Shakespeare minore

Shakespeare minore Shakespeare minore A conclusione di un mio ppreambolo a una-prospettiva del- ila letteratura inglese può legger- psi che, da Chaucer alla Woolf, t« se in una parola dovessimo criassumere il principale titolo di' gloria della letteratura inglese. diremmo che nessun'altra ha rivelato così assiduamente l'uomo a se stesso». Pensavo a quel sottile lavoro di delineazione psicologica che. ha reso i loro drammaturghi, romanzieri e saggisti meritamente famosi, ricordavo le gallerie di personaggi di Chaucer, di Shakespeare/di Dickens e via. dicendo, che ci son più familiari dei nostri stessi ritratti di famiglia, i personaggi di Shakespeare soprattutto, la cui realtà poetica è cosa diversa dalla verisimiglianza, come sa chiunque pensi a Lear e a Otello, e come ha riaffermato di recente, in una di quelle abili e compendiose opere d'intelligente messa a punto di cui son maestri i francesi, Henri Fluchère (Prérentation de Shakespeare, dramaturge élisabéthain, Cahiers du Sud, 1948). Eppure Shakespeare, pròprio codesto creatore di personaggi a tutto tondo, è anche il primo ad aver dato il modello d'un dramma che si regge esclusivamente sull'aereo intreccio d'una conversazione spiritosa, d'un'avventura improbabile: e soltanto la distrazione dei professori (tra cui c'è nientemeno che un Bradley) ha potuto collocare nella stessa galleria di ritratti accanto a un Macbeth e a un Amleto le esili creature femminili delle commedie e dei drammi romanzeschi, una Rosalinda, una Perdita, un'Imogene, forme di nuvole a cui soltanto un'attrice ispirata può dare parvenza di vita. Non aveva tutti i torti Salvador Dali quando nei costumi di Rosalinda (cioè Come vi piace) arieggiò un Settecento alla Watteau, un. « carnevale dove, simili a farfalle, errano cuori illustri sfavillando », poiché proprio in quel Settecento giunse a un estremo e oramai deciduo raffinamento quella tradizione cavalleresca, romanzesca, galante e poi pastorale che, inaugurata nel Medio Evo colle prose di romanzi (proprio ora Felice Arese ha pubblicato con questo titolo una significativa scelta di romanzi cortesi italiani dei secoli XIII e XIV, nella «Collezione di classici italiani » dell'Utet diretta da Ferdinando Neri), e perfezionata nel platonico Cinquecento delle civili conversazioni e dell''Arcadia, si acclimatò in Inghilterra, grazie ai modelli italiani, col teatro di Lyly e di Greene, e formò lo sfondo delle commedie e dei drammi più tardi di Shakespeare. r Anche Romeo e Giulietta, anche // mercante di Venezia son frutti di questo clima, sicché, drammi storici a parte, si può rimaner sorpresi a vedere quanta porzione dell'opera shakespeariana appartenga alla tendenza romanzesca, e si può capire come ai contemporanei e ai posteri per lungo tempo Shakespeare apparisse soprattutto il poeta gentile delle fiabe drammatizzate, // Mercante dì Venezia, Molto rumore per nulla, Come vi piace, La dodicesima notte. Per tanti libri che si sono scritti sullo Shakespeare maggiore, ec co che finalmente E. C. Pettet, in Shakespeare and the Romance Tradition (Londra, Sta ples Press, 1949), studia con molto acume le convenzioni e la consistenza di quei drammi, e, ammiratore com'è del grande drammaturgo, trova pure il co raggio di chiamar cartapesta quello che è cartapesta, sia nelle commedie che nei -drammi più propriamente _ « romanzeschi », C'mibelino, Il racconto d'inverno, Pericle, La tempesta, drammi « episodici » secondo la definizione aristotelica Quanto — ci si può chiedere — di questi drammi è veramente di Shakespeare? Il Pettet, con la maggioranza dei critici, segue la tradizione del primo in-folio che, com'è noto, fu curato da due membri della, compagnia teatrale di Shakespeare, i quali affermavano di aver offerto quei drammi, che circolavano già in forma mùtila, perfetti nelle lor» membra e nella.loro prosodia « com'egli li . concepì ».-' Non sembra far molto conto di ciò Valentina Capocci che in un ari dito volumetto (Genio e mestiere, Shakespeare e la commedia dell'arte, Bari, Laterza, 1950) è arrivata a un giudizio salomonico sulla falsariga crociana di « poesia e non poesia » : per lei tutte le parti in prosa dei drammi di Shakespeare sono' scadenti, risentono d'improvvisazione secondo schemi fissi, sono opera di comici, ed ecco perchè — 'ella argomenta — Shakespeare, mentre curò la stampa dei suoi poemetti, si disinteressò del teatro « che doveva apparire a lui per il primo ciò che è in realtà, una collaborazione, e, nel fatto, una vera e propria contraffazione ». Ma se questa circostanza fosse stata nota (e come1 avrebbe potuto non esserlo se quella fosse stata la pratica corrente del teatro elisabettiano, al modo che vorrebbe la Capocci che però dimentica di citare il caso più evidente, il Fausto del Marlowe?) che senso avrebbero le parole di Heminges e Condell all'inizio del primo in-folio? Parole che certo andranno prese con un grano di sale, ma la tesi della Capocci non si limita a contestare il carattere shakespeariano di singoli passi, e a vedere tipici esempi di commedia dell'arte in qualche sce na, ma addirittura conclude « l'i tono generale della prosa shakespeariana è questo: una incoercibile buffoneria di mestie re, e nel caso migliare, una piatta, amorfv insipida