! frigorifero per cinque anni perchè diventino coriacei come i montoni dell'Australia e i manzi di Peròn. Vernice di prosperità I forestieri — e la neutralità degli anni d*. guerra — hanno dato a Dublino una vernice di prosperità, che a notte si manifesta nelle strade affollate e nella gaia pubblicità al neon. Ma sotto la pelle Dublino è rimasta una città di provincia, con un'aria quasi continentale. Ci son soltanto due ore di aereo da Londra a Dublino; ma qu siete veramente in un alL'o paese, all'estero. Anch ! l'inglese che vi piuiano, un po' cantato, sembra un'altra lingua; o è lo spinto argutia.iimo che lo pervade? Tanto gli inglesi son quieti e taciturni, quanto questi irlandesi son vivaci, frizzanti e ciarlieri. Ogni dubliner farebbe la faccia stupita a sentirsi dire che parla inglese; oon quelli lorc aria fra il comico e il sognante, vi direbbero: « Somiglia all'inglese, ma è puro irlandese, come il nostro whisky ». E se voi avete d:l tatto, invitate subito il dvViner a berne uno, anche se a chi è abituato allo Scotch VIrish non piace subito, con quel suo sapore affumicato, che viene dal turf, la torba che questi indemoniati irlandesi adoprano ora per produr re anche, cosa miracolosa, l'è nergia elettrica, per non comprare più il carbone inglese. E di v.nisky, a Dublino, a giudicare dagli spicci aperti tutto il giorno, se ne deve bere molto, unr goccettina alla volta dicono i dubliners, non di più. I « dubliners » li riconoscete subito, fra tutti i forestieri: gli uomini, soprattutto quelli che vedete nelle stradine che sbucano nella O' Connel Street, che è la Gran via di Dublino, hanno una punta di malizia negli occhi e nella piega della bocca, un po' come ì napoletani; infatti, prendono anch'essi la vita con tranquillità; a Dublino c'è sempre tempo, chi non s'aiuta il Ciel l'aiuterà. E' diventata molto più grande da quando l'avevo vista prima della guerra; e i quartieri popolari sono puliti, non hanno quell'aspetto nero e deprimente di quelli di Londra E le strade del centro son belle e vaste, con le botteghe pie ne di merci inglesi, che qui costano il 40 per cento di meno che in Inghilterra; e nelle curve ampie delle strade i palazzoni costruiti dagli inglesi verso la fine del '700 sono una delizia d'architettura. Il '700 inglese ha, per solito, un'aria negativa e formale, sembra l'espressione d'una politica cinica ed egoista; a Dublino, questi bellissimi edifici del '700 — la Dogana, che ricorda quella di Venezia, il castello dove risiedeva il viceré, il tiranno, e il bellissimo Trinity College e l'ex-palazzo del Parlamento — hanno sapore d'umanesimo. Tra boschetti e pendii I dublinesi odiano él'inglesi per istinto e per tradizio> ne; ma negli alberghi di prima categoria questi sono lustrati e trattati come tanti milordi anche se sono soltanto i borghesucci quattrinosi di Birmingham e di Manchester che vengono in Irlanda a rifarsi lo stomaco; i maligni dicono che gli albergatori tengono d'occhio il barometro in ternazionale e sanno che se verrà, Dio re ne salvi, un'altra guerra, sarà, sugli ingle si fuggitivi che essi s'ìngraS' seranno di nuovo. E' una città, Dublino, che ha prodotto William Congreve, Oliver Goldsmith, Sheridan, Oscar Wilde, Bernard Shaw, George Moore, James Joyce: e tut¬ ti, senza eccettuarne neanche uno, espatriarono in Inghilterra e divennero le colonne della letteratura inglese. (A Merrion Square ho domandato a tre persone d'indicarmi la casa dove era nato e cresciuto Oscar Wilde; mi hanno guardato stupiti: Oscar Wilde?). Ai crocicchi delle strade c'è un paletto luminoso con una indicazione ih lingua gaelica, scritta nei misteriosi caratteri rùmei; ho domandato all'autista cosa volesse dire; s'è messo a ridere: « Nessuno sa leggere », e m'ha additato le targhe delle strade. Sono, anche quelle, scritta in lingua gaelica; ma sotto, per misura prudenziale, c'è la traduzione in inglese. Nessuno, mi ha ripetuto l'autista, sa leggere il gaelico; ma è la lingua nazionale della Repubblica. Una volta, sotto il De Valera, i giornali di Dublino avevano una sezione in lingua gaelica, per solito l'articolo di fondo con a fianco la traduzione inglese; ora c'è soltanto più il nazionalista Irish Presa che persista in questa forma di patriottismo. Ma 1» lingua nazionale t- una questione di prestigio ? di puntiglio per il governo repubblicano, e il governo obbliga i funzionari dello Stato a tenere la corrispondenza ire. dicasteri in lingua gaelica, con grande disperazione degli statali che ogni due anni debbono passare un esame d- lingua nazionale; e lo Stato sussidia una certa zona nella contea di Galway dove sembra che la popolazione parli il gaelico puro... Nell'immenso e bellissimo Phoenix Park (boschetti piantati su poggi e pendii da un paesista) no visto esercitare degli stupendi cavalli. Gli irlandesi amano l'arte e lo sport: sulle monete della Repubblica c'è la cetra, e sul retro ut. bel cavallo purosangue, esemplare di quelli per cui l'isola è famosa. E davanti al Ministero degii Esteri, alloggiato nel palazzo neoclassico di Lord Iveagh re di quella birra nera e densa che si chiama atout ossia robusta, ho visto passare una mandra di vacche, placido simbolo dell'Irlanda agricola. Ma non ci son più i jaunting-carta, certi carrozzini nazionali, su cui ci si sedeva di fiancò su due sedili posti a perpendicolo sull'asse delle due ruote, e che si chiamavano con quel nome perchè erano degli scuoti-budella: poiché ili vetturino sedeva nel centro tra i due sedili laterali, era prudente, per conservare l'equilibrio, avere un compagno da far sedere dall'altro lato; dopodiché partivate a un trotto indemoniato per il grand tour di Dublino, mentre il vetturino, che si chiamava jarvie, apriva il rubinetto dell'umorismo dublinese che consiste ne parlar male di se stessi come se si trattasse della pelle degli altri. Al posto de^li scuoti-nudella vi sono ora come tassi delle macchinons americane, che in Inghilterra .'e hanno soltanto i diplomatici e i borsarineri; ma lo spirito dublinese è rimasto. Ho domandato all'autista: « Siete contenti della Repubblica? ». Mi ha risposto: « Noi irlandesi siamo fatti cosi, che se ci regalassero il Paradiso protesteremmo perchè si sono dimenticati di darci anche l'Inferno ». C. M. Pranzerò iiliilililillilitlliliiiiiiiiiiifiliiiiiliilliJllitiitiiiiB