impersona lità», sicclu in quel teatro «si trovano giustapposte — ma se nspkglèmimsttcCbcMOsftgvpsplcngdvbvcgNfpddnWCcpmtlgrsggfPs parate da un'infinita distanza ideale — un' altissima creazione poetica e una pratica esperienza teatrale che ignora del tutto che cosa sia poesia ». Per la Capocci non c'è posto per uno Shakespeare che buffoneggi. Essa è partita evidentemente dallo Shakespeare maggiore, ma, come ho già detto, nell'economia generale dell'opera la parte più estesa è rappresentata dai drammi « romanzeschi » dove la frase felice, il passo lirico, la schermaglia di motti di spirito, o l'episodio sen sazionale, possono fino a un certo punto farci dimenticare quanto d'incoerente, d'inconsistente ci sia nei personaggi. Antonio e Cleopatra, Macbeth e lady Macbeth, Otello e Iago, Amleto, cacciano nell'ombra Ferdinando. Miranda, Florizel, Rosalinda. Orlando, Leonte, Parolles, Postumo e via dicendo: tutta una folla di — diciamolo francamente — fantocci di cartapesta. Ora se lo Shakespeare dei grandi drammi è un poeta universale, l'altro Shakespeare dalla psicologia approssimativa e dalla scena felice, spiritosa, è molto più « inglese », nel senso che in lui si riscontrano caratteristiche comuni al teatro inglese in genere e perfino, se vogliamo guardar oltre, ad altri aspetti dell'arte britannica. Sarebbe invero strano che la piattezza e bidimensionalità, l'abbandono di valori plastici per valori lineari, cosi tipico dell'architettura inglese, fosse un fenomeno isolato. Non v'è forse una cert'aria di famiglia tra codesta architettura pittoresca e disossata e il teatro di Beaumont e Fletcher, quello della Restaurazione, o, per venire a tempi più vicini a noi, di Wilde, di Shaw, e, oggi, di Christopher Fry? Quest'ultimo, nato nel 1907, si rivelato drammaturgo da pochi anni, e per felicità di frase, per abilità di passaggio dal comune discorso all'immagine metafisica con tutto lo stampo della più essenziale poesia, per arguzia di situazioni, per deliberate assurdità, ben può chiamarsi il campione aggiornato d'un genere di dramma che da secoli stato popolare sulle scene inglesi, e che il Fry ha condito forse con un pizzico di Mérimée di Laforgue. Che importa che i personaggi di The Lady's not for burning ( 1949) e di Venus Observed (1950: entrambi stam pati dalla Oxford University Press) siano alquanto falotici, c che la vicenda sia perversamente impostata come un cappello sulle ventitre, se, a lettura o a rappresentazione finita, ci si sente leggeri come per aver intravisto, per un momento, un tipo d'umanità fatto d'aria, di nuvola, d'iridescenza, d'un delizios>. nulla? Fry non ha cercato di gravare d'un- messaggio .profondo le sue commedie, come ha fatto nella Cocktail Party (Faber and Fa ber, 1950) T. S. Eliot, che partendo da una divertente parodia della spaventosa vuotaggine della società • moderna (parodia simile a quella cosi ossessiva di Sweeney Agonistes), ci vuol presentare a un tratto una ragazza piuttosto qualunque, Celia, come una martire che ha scelto il cammino della perfezione, investe di significati trascendenti una psicanalista da salotto, e chiama angeli custodi due fatui ficcanasi. Eliot cerca effetti di solennità in lunghi polisillabi di origine latina, memore dell'esempio di Dante, ma a questi passi più elevati non ci prepara il tono generale dei versi, che l'Eliot ha deliberatamente appiattito in modo che l'ascolta tore non debba sentirne la differenza dalla prosa. La stessa pretesa di far sortire un deus ex machina o un babau metafisico da una scatola volutamente dozzinale troviamo nel dramma di un altro americano (ricordandoci per un momento che Eliot sebbene inserito nella tradizione inglese, è americano di nascita), Edmund Wilson In The Little Blue Light (New York, Farrar, Straus and CcpslfddsnmgetnsmPbsmssmsPbaatmt(lllllllllllllllllllllllllMIUIIIIIIIMIIIIIIllllllItlllll Company, 1950), un dramma che in dialoghi scintillanti di punte intellettuali, ma alquanto statici, dipinge una società simile a quella di Nineteen Eightyfour di Orwell, il Wilson introduce un personaggio semiseri» di Giardiniere che alla fine si scopre essere l'ebreo errante, che nello stile di Euripide e di Shaw moralizza sui destini del mondo governato dalle medie statistiche e dagli elettróni. « Iddio ha creato h Luce, e la Luce non svanirà del tutto — io la porterò, sebbene i Cieli si oscurino, per mostrare dove s'apre l'abisso ». Possono tali parole uscire dalla bocca d'un personaggio grottesco? Possiamo venerare tra le martiri una comune ragazza di società come Celia? E' un po' lo stesso problema a cui ci troviamo di fronte in Misura per misura allorché, come osserva il Pettet, Shakespeare mette in bocca alla superficiale e fredda Isabella alcuni dei suoi versi più alati e profondi. Drammi ibridi, architetture lineari che a un tratto vengon gravate da un elemento plastico che non comportano. Mario Praz oimiiiiimi iiiiiniiimiiiiiiiiiiiiiiiMiiiim Il comico Plnotto, ossia Lou Costello, è giunto a Roma con la moglie, e con la figlioletta, che tiene In braccio (Telef.) iiiiiitiiiiiiiiiiiiiiitiiiiMiiiiiiiiluiiiiiiiiiHDiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitniHiiiiEiisiniiH

Luoghi citati: Bari, Farrar, Inghilterra, Londra, New York, Roma, Venezia